lunedì 31 luglio 2017

La vita come droga

La gente comune non sembra interessata alla vita spirituale, cioè ad una ricerca diretta, dato che è tutta intenta a vivere ed è sempre all’inseguimento di cose concrete, di soldi, di sesso, di cibo, nonché di sogni e di illusioni. In apparenza sta bene così com’è, non ha nessun’altra esigenza. Non alza mai lo sguardo dalla greppia.
Tutt’al più, quando si accorge che è destinata a morire, si rifugia in qualche risposta prefabbricata (come quella delle religioni) o non pensa proprio nulla.
Le cose andrebbero avanti così, senza un barlume di consapevolezza, se non ci fosse la sofferenza, che talvolta si fa intollerabile e costringe la gente a riflettere. Sì, perché fin’allora credeva di star bene. Poiché la scoperta può essere scioccante, qualcuno si suicida.
È come se, tolta la droga, ci si accorgesse di quanto si stesse male.
Allora la scommessa di Pascal va ribaltata. La gente non scommette affatto sull’aldilà, ma sull’aldiqua. Perché continua a riprodursi. È come se fosse sicura che, pur avendo sofferto, i figli soffriranno di meno o saranno felici. È questa la suprema illusione.
Non ci si rende mai conto che la sofferenza è ineliminabile e che non diminuisce affatto da una generazione all’altra. Il risveglio è quasi sempre amaro, se non ci si prepara prima, se si crede acriticamente a ciò che raccontano le religioni e i poteri forti. che ci trattano come mandrie da alllevamento.


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