Di solito si pensa che il nichilismo
consista nel non credere a niente, nel non trovare un senso ultimo alle cose. E
viene visto come la peste.
Ma la verità è che le cose non hanno
un senso: siamo noi che glielo attribuiamo. Siamo noi che affermiamo che la
vita ha questo o quello scopo, che è stata creata da un Dio che pretende da noi
certi comportamenti e che un giorno verremo premiati o puniti per le nostre
azioni.
Questo significa dare un senso al
mondo. Ed è presente in tutte le religioni, anche in quelle che non credono in
un Creatore.
Il guaio è che il mondo non lo sa e
va avanti senza senso. Si nasce e si muore in un ciclo naturale che appare
sempre uguale a se stesso e abbastanza insensato. Lo scopo della vita sembra
essere la vita stessa, senza un significato razionale, logico.
Noi siamo abituati a fare le cose in
vista di un obiettivo – ma la vita lavora semplicemente per proseguire, per
continuare ad affermare se stessa. E non è detto che ci riesca. Perché può
bastare un meteorite o uno starnuto del sole per cancellare tutto. In quel caso
quale sarebbe stato il senso?
Questa rivelazione del nonsenso della
vita prima o poi si affaccia in tutti. E ci accorgiamo allora di aver costruito
un mondo di significati (sociali, psicologici, mentali, convenzionali…), che
però non hanno un senso assoluto.
Se un meteorite distruggesse due
terzi del genere umano, alcuni sopravvissuti direbbero che è stata la punizione
di un Dio per i nostri peccati. Ma può darsi che la causa siano stati i moti
astrali, la meccanica celeste, priva di qualsiasi senso.
Noi abbiamo bisogno di un senso. Ma
la vita non ha questo bisogno.
A questo dobbiamo abituarci: a vivere
senza la necessità di un senso, perché sarà comunque così. Vivremo anche se non
c’è un senso.
Dobbiamo insomma vedere come lavora
la nostra mente, che pretende di dare un senso a tutto, e come lavora la natura,
che ha per senso solo se stessa. E capire il senso superiore del tutto. Questo sì che è un bel koan.
Nessun commento:
Posta un commento