“La forma è vuoto, il vuoto è forma”
afferma il Sutra del cuore. Ma il
nostro rapporto con il vuoto è per lo più di repulsione. Natura abhorret a vacuo dice una famosa frase latina che riassume
una linea di pensiero molto diffusa e molto sbagliata.
Dunque, noi non amiamo il vuoto. È qualcosa che ci spaventa e che
assimiliamo, erroneamente, al nulla.
Non appena c’è un vuoto, nella nostra
vita o nella nostra mente, tendiamo a riempirlo. Tutto, nella nostra mentalità,
deve essere pieno, continuo, attivo, solido.
Ma, ahimè, il vuoto c’è e traspare da
ogni cosa. Senza il vuoto, il mondo non potrebbe essere. Se togliessimo il
vuoto dalla materia, non rimarrebbe che un pugno di polvere.
Tutto è intessuto di vuoto. Nessuna
forma potrebbe esistere senza il vuoto. Nel taoismo, si fa l’esempio del vaso:
che cosa sarebbe un vaso senza il vuoto?
Ma anche a livello psichico il vuoto
è indispensabile. Tra una sensazione e l’altra, tra un pensiero e l’altro… ci
sono vuoti, intervalli, che non ci piacciono, che cerchiamo di nascondere, ma
che permettono l’attività mentale.
Odiamo talmente il vuoto che,
piuttosto che rimanere vuoti per un po’, preferiamo pensare a qualsiasi
sciocchezza o cadere addormentati.
Ed ecco perché non riusciamo ad
essere presenti. Non accettiamo questa parte di noi. Abbiamo un’idea sbagliata
della presenza, dell’essere, della consapevolezza. Pensiamo che trovare noi
stessi sia trovare un nucleo solido, pieno, continuo e distinto. E invece ci
troviamo di fronte alla discontinuità e al vuoto.
Per meditare, dovremmo stare seduti,
stare in silenzio e non fare nulla – in breve fare il vuoto. Ma non riusciamo a
lasciare la presa e la pretesa.
Di fronte al vuoto ci sembra di
precipitare nel nulla. Eppure, la realtà, per essere e per divenire, ha proprio
bisogno di questo vuoto.
Meditare il vuoto è scoprire il vuoto
dell’essere - ed esserlo.