Riproduco questo articolo sulla meditazione perché, a parte i soliti luoghi comuni sulla meditazione e sull'amore, mette in evidenza come noi stessi con i nostri pensieri ci creiamo una specie di "infiammazione" che investe mente e corpo, e provoca tante malattie. Il Buddha stesso diceva che "tutto è in fiamme, l'occhio è in fiamme, i sensi sono in fiamme... la mente è in fiamme."
Daniel Lumera: «La meditazione è vera medicina. Ogni giorno abbiamo 65.500 pensieri negativi: ecco come liberarsene»
di Roberta Scorranese
3 novembre 2024
Il male del nostro tempo è l'«infiammazione»: «Siamo infiammati dalle parole, dalle informazioni, dai pensieri negativi, dalle costruzioni mentali, dalla lontananza dalla natura, dall’uso malsano delle tecnologie»
Sembrano (finalmente) lontani i tempi in cui la sola parola “meditazione” suscitava sorrisi ironici e battute, frutto di decenni di denigrazione da parte della medicina tradizionale. La pandemia da Covid-19 ha certamente dato un nuovo impulso alle scienze contemplative: durante il lockdown la pratica meditativa si è insinuata nella vita di tanti di noi, come ha rilevato YouGov, una delle più importanti società di ricerca. Un’analisi del 2020 riportava che il 56% dei praticanti interrogati a fine anno aveva iniziato proprio in quella terribile primavera.
Certamente in Italia — e non solo — una delle figure più rappresentative che negli ultimi tempi hanno guadagnato spazio e credibilità è Daniel Lumera. Biologo naturalista e docente, è riferimento internazionale nell’area delle scienze del benessere e della meditazione. Il suo ultimo lavoro, Fermati e respira (pubblicato da Solferino) è un libro bello e importante perché riesce a stabilire un ponte tra ricerca scientifica e pratica meditativa. Non è un caso poiché, rivela Lumera, «negli ultimi anni sono state oltre 40 mila le ricerche a riguardo e una di queste porta la firma di un premio Nobel».
Di che ricerca si tratta e che cosa mette in evidenza?
«Nel 2013 Elizabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina, dimostrò che dopo due mesi e mezzo di pratica quotidiana, nei partecipanti c’era un aumento del 30% nella produzione di telomerasi, l’enzima riparatore dei telomeri, i cappucci dei nostri cromosomi, che la scienza utilizza come biomarcatori di longevità. Questo studio ha rilevato che la corretta pratica meditativa può essere un farmaco naturale che allunga la vita in termini quantitativi e qualitativi».
Lei la chiama «la medicina del nuovo millennio».
«Ne sono convinto. Non ne siamo sempre consapevoli, ma se c’è una parola che racchiude perfettamente il malessere nel nostro tempo, questa è “infiammazione”. Siamo infiammati dalle parole, dalle informazioni, dai pensieri negativi, dalle costruzioni mentali, dalla lontananza dalla natura, dall’uso malsano delle tecnologie. E non c’è da stupirsi se la maggior parte delle malattie fisiche segua questa scia e dipende proprio dalle infiammazioni croniche, basti pensare ai tumori».
La copertina di Fermati e respira. Gli otto passi della meditazione, il potere della mente su benessere e qualità della vita
di Daniel Lumera
(Solferino)
E che cosa può fare la meditazione?
«Anche qui cito uno studio scientifico: quello condotto dal Massachusetts General Hospital sulla capacità di una mente meditativa di “spegnere” circa 1500 geni coinvolti nei processi di infiammazione, nella produzione di radicali liberi e nella morte cellulare. A partire da ciò, sono stati avviati due importanti filoni di ricerca nel campo della genetica, uno sulla longevità e l’altro sul contrasto di malattie come cancro e Alzheimer».
Purtroppo, però, c’è ancora molta confusione intorno alla parola “meditazione”.
«È vero. Molti per esempio la scambiano per mindfulness, ma quest’ultima invece rappresenta uno stato previo a quello meditativo. Altri pensano che meditare sia semplicemente un sedersi e respirare consapevolmente, altri ancora fanno confusione partendo dall’idea di rilassamento o dalle tecniche anti-stress. La meditazione è una cosa molto più complessa e affascinante, è un vero e proprio percorso di cambiamento che ha le sue radici nell’Oriente di migliaia di anni fa, che ci permette, se abbracciamo totalmente il suo sentiero, di arrivare a degli stati di coscienza superiori, ne parlo diffusamente alla fine del libro».
Lei fa un preciso riferimento all’Ottuplice sentiero, di derivazione buddista: principi che se applicati hanno effetto su tutta la nostra vita, non solo in quella mezz’ora in cui ci sediamo a meditare.
«È un viaggio, un bellissimo viaggio alla scoperta del sé più autentico, libero dalle incrostazioni mentali, dai pensieri fuorvianti, dai malesseri che derivano da cose già accadute o che devono ancora accadere. Visto che amo le statistiche: lo sapeva che la maggior parte di noi trascorre il 47% della giornata a preoccuparsi di cose che non sono accadute e che, molto probabilmente, non accadranno mai?».
«LA MAGGIOR PARTE DI NOI TRASCORRE IL 47% DELLA GIORNATA A PREOCCUPARSI DI COSE CHE PROBABILMENTE NON ACCADRANNO MAI»
Mi piace citare Mark Twain: «Ho vissuto cose terribili nella mia vita, alcune delle quali sono realmente accadute».
«Scientificamente parlando, basti pensare, per esempio, che ogni giorno abbiamo circa 70.000 pensieri di cui una percentuale elevatissima, stimata intorno al 93,6% da uno studio del 2014, ha un’impronta negativa o quantomeno intrusiva. In un cervello meditativo, l’attività delle aree cerebrali diminuisce fino a quietarsi, lasciando emergere quello che la scienza chiama il “sé esperienziale”. Uno stato di presenza nel qui e ora privo di conflitti, tensioni, pregiudizi. Libero di fluire in armonia con la vita».
«FIDARSI DELL'AMORE E' L'ATTO PIU' FOLLE CHE POSSIAMO COMPIERE, PERCHE' CI PORTERA' OLTRE NOI STESSI, SENZA CONTROLLO»
Uno dei passaggi del libro a mio avviso più interessanti è quello in cui lei parla dell’intelligenza artificiale e delle nostre paure. Quando si affronta il tema, il timore più ricorrente è quello per cui l’AI arriverà a soppiantare l’uomo, come se fossimo delle banali macchine biologiche. E questo la dice lunga su come siamo arrivati a considerare noi stessi e il nostro corpo, strumenti performanti o poco più. È così?
«Verissimo. Se ci consideriamo delle semplici macchine biologiche, seguendo una prospettiva scientifica riduzionista e meccanicistica, è inevitabile che la tecnologia ci superi e ci domini in molti aspetti. Giordano Bruno, nella seconda metà del Cinquecento, scriveva che le scoperte scientifiche, anche le più straordinarie, non avrebbero migliorato la condizione dell’uomo, se prima questi non avesse fatto un salto di coscienza. E che la scienza avrebbe finito per rivoltarglisi contro, se non si fosse dimostrata utile alla sua comprensione».
Altra riflessione importante è quella sul concetto di vuoto, che si lega alle scritture taoiste: quanto è difficile comprendere che la nostra natura di fondo è vuota e che nel vuoto possiamo stare bene con ogni cosa senza attaccarci a nulla e accogliendo tutto?
«La pratica meditativa, come spiego illustrando il percorso in otto passi, è in sintesi lo stare con quello che si ha, vivendo con pienezza tutto senza lasciarsi ossessionare da nulla. La sensazione di uscire dai vortici caotici e costanti della mente è una delle esperienze più particolari che possano essere sperimentate. È come venire fuori da una bolla di sapone che sembrava fatta di solidissimo cemento armato. In un istante non esiste più. Ci rendiamo conto che le pareti erano sottilissime. La paura del vuoto infinito al di là della bolla di sapone ci porta a riempirci con tutto il superfluo possibile. Eppure, quel vuoto è ciò che noi siamo in essenza. La nostra natura essenziale non ha confini, è vuota e accoglie in sé ogni cosa senza trattenerla».
Altro tema fondamentale è quello del corpo. Viviamo un paradosso: da una parte mai come in questo tempo ne siamo ossessionati in termini estetici o performanti, dall’altra però non lo ascoltiamo quasi più, ce ne serviamo per raggiungere obiettivi ma senza lasciarlo parlare. Che cosa ne pensa?
«Il corpo racchiude in sé una profonda saggezza. La cagna che partorisce mangia la sua placenta, ricchissima di proteine, ma nessuno le ha mai insegnato a farlo. Lo fa perché è la natura che lo ha stabilito. Purtroppo ormai siamo così distanti dai ritmi naturali che ci sorprendiamo anche dell’universo animale, perfetto così come è. Il cammino meditativo ci riconduce all’essenziale, fino a quando scopriamo che non abbiamo bisogno di tante cose, che il perdere qualcosa non è una ferita, che quel cibo confezionato in realtà è cattivo, che il profumo del bosco è straordinario, altro che gli odori che ci ritroviamo a respirare ogni giorno nelle grandi città. Come si vede bene, la meditazione è un viaggio meraviglioso alla scoperta di noi stessi, con dei rituali, dei passaggi progressivi, di passi guidati e nel volume ne ho messi parecchi».
Bello concludere con una parola chiave che attraversa tutto il libro e tutto il cammino meditativo: l’amore.
«È il cuore di ogni cosa, perché meditando si impara che la violenza che oggi infiamma il mondo non nasce per caso, ma si origina dalle piccole grandi scelte di ogni giorno, di ogni momento. Fidarsi, in un tempo come il nostro di diffidenza, di sospetto, di tradimento di sé stessi e degli altri, coltivare un amore senza riserve e sperimentare una sensazione di profonda fiducia esistenziale è una provocazione rivoluzionaria. Fidarsi dell’amore è l’atto più folle che possiamo compiere, perché ci porterà oltre noi stessi, senza controllo, nell’ignoto mistero divino dell’universo. È così che iniziamo a percepire un ordine superiore che dirige le nostre esistenze e la natura. E tutto, anche il dolore più profondo, acquisisce un senso».
3 novembre 2024
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