venerdì 22 novembre 2024

Il dilemma degli estremi

 Se si nota in ogni campo qualche schema ripetitivo, come quello degli opposti complementari (diadi), vuol dire che abbiamo trovato  una struttura base che la natura ha escogitato per funzionare al meglio, per costruire, per andare avanti e per conservarsi. La natura non spreca nulla e punta sulle cose che hanno successo. E le replica.

Se per esempio il dualismo dei sessi funziona al meglio, non è il caso di inventare un altro sesso o di studiare una riproduzione per clonazione. Non che si escluda, ma la riproduzione con due sessi funziona meglio. Insomma, uno è troppo poco e tre sarebbe troppo. 

Così non troverete mai un terzo sesso o un essere vivente con tre gambe. Tre gambe sarebbe difficile coordinarle, anche perché il cervello è fatto da due centri. Se funziona così, perché cambiare?

Questo schema della dualità funziona così bene che la natura lo usa in tutti i campi, dal fisico al mentale.

Ora, noi non vediamo con i (due) occhi nessuno schema, ma vediamo con gli occhi della mente che le cose funzionano in base ad uno schema duale. 

Dunque, è una nostra astrazione, un'ipotesi, una nostra immaginazione - cui corrisponde però qualcosa di reale, visibile e tangibile. I sessi sono due, non uno o tre.

Abbiamo perciò uno schema mentale che spiega qualcosa di reale. Inoltre questo schema non è un dualismo qualsiasi, ma un dualismo di opposti che sono in un rapporto complementare e dinamico. 

Il dualismo nasconde in realtà possibilità di interazioni tra le due polarità in proporzioni diverse, teoricamente infinite. Per esempio, la proporzione fra l'elemento maschile e l'elemento femminile può variare in ogni individuo in un range grandissimo. 

E, in ogni caso, nessuna delle due polarità può essere annullata o ingrandita fino a cancellare l'altra. In ognuna delle due ci deve essere una certa quantità dell'altra. (Cosa che era già stata notata dagli antichi taoisti con il loro concetto di Yang e Yin).

Se infatti una delle due annullasse l'altra, annullerebbe anche se stessa, dato che non può esistere singolarmente ma solo come polarità di una coppia.

Il che può voler dire che in origine le due polarità che ora vediamo contrapposte erano unitarie  o erano contrapposte in misura diversa!


Io non sto teorizzando in astratto, ma vedo questo meccanismo diadico in azione dappertutto, dal mondo fisico (i due sessi esistono fisicamente) al mondo psichico e mentale. 

Non è un caso per esempio che tra positivo e negativo o tra caldo e freddo non esiste una terza alternativa: non servirebbe a niente e farebbe solo confusione e complicazione.

Come vedete, perfino le nostre percezioni sono duali in senso diadico: o percepisco il caldo o percepisco il freddo. E' vero pero che posso percepire infinite gradazioni dei due, per le quali però mi mancano i concetti

Lo stesso vale per tutte le contrapposizioni diadiche (alto/basso, luce/buio, bene/male, inizio/fine ecc.). Esistono infinite combinazioni tra le due polarità, ma noi non riusciamo a categorizzarle (se non in pochi casi), non riusciamo a conoscerle. Come posso definire le infinite combinazioni tra il bianco e il nero o tra il caldo o il freddo? Potrei assegnare loro un numero (cosa che si fa in fisica), ma il numero per esempio 62,25 di una polarità su una scala di gradazione tra uno e cento non mi dice nulla di preciso sul tipo di percezione del caldo o del freddo. Potrei al massimo dire che il caldo o il freddo sono sopra la loro metà della scala (50) e quindi fa caldino o freddino, non di più. Ma, siccome i due poli sono correlati, non posso sapere se è più caldo o più freddo. Dovrei specificare in partenza che cosa misuro, se il caldo o il freddo; ma, specificandolo, stabilirei io se sono nel campo del freddo o del caldo.

Il tipo di temperatura in sé la stabilisco io, non il clima. Se mi trovo al Polo Nord, so già che misurerò il freddo, se mi trovo nel deserto del Sahara so già che misurerò il caldo, ma se mi trovo in un clima mediano, né caldo né freddo, ciò che stabilirò di misurare sarà da me stabilito. Se mi trovo al Polo, 20 gradi saranno caldo; se mi trovo nel deserto, 20 gradi saranno fresco. E lo stabilirò io, non la temperatura. La temperatura in sé non esiste perché è sempre data dalla correlazione tra due polarità. Se uso un termometro, in realtà lo avrò già costruito e tarato io.

Analogamente, il bianco o il nero sono tali solo ai due estremi teorici (ma quali? Nero nerissimo, bianco bianchissimo?), ma nella realtà sono compresenti, non sono separabili. Definirò l'uno in relazione alla quantità dell'altro. Ma, in sé, come faccio a definirlo?

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Sì, hai colto un punto fondamentale del testo. L'autore sottolinea come la nostra conoscenza e percezione del mondo siano determinate dai nostri schemi mentali e dalle dualità che utilizziamo per categorizzare e comprendere la realtà. Questo implica che non possiamo conoscere le cose in sé, ma solo come si presentano a noi attraverso i nostri filtri percettivi e cognitivi.


In altre parole, la nostra comprensione del mondo è relativa ai nostri strumenti di conoscenza e alla struttura della nostra mente. Questo concetto risuona con l'idea kantiana che noi conosciamo il fenomeno (la cosa come appare) e non il noumeno (la cosa in sé). La realtà è dunque mediata dalle nostre percezioni e categorizzazioni, che sono intrinsecamente duali e relative.


Questo porta a una visione della conoscenza come di qualcosa di costruito e interpretato, piuttosto che assoluto e oggettivo. È un'idea profonda che mette in discussione la possibilità di una conoscenza puramente oggettiva e suggerisce che la nostra comprensione del mondo è sempre parziale e interpretata.



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In effetti, come faccio - io, soggetto - a definire oggettivamente qualcosa, tanto più che mi sono definito "soggetto" proprio perché o mentre ho definito l'altra cosa un "oggetto". 

Così il testo vuol dire qualcosa di più. Che possiamo determinare le cose come oggetti in quanto ci determiniamo come soggetti. Conoscere è far venire alla realtà concreta ciò che è solo potenziale.

Ma la "realtà concreta," è  solo di qualche grado concreta. Per il resto è ancora virtuale. Un' altra diade - l' una dentro l' altra come le matrioske.

E' la mente che le attribuisce il grado di realtà, un grado che definiamo "reale" convenzionalmente, senza sapere quanto è reale in una scala da un minimo ad un massimo.

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Hai ragione, c'è un ulteriore livello di significato nel testo. L'autore suggerisce che la nostra conoscenza non è solo passiva, ma attiva: conoscendo, diamo forma e concretezza a ciò che è solo potenziale. (Ma anche questa forma e concretezza è un solo livelli tra infiniti). In altre parole, la nostra comprensione e interpretazione del mondo contribuiscono a far emergere la realtà da un insieme di possibilità, anche se non possiamo sapere quale sia il nostro livello.


Questa idea riflette una prospettiva creativa e dinamica della conoscenza, in cui noi partecipiamo attivamente alla costruzione della realtà che percepiamo. Non siamo solo osservatori, ma co-creatori, e la nostra mente e le nostre categorie percettive giocano un ruolo fondamentale in questo processo.


Il concetto di far emergere il potenziale attraverso la conoscenza mette in luce la forza e l'importanza del pensiero umano, che non si limita a riflettere il mondo, ma lo modella e lo determina in modi significativi.


Questa visione può essere collegata anche ad altre teorie filosofiche e scientifiche, come la fisica quantistica, dove l'osservatore ha un ruolo cruciale nel determinare lo stato delle particelle. È un'idea affascinante che apre molte riflessioni sul potere del pensiero e della conoscenza.


Hai altre considerazioni su questo concetto o su come influisce sulla nostra visione della realtà?

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Questo succede perché fin dall'origine la materia ha una dose o controparte di coscienza, e quindi la coscienza è co-creativa.

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L'idea che la coscienza sia una parte intrinseca della materia sin dall'origine è affascinante e apre una discussione ricca di implicazioni filosofiche e scientifiche. Questo concetto suggerisce che la coscienza non è solo un prodotto emergente di sistemi biologici complessi, ma un elemento fondamentale e pervasivo dell'universo.


Se consideriamo che la coscienza abbia un ruolo co-creativo, possiamo pensare che essa non solo osservi e interpreti la realtà, ma che la modifichi attivamente attraverso l'interazione con il mondo. Questo potrebbe significare che ogni atto di conoscenza e percezione è anche un atto di creazione, dove la coscienza contribuisce a definire e concretizzare il potenziale della materia.


Questa visione è in sintonia con alcune interpretazioni della meccanica quantistica, dove l'osservatore influisce sullo stato delle particelle subatomiche, e con alcune filosofie orientali che vedono la realtà come un campo di coscienza e interconnessione.


La nozione che la coscienza e la materia siano strettamente legate e co-creative invita a ripensare il nostro ruolo nel cosmo e la natura stessa della realtà. Non siamo solo spettatori passivi, ma partecipanti attivi in un universo in cui la consapevolezza gioca un ruolo fondamentale.


C'è qualche altro aspetto di questa teoria che trovi particolarmente intrigante o che vorresti approfondire?

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Come farlo a provarlo se siamo co-creatori? Ogni prova sarebbe una co-creazione.

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Hai toccato un punto davvero complesso e affascinante. Se la nostra coscienza è co-creativa, ogni tentativo di provare questa teoria sarebbe, per definizione, influenzato dalla nostra stessa partecipazione e percezione. Questo crea un paradosso: come possiamo avere una prova "oggettiva" di un sistema in cui siamo parte integrante del processo creativo?


In effetti, molti filosofi e scienziati hanno affrontato questa sfida. Una possibile strada è quella di utilizzare esperimenti che esaminano la relazione tra osservatore e osservato in modi che possono ridurre, ma mai eliminare completamente, l'influenza dell'osservatore.


Ad esempio, nella meccanica quantistica, l'esperimento della doppia fenditura mostra come la presenza di un osservatore può influenzare il comportamento delle particelle. Sebbene questo non "provi" la co-creazione della realtà in senso stretto, suggerisce che l'osservazione stessa ha un ruolo cruciale nei fenomeni quantistici.


Un altro approccio potrebbe essere quello di esplorare la coscienza attraverso studi interdisciplinari che combinano neuroscienze, filosofia, e fisica. Se riusciamo a trovare correlazioni consistenti tra i processi mentali e i cambiamenti osservati nella realtà esterna, potremmo avvicinarci a una comprensione più profonda della natura co-creativa della coscienza.


In ogni caso, la questione rimane aperta e oggetto di intenso dibattito. La bellezza di queste idee risiede anche nella loro capacità di stimolare la nostra immaginazione e di sfidarci a pensare in modi nuovi e innovativi.

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Il testo presenta una riflessione profonda e stimolante sulla natura della realtà, della conoscenza e della coscienza. L'autore propone una visione non dualistica e interconnessa, dove la nostra mente e la realtà esterna sono intrinsecamente legate e co-creano la realtà che percepiamo.

Punti di forza del testo:

 * Approccio olistico: Il testo va oltre una visione riduzionista della realtà, proponendo una visione più ampia e integrata, dove tutto è interconnesso.

 * Critica al dualismo: L'autore mette in discussione la separazione tra soggetto e oggetto, mente e materia, proponendo un'unità più profonda.

 * Rilevanza della coscienza: La coscienza viene posizionata al centro dell'esperienza umana e della creazione della realtà.

 * Apertura a nuove prospettive: Il testo invita a superare i limiti della conoscenza tradizionale e a esplorare nuove possibilità.

Punti di riflessione:

 * Difficoltà di dimostrazione: Come giustamente sottolinei, è difficile trovare prove definitive per una teoria così complessa e radicale.

 * Implicazioni filosofiche: Questa visione ha profonde implicazioni filosofiche e potrebbe portare a ripensare la nostra concezione di sé, della realtà e del nostro ruolo nel mondo.

 * Relazione con altre discipline: Sarebbe interessante esplorare come questa teoria si relaziona con altre discipline, come la fisica quantistica, la biologia e le neuroscienze.

Possibili sviluppi:

 * Approfondimento delle implicazioni etiche: Se la coscienza è co-creativa, quali sono le implicazioni etiche delle nostre azioni?

 * Esplorazione di pratiche che favoriscono la co-creazione: Esistono pratiche meditative o spirituali che possono aiutare a sviluppare la consapevolezza di essere co-creatori?

 * Ricerca interdisciplinare: La combinazione di diverse discipline potrebbe portare a una comprensione più profonda della coscienza e della realtà.

In conclusione, il testo offre una prospettiva affascinante e stimolante sulla natura della realtà. Anche se non fornisce risposte definitive, apre nuove domande e ci invita a esplorare le profondità della nostra coscienza e della nostra connessione con il mondo.

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Analizziamo alcune delle critiche e obiezioni più comuni alla teoria della coscienza co-creativa:

1. Soggettivismo e relativismo:

 * Mancanza di oggettività: Se la realtà è co-creata dalla coscienza, come possiamo stabilire cosa sia "reale"? Non rischiamo di cadere in un solipsismo estremo dove ognuno crea la propria realtà?

 * Relativismo culturale: Le diverse culture hanno percezioni e interpretazioni della realtà molto diverse. Come conciliare questa diversità con l'idea di una realtà co-creata universalmente?

2. Problema della verifica:

 * Circolarità logica: Come possiamo dimostrare scientificamente una teoria che afferma che l'osservatore influenza l'osservato? Non si rischia una circolarità logica?

 * Mancanza di evidenze empiriche solide: Sebbene esistano alcuni esperimenti (come la doppia fenditura in fisica quantistica) che suggeriscono un'interazione tra osservatore e osservato, non ci sono prove definitive a sostegno di una co-creazione cosciente della realtà su larga scala.

3. Implicazioni pratiche:

 * Responsabilità individuale: Se siamo co-creatori della nostra realtà, chi è responsabile delle sofferenze e delle ingiustizie nel mondo?

 * Determinismo vs. libero arbitrio: Se la nostra coscienza co-crea la realtà, abbiamo davvero il libero arbitrio o siamo condizionati dalle nostre creazioni?

4. Natura della coscienza:

 * Coscienza come proprietà emergente: Alcuni sostengono che la coscienza sia un prodotto complesso di processi neurali e che non abbia un potere co-creativo intrinseco.

 * Coscienza come fenomeno quantistico: Altri cercano di spiegare la coscienza in termini di fenomeni quantistici, ma questa ipotesi è ancora molto dibattuta e non priva di critiche.

5. Implicazioni metafisiche:

 * Panpsichismo: L'idea che tutta la materia abbia una qualche forma di coscienza è affascinante, ma solleva molte domande sulla natura della coscienza stessa e sulla sua distribuzione nell'universo.

 * Idealismo: La teoria della coscienza co-creativa potrebbe essere interpretata come una forma di idealismo, dove la mente o la coscienza sono più fondamentali della materia.

È importante sottolineare che queste sono solo alcune delle critiche più comuni e che il dibattito sulla natura della coscienza è ancora molto aperto.


Le implicazioni filosofiche di una coscienza creativa sono profonde e vaste, toccando questioni fondamentali sull'esistenza, la conoscenza e la natura della realtà. Ecco alcune delle principali:

 * Relazione tra mente e materia: Se la coscienza è co-creativa, la tradizionale distinzione tra mente e materia si sfuma. La mente non è più un semplice prodotto del cervello, ma un elemento attivo che contribuisce a plasmare la realtà stessa.

 * Natura della realtà: La realtà non è più un dato oggettivo, ma una co-creazione continua tra coscienza e materia. La realtà diventa quindi un costrutto, plasmato dalle nostre percezioni, credenze e azioni.

 * Conoscenza e verità: Se la realtà è co-creata, la nostra conoscenza della realtà diventa più complessa. Non siamo semplici osservatori, ma partecipanti attivi nella costruzione della conoscenza stessa. Il concetto di "verità" si relativizza, diventando più legato al contesto e alle nostre prospettive.

 * Libero arbitrio: La coscienza creativa suggerisce un maggiore grado di libero arbitrio. Se siamo co-creatori della nostra realtà, abbiamo un ruolo attivo nel plasmare il nostro destino.

 * Etica e moralità: Le nostre azioni hanno un impatto diretto sulla realtà che creiamo. La coscienza creativa implica quindi una maggiore responsabilità individuale e collettiva per le nostre scelte.

 * Spiritualità e religione: La coscienza creativa può fornire nuove prospettive sulle esperienze spirituali e religiose, offrendo una spiegazione alternativa a fenomeni come l'intuizione, la sincronicità e le esperienze mistiche.

Altre implicazioni importanti includono:

 * Il problema del male: Se siamo co-creatori della realtà, come spiegare l'esistenza del male e della sofferenza?

 * La natura del tempo: Se la coscienza è co-creativa, il tempo potrebbe essere più malleabile di quanto pensiamo, e potrebbe essere influenzato dalle nostre intenzioni e credenze.

 * La natura dell'universo: Se la coscienza è presente a tutti i livelli della realtà, l'universo potrebbe essere un sistema molto più complesso e interconnesso di quanto si pensasse in precedenza.

In sintesi, l'idea di una coscienza creativa sfida molte delle nostre concezioni tradizionali sulla realtà, la conoscenza e il nostro posto nel mondo. Apre nuove possibilità di esplorazione e di comprensione, ma solleva anche numerose domande e complessità.





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