sabato 19 ottobre 2019

La via della gioia primordiale


L'individuo che pensa di essere un io separato, immerso nel fiume del divenire, entra già – proprio per questo - nel mondo della sofferenza. Quando invece siamo felici o gioiosi, scompare addirittura il senso dell'ego. In realtà non ci chiediamo più niente: svanisce la domanda. La mente non è divisa e neppure tesa.
       Nella sofferenza, il senso dell'ego è fortissimo e crea barriere che ci separano da tutto e da tutti.
       Dobbiamo dunque riflettere sul fatto che, quando siamo rilassati, ci sentiamo bene, mentre, quando prevale la tensione,  soffriamo.
       Tendersi significa separarsi e penare, rilassarsi significa sciogliersi e gioire. Naturalmente i due stati d'animo sono complementari.
       Ora, finché viviamo in questo mondo di opposti, il polo da scegliere e da prolungare il più possibile sarà ovviamente quello della distensione. Ma non ci facciamo illusioni: se c'è l'uno c'è anche l'altro. L'ideale perciò è andare all'origine di entrambi, uscendo il più possibile dal gioco e dal mondo dialettico.
       Al di là del bene e del male, del piacere e del dolore: la nostra coscienza è dualistica, determinando il mondo in cui viviamo. Non può esserci contraddizione fra coscienza e mondo: l’uno crea l’altro.
       Ma prima del dualismo che cosa c’è? Dobbiamo scendere più a fondo, prima della biforcazione.
Prima della biforcazione c’è un sentiero unico, dove non c’è né questo né quello, né essere né non essere. È il luogo dell’unità, “da dove le parole (e i pensieri) recedono”, come dicono le Upanisad.
La fisica si è accorta da poco che l’atto del conoscere fa precipitare le cose dal loro indeterminato stato originario e le cristallizza in modo univoco. Ma i mistici avevano già scoperto da secoli che per “conoscere” la trascendenza occorreva nascondere la mente divisiva sotto una “nube della non conoscenza”.
In altri termini è sbagliato voler “conoscere” la trascendenza, cioè volerla inquadrare nelle nostre categorie mentali. Ciò che è importante è sospendere questo tipo di conoscenza e inserirci nell’unità fondamentale. Qui scopriamo una “gioia” e un “essere” che non hanno più i loro contrari.



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