Bodhidharma,
considerato il fondatore dello zen (chan
in cinese), fu un monaco che si recò verso il sesto secolo in Cina a diffondere
questa particolare interpretazione del buddhismo. A quel tempo in Cina regnava
l'imperatore Wu, che aveva favorito il buddhismo facendo costruire vari
monasteri.
Un giorno l'imperatore fece convocare il
monaco e gli domandò: "Con tutto quello che ho fatto, quali meriti ho
acquisito per la mia vita futura?"
Bodhidharma rispose: "Assolutamente
nessuno".
L'imperatore ci rimase male e domandò :
"Ma qual è il significato della santa verità?"
"Vuoto sconfinato. Non c'è proprio
nessuna santità."
Wu si irritò. "E allora chi c'è qui
davanti a me?"
"Non lo so."
Inutile dire che i due non s'intesero e
che Bodhidharma alla fine si spostò altrove, nel monastero di Shaolin, nella
Cina settentrionale. Il fatto è che l'imperatore, come tutti i ricchi
benefattori, era convinto di ricevere qualcosa in cambio dei suoi
finanziamenti. E Bodhidharma gli rispose che, con quella mentalità, con quella
intenzione, non avrebbe acquisito mai nessun merito.
L'imperatore aveva una serie di
convinzioni e di aspettative, che poi sono quelle della gente comune, ancora
oggi. Credeva di poter in qualche modo "comprarsi" un buon posto o
qualche vantaggio nella vita futura. In effetti, in tutte le religioni, chi fa
offerte crede di ricevere qualcosa in cambio - in un certo senso, lo pretende.
Anche da noi è così. Chi fa offerte alla Chiesa o i ricchi finanziatori sono convinti,
inconsapevolmente o consapevolmente, di ottenere dei benefici in cambio. Non è
così che vanno le cose in questo mondo? Se vuoi qualcosa, devi dare a tua volta
qualcosa. Tutto si compra e tutto si vende.
Ma Bodhidharma gli ricordò che questa
"logica" non funziona con la verità o realtà ultima. Lì non puoi
comprare niente, lì non puoi contrattare, lì non puoi mercanteggiare. L'unico
valore è ciò che tu hai capito e ciò che veramente sei. Lì si ferma il gioco
tutto mondano del comprare e del vendere.
Anzi, la verità ultima non ha niente a
che fare con ciò che noi consideriamo "sacro". Lì niente è sacro,
perché niente è profano. Le nostre distinzioni, il nostro dualismo mentale,
cessa di colpo e si presenta un'altra dimensione. Che non è più quella economica.
Sì, perché la mentalità economica
pervade tutto in questo mondo, anche la religione. Se fai offerte, otterrai
questo. Se compi buone azioni, otterrai quest'altro... Dio ti premierà o ti
punirà, a seconda di come avrai investito in questa vita. La gente crede che
nell'aldilà ci sia una specie di conto profitti e perdite, con tanto di
interessi. Dio, il supremo ragioniere, governa in base alla logica economica.
Dio è una specie di banchiere in grande. Queste sono le nostre "pie"
concezioni.
Non è finita. L'imperatore si aspettava
da Bodhidharma qualche rivelazione stupefacente, qualcosa di grandioso: fiori
che piovessero dal cielo, angeli svolazzanti, suoni ultraterreni, comparsa di
dei e di demoni... insomma qualche bel film della mente. Perché è questo che la
gente si aspetta dall'aldilà o dall'illuminazione. Voleva qualcosa di bello, di
meraviglioso. E quel monaco era distaccato e freddo, parlava poco, non gli dava
nessuna soddisfazione. Addirittura sosteneva di non sapere neppure chi fosse. Ma
come? E l'anima? E il paradiso? E Dio? E i testi sacri? E i rituali?
Niente, Bodhidharma intendeva tagliar
corto con la scolastica e con le cerimonie religiose, e non accettava nessun
abbellimento, nessun sentimentalismo. La verità per lui era spoglia, nuda,
vuota e "fredda". Lui puntava all'essenza del risveglio, all'essenza
universale della coscienza, che non ha più niente di mentale, niente di
spettacolare e niente di egoico.
La verità non è un film hollywoodiano,
non è uno starnazzare di galline, non è una messa cantata - ma una calma e
limpida visione penetrante, dove scompaiono anche i confini dell'io… e si
profila la vastità del Sé impersonale e libero.
La verità va cercata oltre la logica
della mente, con i suoi valori sempre rivolti al rafforzamento degli interessi
personali.