Finché
siamo pieni di desideri, possiamo anche ottenere momenti di felicità – oltre a
momenti di sofferenza per non aver ottenuto ciò che volevamo o per aver
scoperto che ciò che volevamo non ne valeva la pena. In ogni caso, saranno
momenti fuggevoli, subito minati dalla dialettica dei sentimenti. Con la
differenza che i momenti di infelicità saranno molto più numerosi, perché è più
facile passare dalla felicità all’insoddisfazione che dall’infelicità alla
felicità.
Il
problema è che, se continueremo a desiderare ciò che non abbiamo, saremo come
quegli spiriti affamati di cui parla la mitologia orientale, quelli che, per
quanto mangino, non possono saziarsi mai.
Questa
consapevolezza dovrebbe indurci non tanto a desiderare uno stato di felicità
permanente, quanto uno stato senza desideri.
Come
potremo trovarlo? Ovviamente, non come si cerca un oggetto qualsiasi di cui
possiamo impadronirci. Prima dovrà essere un’aspirazione profonda al
non-desiderio.
Ma
questa è la parte più difficile, perché tutti desiderano qualcosa, fosse pure
la liberazione dall’infelicità.
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