Nascere
e morire, nascere e morire, nascere e morire… tutti i giorni, tutte le ore,
tutti i minuti… e in mezzo miliardi di esseri viventi che replicano tutti le
stesse cose: mangiano, defecano, crescono, si riproducono, lottano, competono
fra loro per il sesso, il denaro e il potere, invecchiano, si ammalano, muoiono…
fanno le stesse cose, hanno gli stessi pensieri, provano le stesse emozioni e
le stesse paure, credono di essere unici, si chiedono se sono eterni e se
esiste un Dio o un’anima, e infine immancabilmente muoiono, senza minimamente che
ci si ricordi dei miliardi di individui vissuti prima, senza nome, senza storia…
C’è
qualcosa di mostruoso nell’essere, nella vita: una fame insaziabile, una sete che
non si placa mai, che non si soddisfa mai, che ha bisogno di ripetere
ossessivamente sempre le stesse azioni, finché uno non abbia un’idea nuova. C’è
qualcosa che non vuole fermarsi, che non vuole ragionare, un istinto, una
spinta, uno slancio che conta sul numero per andare avanti, incurante di chi si
lascia dietro. Come le formiche o le api, tutte al servizio di un unico
individuo, tutte al servizio dello stesso scopo… che nessuno sa quale sia.
C’è qualcosa di maniacale, di ossessivo…
Se
non ne potete più, se ne avete abbastanza, se vorreste fermare l’implacabile e
insensata marcia, incominciate a capire il punto di vista orientale, la sua
nausea per l’esistenza e il suo desiderio di uscirne e di non rientrarci mai
più. Tutto il contrario del nostro desiderio infantile di sempre nuova vita.
Può
essere una questione di evoluzione o di maturità. Qualcuno la chiama
illuminazione. Qualcuno la chiama stanchezza. In questo siamo diversi.
Nessun commento:
Posta un commento