A volte l’attaccamento sta in cose che
neppure sospettiamo, per esempio nelle nostre credenze in un’anima immortale.
Nelle Upanishad si dice che il Brahman,
l’Essere sostanziale di tutte le cose, non può essere neppure pensato, perché è
assolutamente trascendente. Di esso si può soltanto dire: “Non è questo, non è
quello…”. E, tuttavia, poiché è in tutte le cose, è anche nel fondo dell’uomo.
Come diceva anche san Giovanni della
Croce, Dio è il punto più profondo dell’anima.
Ma il Buddha aggiunge qualcosa di
spiazzante: sostiene che questo Essere, il fondamento di tutto, è Vacuità. Ora,
la Vacuità esclude ogni sia pur minimo attaccamento, fosse pure a Brahman, Dio,
l’anima e l’Essere.
Come dire, finché ci attacchiamo all’idea
di una persistenza del sé, abbiamo un legame, che ci impedisce di accedere alla
pura trascendenza. Non ci siamo svuotati o purificati del tutto.
Può darsi che esistano altri stati e altri mondi. Ma saranno anch'essi destinati al divenire e alla dissoluzione.
Comunque sia, questa concezione
buddhista ci permette di misurare quanto ci siamo liberati e quanto ancora
rimane da fare. Ognuno faccia i suoi conti.
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