sabato 10 giugno 2017

La rimozione della morte

Qualsiasi tentativo umano di postulare la sopravvivenza del sé dopo la morte fisica può essere sospettato di rimozione della consapevolezza delle morte. Come dire, un sogno ad occhi aperti per rimuovere un’angoscia di fondo. Due cose - diceva La Rochefoucauld - non si possono guardare direttamente: il sole e la morte.
Ma, se vogliamo andare a fondo, se siamo dei meditatori, dobbiamo metterci di fronte a questa possibilità: la completa scomparsa de sé. Qual è allora il significato dell’esistenza, di questo apparire per qualche attimo per poi sparire definitivamente?
È vero che non si può parlare di un completo annientamento, dato che tutto si trasforma. Ma la trasformazione può comportare una discontinuità della coscienza. Chi ci dice che la coscienza della farfalla sia la stessa della pupa? È più probabile che nessuna delle due si ricordi dell’altra.
Se un tempo fummo acqua, luce, pesci, uccelli o mammiferi, nessuno se lo ricorda.
Nel buddhismo, che nega l’esistenza di un’anima, uno degli esercizi fondamentali è contemplare i cadaveri, ossia la realtà concreta della morte. Si può sostenere che esista un’anima o un’essenza che non scompare del tutto, ma resta il fatto che ciò potrebbe non prevedere la continuità della coscienza del sé, ossia il ricordo delle esistenze passate – cosa del resto verificabile proprio ora. Chi si ricorda dove eravamo prima di nascere?
Tutti dobbiamo confrontarci con l’idea della morte, prima quella degli altri e poi la nostra; e tutti dobbiamo imparare a vivere con questa prospettiva senza farci sopraffare dalla disperazione. In chi contempla la propria possibilità di sparizione senza rifugiarsi in fantasie sulla sopravvivenza del sé, sorge una nuova consapevolezza che chi si attacca ad idee di un io eterno non raggiungerà mai.
In fondo, l’angoscia di morte è all’origine di tutte le nostre angosce. Se ne diventiamo consapevoli, ci libereremo di un enorme peso.


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