lunedì 27 dicembre 2010

Al di là della mente

Molti sono convinti che per capire il mistero che ci avvolge sia necessario un grosso sforzo mentale, una concentrazione senza precedenti. Ma il problema è che la mente non è in grado di uscire dai propri limiti e pensare ciò che la comprende. "Comprendere" per la mente è restringere alle proprie categorie, sempre dualistiche.


In realtà per capire ciò che ci sovrasta è più necessario ampliare la mente che concentrarla, è più necessario dissolverne i confini che cercare all'interno di essi. La realtà ultima è ciò che sta al di là della mente, non uno dei tanti pensieri della mente. Ecco perché la strada non è tanto quella dello sforzo mentale, quanto quella del lasciar perdere la mente, dell'abbandonarla, del rilassarsi e dell'ampliarsi. E' così che ci si universalizza.

domenica 26 dicembre 2010

Aboliamo il Natale!

Alla vigilia di questa festa del consumismo che qualcuno chiama "Natale", che cosa rimane del messaggio di quell'uomo vissuto duemila anni fa? Poco o niente - un fallimento. Un fallimento inevitabile dato che oggi il cristiano non si distingue in nulla dal non-cristiano. Non ha una capacità di autocritica, non ha consapevolezza, non ha autocontrollo, non ha nessuna remora alla truffa dello Stato o all'uso della violenza. Basti vedere gli stessi membri della Chiesa, rabbiosi e avidi di potere, faziosi e sostenitori di politici affaristi. Non era questo il messaggio di Gesù.


Meglio abolire il Natale - per pudore!

Lo squallore del Natale, rito consumistico e consumatorio, è la diretta espressione di una Chiesa che non ha più niente da insegnare, ma molto da divorare. Non è sfuggito a nessuno il fatto che, mentre si tagliano i fondi alla scuola pubblica, si aumentano quelli alla scuola cattolica; e che mentre si licenziano i precari si assumono ventimila insegnanti di religione, cosa che ha dato il colpo di grazia al bilancio pubblico. E tutto questo perché? Per ottenere da parte del governo l'appoggio della Chiesa.

Questo è dunque il messaggio che ci arriva dall'etica cattolica: ci si allea con chiunque, si sostiene chiunque purché abbia soldi e paghi.

giovedì 23 dicembre 2010

I have a dream

Sì, sogno un paese in cui i disturbati mentali, i nevrastenici, i rissosi, non abbiano posto né nel governo né nella televisione né nelle aziende, e vengano allontanati perché deleteri, perché capaci di contagiare gli altri con il loro cattivo esempio. Sogno un paese in cui i massimi valori siano considerati l'equilibrio mentale, la compostezza, la calma, la non-aggressività...naturali o comunque autoimposti. Sogno un paese in cui chi va in giro a fare scenate, a gridare come un ossesso, a litigare, a competere o ad aggredire sia colpito da una generale riprovazione sociale, e sia costretto a sottoporsi a corsi di autorecupero e di autoconsapevolezza.


Sembra poco, eppure basterebbe questo a cambiare il mondo, più di tanti dèi o profeti che forse hanno creato "grandi" religioni, ma che certamente hanno aumentato la tensione generale, la febbre del mondo.

Purtroppo il mondo ha solo religioni del fideismo, ossia del fanatismo; e non ha una religione della calma. E si vede.

domenica 19 dicembre 2010

Natività

Dimentichiamoci per un momento delle religioni orientali, dimentichiamoci della parola meditazione. Ciò che cerchiamo è un po' di luce nella nostra vita, è un'uscita dalla prigione delle abitudini, dall'inquinamento dell'anima. E questo avviene solo quando ci risvegliamo dal sonno dei condizionamenti e dei meccanismi mentali, quando spostiamo l'attenzione a ciò che siamo e che sentiamo veramente. Ecco un piccolo risveglio . Ogni volta che ci raccogliamo e che facciamo attenzione non ciò che ci viene dall'esterno e nemmeno a ciò che rimuginiamo all'interno, ma al nostro stato attuale - fisico, mentale, emotivo, sentimentale, ecc. -, ecco una piccola illuminazione, perché un po' di luce entra in noi. Questo raccoglimento minimo nella confusione e nel baccano abituale è già uno sviluppo della consapevolezza, un approfondimento, un risveglio. E ogni giorno possiamo sperimentare dieci, cento o mille risvegli. Basta questo a cambiare a poco a poco la nostra vita, a darci uno spessore che altrimenti non avremmo, a farci essere veri individui, a farci nascere allo spirito, senza bisogno di dei che nascano su questa terra, senza bisogno di presepi.


Non basta la fede, non basta l'amore; ci vuole questo lavoro su di sé, che non deve trasformarsi in un nuovo rimuginio, ma che deve diventarein un processo di comprensione.

mercoledì 15 dicembre 2010

I piccoli risvegli

La maggior parte di noi non si rende conto di passare gran parte del proprio tempo a rimuginare o a pensare qualcosa indotto dall'esterno o dalle nostre stesse fantasie. In effetti, è come se fossimo abitati da pensieri e stati d'animo, senza esserne noi i proprietari. In tal senso la nostra mente è in balia dell'esterno, degli altri, della società e del nostro stesso rimuginare. E, quando questo non succede, o per reagire a tale senso di alienzione, ecco che ci diamo a qualche attività di distrazione, come la televisione, le chiacchiere o i giochi di carte. Ma si tratta ancora di attività in cui evitiamo accuratamente di essere noi stessi, di appropriarci dei nostri pensieri e stati d'animo, di opporci al furto della nostra attenzione. Noi siamo noi che conduciamo il gioco, ma mille altri giocatori, molti dei quali sono ormai entrati dentro di noi e lavorano indisturbati. Giungiamo al punto che non siamo più in grado di restare un minuto in silenzio o di riflettere. Ovviamente la cosa diventa grave quando i pensieri o gli stati d'animo sono di tristezza, di depressione o di rimuginio. Perché allora non siamo più in grado di uscirne e di salvarci. Già rendersi conto di questa situazione è fare un passo avanti sulla strada dell'autonomia...e della salute. Diventare consapevoli che stiamo rimuginando e passare invece a una forma di esame attento e tranquillo di ciò che ci passa nella testa e nell'anima è un primo passo per limitare i danni, per dare uno stop, per recuperare il nostro equilibrio, per essere noi stessi.


Ad ogni momento della giornata, fermiamoci, osserviamo ciò che ci passa nella mente, prendiamo coscienza del nostro stato d'animo - e prendiamone le distanze. Questo semplice esercizio di allontanamento, di "presa di distanza", è un piccolo risveglio alla realtà e alla vita attuale. Usciamo dal mondo delle fantasie o del rimuginio mentale e riprendiamo possesso di noi stessi.

Angeli custodi

Le persone che credono in Dio, credono che Dio sia una Forza benevola che le protegge. Ma questo è un Dio particolare e limitato: è un protettore, un angelo custode. Esiste un'altra idea di Dio; non chiamiamolo Dio, un termine troppo compromesso dai pregiudizi, chiamiamolo Forze dell'Universo (al plurale, perché il singolare è già un'idea teologica che vuole ricondurre tutto all'Uno).


Queste Forze plasmano l'Universo o gli Universi, e non è detto che siano dei protettori, in particolare di qualcuno. Perché il loro scopo è creare, espandere e distruggere, non proteggere i loro esseri viventi. Sono Forze al di là dei nostri concetti di bene e di male, di inizio e di fine. Tra queste Forze e il nostro destino c'è uno spazio enorme, che viene riempito da altre leggi e dalle nostre stesse azioni. È il campo in cui si scontrano la vita e la morte, il bene e il male, gli dei e i demoni della mente, senza che gli uni prevalgano mai sugli altri. È il campo in cui si esercitano le nostre decisioni e i nostri sforzi, i risultati delle nostre azioni. È il campo della meditazione che vorrebbe cambiare il nostro destino.

Attenzione dunque a non confondere Dio con i nostra desiderata: ne verremmo immancabilmente delusi, così come vengono delusi tutti coloro che credono nella Provvidenza. La prova è che chi vuole e fa il bene (alla maniera umana) non è più protetto da chi vuole e fa il male; ne è un esempio il caso di Gesù che si aspettava un intervento dall'alto - e non lo ricevette.

Il Grande Omicida

Studiando le religioni antiche, ci si meraviglia di come esse fossero fondate tutte sui sacrifici (di animali e di uomini). Così in India e così nel Vicino Oriente. In India si credeva che ad un sacrificio eseguito alla perfezione gli dei non potessero negare nulla. Ai tempi di Gesù, il tempio di Gerusalemme era appunto il luogo in cui si eseguivano questi sacrifici ‑ una specie di mattatoio; e al di fuori si faceva commercio degli animali da sacrificare; naturalmente più era importante la grazia da chiedere, più grande doveva essere l'animale e più bisognava pagare.


Anche il cristianesimo nasce in fondo dall'idea di sacrificio: Dio stesso che sacrifica una parte di sé. Viene quindi da chiedersi perché gli uomini abbiano sempre associato il sacro al sacrificio. Ancora oggi chi chiede qualche grazia a Dio, sente dentro di sé che deve sacrificare qualcosa.

La spiegazione di tale connessione sta evidentemente nel fatto che Dio, mentre viene ritenuto il creatore della vita, viene considerato anche colui che la vita la distrugge. Il Signore della vita e della morte. E proprio qui sta il nesso tra sacro e sacrificio. Dio viene concepito come un Pastore che faccia nascere ed allevi un branco di pecore.

Ora non si può dire che un pastore ami le pecore: le alleva per poterle mangiare. E se si vuole ingraziarsi un pastore, gli si dà un'altra percora da allevare, da ingrassare e da mangiare. Lo stesso si pensa di Dio: egli crea gli esseri viventi perché in realtà se ne nutre. Gli uomini sono per così dire il pasto di Dio. E per ingraziarsi un Essere del genere, quale migliore idea di offrirgli una vita da divorare?

Nelle mitologie indù e greco-romane, viene concretamente descritto il profumo delle vittime arrostite e l'affollarsi degli dei al sacro banchetto. Gli dei si nutrono delle vite degli esseri uccisi. Quando alla religione degli dei si sono sostituite le religioni monoteistiche, non c'è stato un cambiamento di sostanza. La sensibilità degli uomini resta sempre la stessa: Dio crea per divorare le sue creature. Questo è il suo divertimento, questo è il suo gioco, questo è il suo alimento.

venerdì 10 dicembre 2010

Dei e demoni

Se crediamo di esserci liberati dagli dei e dai demoni del passato mitologico, ci sbagliamo di grosso, perché dei e demoni non sono che i nostri impulsi interiori e quindi proiezioni della mente. Dei e demoni stanno tutti ancora nella nostra testa, ieri come oggi; sono ciò che vorremmo o faremmo - se potessimo.


Affrontare i propri demoni interiori, riconoscendoli come proiezioni della mente, è già un primo passo avanti non solo per distaccarli da noi, ma anche per tenerli chiusi dentro di noi ed evitare che si traducano in attività esteriori. Quando infatti diventano la guida delle nostre azioni, allora demoni e dei entrano davvero nel mondo - e spesso non c'è una gran differenza tra loro.

Noi siamo Marte che vuole lo scontro, siamo Venere che ama la bellezza, siamo Eros che desidera il sesso, siamo Giove che vorrebbe comandare tutti e accoppiarsi con chiunque vuole...siamo dei della luce e demoni dell'oscurità, siamo la pace e siamo la guerra, siamo santi che si sacrificano e siamo demoni che vogliono il potere e la ricchezza. Sia nella nostra mente, sia - putroppo, quando si tratta di demoni - nella realtà.

Ecco perché è così importante essere consapevoli degli dei e dei demoni che alberghiamo in noi.

La correzione degli stati d'animo

Uno stato d'animo non è solo un sentimento o un insieme di sentimenti che si provano in un certo momento in seguito ad un avvenimento, ma un sentimento o un insieme di sentimenti in cui sono mescolate anche considerazioni interiori. La realtà non si specchia sic et simpliciter dentro di noi, ma si mescola con le nostre interpretazioni, con i nostri vissuti, con le nostre precedenti esperienze e con le nostre proiezioni. Speranza, paura, vergogna, fiducia, smarrimento, confusione, gioia, felicità, aspettative, amore, odio, soddisfazione, depressione, ecc. possono mescolarsi in uno stesso stato d'animo. Per esempio, mi guardo allo specchio e mi vedo invecchiato. Allora, ecco che mi viene in mente l'idea della vecchiaia e con essa un particolare stato d'animo, in cui possono mescolarsi rimpianto (per gli anni trascorsi, per le occasioni perdute, per tutto ciò che non ho fatto, ecc.), paura (per le malattie che possono colpirmi, per la decadenza fisica e mentale, ecc.), inquietudine (che cosa succederà, come finirò, ecc.), sorpresa (non immaginavo che arrivasse così in fretta), dolcezza (vedo tutto con più chiarezza, ho più esperienza, ecc), serenità (ho fatto quel dovevo fare, non devo più dimostrare chi sono, ecc.) e anche altri sentimenti che possono essere gli opposti di questi. Tutto in un attimo, solo perché mi sento vecchio.


Uno stato d'animo è dunque qualcosa di molto complesso, in cui può dominare un sentimento o un'emozione, in cui incide sia l'esperienza del passato sia la valutazione del futuro. Ma è esattamente ciò che io sono e che vivo in un dato momento. E di questo devo essere consapevole, perché è la mia vita, perché la mia esistenza è fatta da questi stati d'animo.

Essere consapevoli degli stati d'animo è un modo per osservarli dall'esterno e per staccarsene, un modo per correggerli (se sono negativi) e per ritornare al presente.

sabato 4 dicembre 2010

La cura di sé

Forse noi crediamo che la meditazione sia per persone introverse che amano poco i contatti con il mondo esterno. Niente di più sbagliato. La meditazione è per chi non vuole dipendere da fattori esterni. L'osservazione degli stati d'animo non è un modo per isolarsi dagli altri, ma un modo per vedere con più chiarezza che cosa si agita dentro di noi. Gli stati d'animo infatti non sono nient'altro che ciò che noi sentiamo - e dunque siamo - in un dato momento. Se non vediamo chiaramente che cosa proviamo, vivremo in modo rudimentale, sempre in balia degli eventi esterni e delle persone che ci circondano. Se questi eventi o persone saranno positivi, noi ci sentiremo bene; ma se saranno negativi, entreremo in crisi - saremo in sostanza come foglie al vento.


La consapeolezza degli stati d'animo vuole in sostanza portare ad una loro regolazione, in modo da non essere barchette senza timone in balia delle onde e delle correnti. E' solo osservando gli stati d'animo che potremo acquisire una certa pace interiore, rintuzzando gli estremi opposti dell'emotività. In tal modo potremo ridurre le sofferenze inutili (quelle che dipendono soprattutto da noi stessi, dalla nostra mente non regolata) e assaporare meglio i momenti di tranquillità o di felicità. Saremo dunque in grado di distinguere i nostri rimuginii, i prodotti nevrotici della mente, e saremo più capaci di volgerci verso gli eventi esterni comprendendo di più noi stessi e gli altri.

sabato 27 novembre 2010

Dubbi e certezze

In meditazione, a differenza che nelle religioni, il dubbio è fondamentale. Bisogna sempre avere dubbi sulle proprie osservazioni e conclusioni, perché il processo stesso dell'osservazione non è affatto imparziale, ma è fortemente influenzato dallo stato d'animo dell'osservatore ed influenza a sua volta lo stato d'animo corrente.


Ci si può domandare: "Ma come si fa a vivere senza certezze?" In realtà si vive benissimo, ed è la condizione normale dell'essere umano. Rende la mente viva, fertile e attenta. Al contrario, le certezze bloccano ogni ricerca e isteriliscono la mente.

Certo, oggi l'umanità, nonostante i progressi della scienza, non sa niente sul senso della vita, così come non sapeva nulla mille o tremila anni fa. Ma si pensi a quanto siano stimolanti l'incertezza e il dubbio, e quanto siano invece raggelanti il credere di sapere. I periodi peggiori della storia umana sono stati quelli in cui la maggioranza delle persone aveva valori e fedi che credeva indubitabili. E ancora oggi è così: i più grandi ostacoli al progresso e alla stessa comprensione fra uomini vengono dalle persone dogmatiche, dai fideisti, dai conservatori, da coloro che s'illudono di sapere.

Il dubbio apre alla ricerca, il dubbio è vita. La certezza invece è l'irrigidimento della morte.

Conoscere se stessi: l'abc della meditazione

La maggior parte delle persone non ha consapevolezza delle attività della propria mente. Non pensa, ma è abitata dai pensieri. Così non è neppure in grado di riconoscere l'origine dei propri stati d'animo e quindi non sa che cosa migliori o peggiori il proprio umore.


Il riconoscimento, la consapevolezza, è dunque il primo passo da compiere. Bisogna porsi in un atteggiamento di osservazione ed esaminare "dall'esterno" ciò che avviene nella propria mente, così come faremmo per un estraneo. Non c'è bisogno di soffermarsi a lungo, basta un attimo di consapevolezza. Che cosa penso? che cosa provo? che cosa provoca questo stato d'animo, a che cosa porta questo stato d'animo?

Ma al di là dell'aspetto spirituale del "conosci te stesso", un simile atteggiamento è una prima forma di psicoterapia, ciò che permette un maggior benessere interiore. Si tenga infatti presente che, senza questa opera di riconoscimento, saremo abitati soprattutto dalla sofferenza, dalla malattia, dalla ripetitività compulsiva e dalla confusione; saremo abitati dai condizionamenti, dagli istinti e dai meccanismi automatici mentali. Perché una mente non coltivata, una mente lasciata a se stessa, si pone inevitabilmente al suo livello più basso e più negativo.

Per essere felici o sereni, occorre lavorare su di sé. Ma il premio è sicuro.

Alle persone che non sappiano compiere questo lavoro su di sé, seppure a un livello minimo, non dovrebbe essere affidato nessun incarico importante e men che meno un incarico pubblico, perché, essendo in balia dei propri stati umorali e dei propri meccanismi automatici, mancherebbero di comprensione, di autocontrollo e sarebbero un pericolo per tutti.

Ogni avanzamento, ogni progresso, ogni scoperta, ogni salto evolutivo - e lo stesso metodo scientifico - sono basati sul metodo dell'osservazione, che è il giudice ultimo di come stanno le cose. In questo campo non ci sono miracoli che tengano, ma solo un lavoro continuo.

Conoscere i propri pensieri, i propri sentimenti e i propri stati d'animo (conoscere senza giudicare) non significa conoscere se stessi, ossia avere un'idea complessiva di come si è. Si tratta solo dei primi mattoni per conoscersi. La conoscenza sintetica arriverà più tardi, quando si sarà in grado di mettere i mattoni insieme; e può darsi che qualcosa sfugga sempre, anche perché alcuni aspetti restano inconsci.

Comunque, anche avere un'idea solo parziale di ciò che avviene in noi in un dato momento è molto importante, perché a lungo andare potremo scoprire che cosa si ripete regolarmente e perciò rilevare impulsi, complessi e meccanismi profondi che vengono da lontano. E a poco a poco correggerli.

E' inutile pregare Dio se non si conosce se stessi.

venerdì 26 novembre 2010

Arroganza clericale

Le associazioni pro-life protestano perché vorrebbero il diritto di replica nella trasmissione di Fazio e Saviano, dove si è difeso il diritto all'eutanasia. Si sentono prevaricate, poverette. Ma la prevaricazione è già avvenuta nei fatti, con le leggi che vietano ai cittadini di scegliersi il fine-vita. Giorni fa tre ministri (pro-life?) hanno ribadito che le scritture private per i testamenti biologici sono carta straccia. In sostanza, i cittadini sono costretti a ubbidire alle leggi dei cattolici, le quali non lasciano mai diritto di scelta. Mentre i cattolici richiedono il diritto all'obiezione di coscienza, gli altri cittadini devono subire la violenza delle leggi clericali. Questa è una delle principali vergogne del nostro paese. Se esiste prevaricazione, è sempre da parte del clericali. Mentre infatti le leggi dello Stato laico lasciano il diritto di scelta al cattolico (per esempio di dire di no al divorzio e all'aborto), le leggi di origine clericale non lasciano nessuna scelta al laico non credente.


Inoltre, se adottassimo un simile criterio bipartisan a tutte le trasmissioni televisive, quante altre trasmissioni di riparazione dovrebbe fare la televisione per compensare gli innumerevoli programmi su santi, madonne, papi, miracoli e compagnia bella, molte della quali chiaramente faziose e antistoriche? E perché ci sono trasmissioni gestite direttamente dalle religioni e nessuna in difesa del laicismo?

domenica 21 novembre 2010

Morte e desiderio

Le religioni ci hanno abituato a pensare che il desiderio sia l'origine di ogni peccato. Ma non è così. Il nome stesso "desiderio", che viene da de-sidera = "dalle stelle", ci indica che è qualcosa che viene dall'alto, dal cielo. E, in effetti, al fondo del desiderio c'è la spinta a superare gli stretti limiti dell'ego per andare verso l'altro-da-sé. Se non ci fosse questo desiderio, ognuno rimarrebbe murato nel proprio ego, senza possibilità di trascendersi. Questa è l'espressione giusta: ogni desiderio è desiderio di trascendenza.


La morte non distrugge solo un corpo, ma anche un ego. Ovvero, l'ego viene dissolto nei suoi confini e si apre alla cosmicità. Non c'è più nessuno che possa dire "io", non c'è più nessuno che possa erigere dei confini rispetto al resto. La vita, racchiusa per qualche decennio in un ego, viene di nuovo liberata e resa disponibile per altre esistenze. A questa esperienza di liberazione (da sé) ci spingono le mistiche, la meditazione e l'amore. E, in ogni caso, la morte.

mercoledì 17 novembre 2010

Vincere la violenza

Non c'è modo di eliminare la violenza nell'uomo, perché sarebbe come una lobotomia, come una devitalizzazione, e l'uomo non sarebbe più in grado di sopravvivere in un mondo che evidentemente è stato concepito nella violenza e che prevede l'uso della violenza.


Ciò che noi chiamiamo violenza è in realtà la carica, la forza, la spinta ad andare avanti. Anche l'amore sarebbe impossibile senza questa forza.

Non si può dunque eliminare la violenza con tutti i suoi addentellati: la rabbia, l'odio, la gelosia, la competitività, ecc. Ma si può incanalarla in modo costruttivo anziché distruttivo. Purché se ne sia consapevoli, purché quando si presenta ci sia un uomo che ne sia cosciente.

In tal senso la meditazione è una forma di auto-psicoterapia, che prima passa attraverso una forma di consapevolezza delle emozioni e degli impulsi più profondi cui siamo soggetti e che poi permette una presa di distanza, un distacco.

Contemplare la violenza, l'amore o qualsiasi altra emozione, sentirla profondamente nostra e poi distaccarsene - ecco un percorso meditativo. Ed è inutile credere che basti l'intervento di qualche Dio per portare la pace nel mondo.

venerdì 12 novembre 2010

Mind wandering

All'università di Harvard sono riusciti a calcolare che la nostra mente passa metà del tempo a pensare ad altro rispetto a ciò che stiamo facendo. Metà del tempo non siamo dunque presenti e seguiamo le nostre fantasticherie. Ci sono solo poche attività in cui le divagazioni scendono al di sotto del 30%: prima di tutto nella sessualità e poi anche nel gioco e nello sport.


Questo signitica che per essere concentrati sul presente ci dev'essere un interesse emotivo e che metà del nostro tempo facciamo cose prive di interesse. Nel 42,50% dei casi, le divagazioni sono piacevoli, nel 26,50% sono spiacevoli e nel 31% sono neutre.

Oltre all'amore, le attività in cui si tende di meno a divagare sono la preghiera e la meditazione. Ecco perché le religioni orientali ci insegnano che la felicità consiste nel vivere nel presente, nel "qui e ora": più si è felici, più si svolgono attività interessanti, e viceversa.

In conclusione, meno siamo in preda a desideri o fantasticherie, più siamo felici. Ma evitare desideri e divagazioni mentali significa già meditare.

Assaporare il presente

Ogni giorno siamo trascinati da desideri, da ambizioni e da aspettative che non solo non ci fanno vivere nel presente, ma che ci fanno anche soffrire, perché sembrano ripeterci che ci manca qualcosa, che dobbiamo ottenere qualcosa, che siamo dunque infelici. E in effetti lo diventiamo, proprio a causa di quei desideri.


E allora fermiamoci per un po' al presente. Esaminiamo la giornata, esaminiamo la vita, esaminiamo la nostra salute. E, se è una bella giornata, se non ci sono guerre e disastri vari, se riusciamo a vivere dignitosamente, se siamo in buona salute - ebbene godiamoci quei momenti, assaporiamoli...e siamo felici! Pensiamo a chi sta veramente male.

Calmiamoci: in verità non dobbiamo arrivare da nessuna parte - ci siamo già! Anche questa è meditazione.

Quando utilizziamo un tranquillante chimico o quando riusciamo a meditare, ci rendiamo conto all'improvviso della tensione con cui di solito viviamo. Il motivo è sempre lo stesso: il desiderio di qualcosa che non abbiamo...e che non avremo mai. Sì, perché il desiderio di essere o di avere in realtà non cessa mai. Cesserà solo con la morte del desiderio, cioè con la nostra stessa morte. In fondo, la vita non è che questo: desiderio.

sabato 6 novembre 2010

Settarismo

Si cerca una setta o una Chiesa perché si vuole restare bambini, perché si vogliono affidare le proprie responsabilità ad altri. E questo è il contrario del principio stesso della meditazione, la quale tende a rendere autonomi, in modo che ognuno sia se stesso e si liberi dai vari condizionamenti.


Restare bambini va bene se si vuole mantenere una mente fresca ed aperta, ma è negativo se non si vuole crescere.

mercoledì 3 novembre 2010

Decidere

La meditazione non vi dirà mai che cosa dovete fare nelle varie situazioni: questo ve lo diranno le religioni, con tutte le loro regole, i loro riti, i loro dogmi e i loro codici morali. La meditazione vi invita a decidere di entrare in contatto con il vostro percorso evolutivo, con il vostro essere più profondo, con le vostre esigenze più autentiche. Che cosa volete fare della vostra vita? Continuare a recitare, a muovervi secondo esigenze altrui, oppure prendere su di voi la responsabilità di seguire una direzione di autenticità? Essere ed esprimere voi stessi oppure essere una marionetta guidata da esigenze altrui?


Questa decisione è il fondamento di una vera vita, di una vita seria, e non può essere tanto rimandata perché il tempo è breve per tutti. Costi quel che costi, bisogna seguire la propria via, vivere la propria vita, e non perdersi dietro a mode, passatempi, nevrosi, pettegolezzi e altre cose senza valore. Decidere di essere autentici e andare diritti. Lasciar perdere le deviazioni, le falsità, le illusioni, le artificialità e le incertezze del cuore e della mente. E non aver paura né delle delusioni né della rabbia che ne può conseguire. Le delusioni sono infatti inevitabili quando si vuole uscire dalle illusioni, e la rabbia è necessaria perché ci dà la spinta propulsiva.

Questa decisione non vi darà una guida sicura, e di volta in volta dovrete decidere che cosa sia meglio per voi. Ma vi darà la spinta e la direzione. A voi spetterà mantenere la rotta, rimanendo in contatto con quel centro profondo di consapevolezza che ha preso la decisione.

Dialettica

Non c'è niente da fare: la gioia non può che nascere dalla sofferenza - è una legge che è inscritta nella natura. Come dicono alcuni versi,




Della vita


l'essenza è questa -


un'alba di sole


dopo una notte di tempesta.





Quando saliamo sulla cima di una montagna e da lassù contempliamo un vastissimo panorama di monti, di valli, di fiumi e di laghi, ci sentiamo prendere da un misto di sgomento e di stupore. Quanto è grande il mondo, quanto piccoli siamo noi! Ma a poco a poco il senso di sgomento scompare e resta un sentimento di vastità e di leggerezza. Le nostre vicende ci sembrano allora piccole e trascurabili, i nostri conflitti sembrano placarsi, le nostre sofferenze si attenuano. E veniamo colti dalla gioia. Il motivo di questo stato di benessere è l'aver ridimensionato il nostro piccolo io, è l'esserci allontanati per un po' dai nostri soffocanti limiti, dalle nostre contorsioni sentimentali e mentali. Anche questa è meditazione.

martedì 2 novembre 2010

La gioia

La gioia come nuova esperienza del mondo, come illuminazione improvvisa, come subitanea liberazione, come un farsi strada tra la confusione, l'oscurità e la sofferenza. La gioia come cessazione delle abituali difficoltà, delle normali limitazioni e mancanze. La gioia come piccola e fugace illuminazione.


Ma anche il dolore è rivelazione improvvisa, benché brutale, della realtà del mondo - e della necessità di superarla.

lunedì 1 novembre 2010

Occasioni di crescita

Quando ci succede qualcosa di importante, non domandiamoci se è un premio o una punizione per i nostri comportamenti, ma chiediamoci quale sarà la sua influenza sulla nostra evoluzione, sul nostro sviluppo spirituale - se cioè ci aiuterà ad andare avanti o ci riporterà indietro. Allora, anche gli eventi negativi possono assumere una loro utile funzione. Però bisogna capirlo.


Certo, nel momento della sofferenza è difficile vedere il vantaggio per la nostra evoluzione. Ma proprio un dolore, se opportunamento meditato, porta ad un affinamento dello spirito e ad un allargamento della consapevolezza.

Al limite, ogni colpo al nostro ego, ogni distruzione della nostra sicurezza, ci porta a vedere con più chiarezza noi stessi e il mondo, come in una limpida mattina spazzata da un vento gelido.

sabato 30 ottobre 2010

Amore e spiritualità

Non pensare che l'amore, in tutte le sue forme, anche le più comuni, non abbia una sua spiritualità. Non pensare che il sesso, in tutte le sue forme, anche le più degradate, non abbia una sua spiritualità. Non a caso gli antichi greci avevano fatto dell'amore un Dio; e i cristiani hanno fatto di Dio l'amore.


In fondo l'amore è la spiritualità alla portata di tutti. Ma non tutti lo capiscono, e cercano magari lo spirito nelle chiese o nei libri sacri. Potrebbe non essere spirituale una forza che mette al mondo la vita?

Vivere e contemplare l'amore è una grande esperienza dello spirito. Purché non si giudichi, purché non si cerchi di classificare.

Se riesci a meditare sul tuo sentimento d'amore, hai l'oggetto perfetto della contemplazione, hai già il riverbero della sua luce. Questa è una piccola illuminazione.

Lascia perdere le religioni con le loro condanne e con le loro limitazioni dell'amore e del sesso, con le loro distinzioni fra amore e sesso lecito e amore e sesso peccaminoso. Non hanno capito nulla, o vogliono solo irregimentare creando sensi di colpa.

Qualunque senso d'amore è lecito e luminoso, è una grande occasione a tua disposizione per elevare il tuo spirito.

Dualismo

Chi pensa sceglie, cioè si schiera inevitabilmente da una parte, lasciando perdere il suo opposto. Questo perché i concetti sono dualistici. Ma, schierandosi, si perde la realtà dell'insieme.


E' in tal modo che nasce per esempio l'idea di Dio come Sommo Bene, Amore, ecc. Ma Dio non è unilaterale!

Smetti di pensare ad un solo estremo, smetti di essere dualista, e comprendi entrambi gli opposti. Contemplali in una consapevolezza senza consapevolezze partigiane, senza divisioni. In tal modo eliminerai anche il conflitto.

Oratori

Le persone che parlano con grande facilità e sicurezza non sono adatte alla meditazione, sono persone superficiali. Non mettono in dubbio che le loro parole rispecchino la realtà, non hanno nessuno spazio fra mente ed espressione. E invece è proprio in questo spazio che si situa la comprensione.


La realtà profonda viene fuori solo quando si fa convergere l'attenzione sulle cose e sulle persone, non sui concetti.

Sottili piaceri

Dice Chogyal Namkhai Norbu: "Non si può realizzare l'illuminazione cercando di ottenerla nello sforzo; essa si presenta spontaneamente quando si rimane nello stato naturale, senza cercare nulla".


Molti credono che l'illuminazione sia un'esplosione estatica; ma non esistono solo le grandi felicità, i picchi di gioia: esistono anche momenti di sollievo, di riposo, di quiete - momenti che donano momenti di un piacere meno grossolano e più sottile. Io li chiamo "piccole illuminazioni" e sono qualcosa di più spirituale dei momenti di felicità intesi comunemente. Si tratta appunto di esperienze di liberazione dal peso del mondo, piccoli assaggi di una dimensione spirituale che non è più legata al fare e allo sforzo. Sono la trama che traspare quando si esce dal desiderio in quanto appropriazione di qualcosa, fosse pura la felicità. Ecco perché non è per niente consigliabile una ricerca accanita della felicità: ci sarebbe già uno sforzo che la contrasterebbe. Per cercare la vera felicità è più importante lasciar andare, lasciar essere, che sforzarsi.

venerdì 22 ottobre 2010

Cronache religiose

In un giorno qualsiasi sfoglio i giornali e leggo:


Il nuovo inno della polizia penitenziaria è un salmo di contrizione intitolato Siam tutti figli tuoi, in cui si dice tra l'altro: "Prega per me Santa Maria, riempimi d'amore, e così sia". Proteste per per la confusione fatta tra Stato e Chiesa e perché non si tiene conto delle altre religioni.

La Regione Toscana assume a tempo indeterminato 77 sacerdoti nelle Asl, con un costo di 2 milioni e 150 mila euro. Ce n'era bisogno? Non si potevani dare quei soldi ai disoccupati? No, perché così stabilisce un accordo tra la Regione e la Cei. Ma chi l'ha fatto?

In Usa, in Georgia, un tizio ha fondato una Chiesa con il motto: "Dio vuole che siamo tutti ricchi". E lui in effetti è diventato ricchissimo, gira in Bentley, ha il Rolex d'oro, un bracciale di diamanti e una villa da un milione di dollari. Peccato che ora sia accusato di pedofilia - un vizietto diffuso tra i preti repressi.

In Israele, un rabbino dice che è giusto che le spie israeliane si prostituiscano per la loro patria, e sostiene che già nella Bibbia ci sono esempi del genere, per esempio quello di Esther che andò a letto con il re persiano Serse.

Insomma, denaro, sesso e potere allietano le giornate dei religiosi di professione. E la vera religione, quella dello spirito?...Chi la conosce più?

Antiche tradizioni

Quando si parla di corruzione della Chiesa, ormai non c'è più niente che possa stupire. Non bastavano gli scandali del vecchio IOR e quello recente dei preti pedofili. Ora la Procura di Roma indaga anche sulla Banca Vaticana per sospetti di riciclaggio e per la presenza di preti e di suore prestanome - e non per pochi spiccioli, ma per 140 milioni di euro.


Noi pensiamo a quel poveretto di Gesù e ci chiediamo che cosa abbia a che fare con questa Chiesa. Ma forse qualcosa in comune c'è: dato che Pietro fu il primo a tradire Gesù, come meravigliarsi che i suoi successori continuino a tradirlo? E' un'antica tradizione.

domenica 17 ottobre 2010

Templi

Le architetture delle chiese e dei templi sono tutte centrate su un unico modello: un edificio chiuso che non comunica con l'esterno. E' la caverna dei riti, in cui si presume che il fedele debba concentrarsi su una idea di Dio o su un sacerdote che la evoca.


Ma, per la contemplazione, l'architettura dovrebbe essere del tutto diversa: un edificio completamente aperto all'esterno, con grandi finestre e vetrate, immerso nella natura o con la possibilità di una veduta panoramica. Una specie di osservatorio. Perché, come dice anche la Bibbia, Dio non abita in edifici costruiti dalle mani dell'uomo. Da lì possiamo contemplare l'esterno - il paesaggio, gli alberi, le piante, le erbe, gli animali, la pioggia, il vento, il cielo...per poi rivolgere lo sguardo all'interno. Ma sempre con la consapevolezza alchemica che "come fuori, così dentro": il mondo fuori, il macrocosmo, è una proiezione del mondo interno, il microcosmo.

Il tempio della meditazione dev'essere una finestra aperta sul mondo, non un muro che divide e separa.

lunedì 4 ottobre 2010

Bisogno di meditazione

Se c'è un paese che avrebbe bisogno di meditazione, questo è proprio l'Italia - una nazione che oggi è in preda alla confusione mentale. Ciò che manca in Italia è proprio una pratica e una spiritualità della consapevolezza. Abbiamo invece una religione della fede - e si vede.


Introduciamo nelle scuole lezioni di consapevolezza e di senso critico, non di religioni della fede. Noi non abbiamo bisogno di una fede dogmatica, ma di una chiarezza etica, di una visione limpida e distaccata.

E, invece, di giorno in giorno, si crea dipendenza e attaccamento (al partito, alla religione, al calcio, alla televisione, al territorio...), insomma un fanatismo che porta solo al caos.

Di che cosa c'è bisogno per meditare? Incominciamo smettendo di parlare a vanvera - la parola è preziosa e non va sprecata. Proseguiamo smettendo di ascoltare a vanvera - i discorsi della gente, i nostri stessi pensieri, le ciance inutili della televisione e della radio, le chiacchiere oziose. Cerchiamo durante la giornata periodi di silenzio e di distacco dalle vicende del mondo. Non sprechiamo energie. Assumiamo una posizione eretta, ma non rigida. Incrementiamo l'osservazione di noi stessi e degli altri. Acuiamo la sensibilità. Distinguiamo cià che è essenziale e lasciamo perdere il superfluo. Percepiamo il nostro centro, calmo. Osserviamo la follia del mondo. Per qualche momento sentiamoci al di sopra, al di fuori e felici.

giovedì 30 settembre 2010

Livelli di consapevolezza

Consapevolezza è essere chiaramente coscienti di sé e degli altri, ed è un essere presenti a se stessi. E' una questione di livelli, di miliardi di livelli. Tra un animale che non è in grado di dire "io sono cosciente", ma che possiede comunque una coscienza, e un uomo che può dire "io sono" e "io morirò", c'è un salto evolutivo. Ma anche tra un uomo e l'altro ci sono differenze; e non si può escludere che esistano altri esseri che abbiano livelli di consapevolezza ancora superiori. La consapevolezza non è né un pensiero né una sensazione, ma uno stato dell'essere, il livello dell'essere proprio di ciascun essere vivente. E meditare vuol dire cercare di sviluppare il più possibile questa consapevolezza, in modo da poter compiere il salto successivo.

giovedì 23 settembre 2010

Morire giovani

Preti pedofili, evasione fiscale, elettrosmog che uccide i bambini, violazione delle norme antiriciclaggio da parte della banca vaticana, delinquenti sepolti nelle chiese, continue interferenze elettorali...la "Santa" Sede non perde occasione per dimostrare la propria corruzione. Chissà che cosa ne avrebbe pensato quel poveretto che fu crocifisso duemila anni fa. Chissà se si sarebbe riconosciuto in questa istituzione che pretende di definirsi cristiana. O forse no. Forse anche lui si sarebbe trasformato in uno dei tanti preti farisaici...La fortuna di morire a trentatré anni!

lunedì 13 settembre 2010

Il senso della morte

È evidente che lo scopo della vita dovrebbe essere quello di fare esperienza e di sviluppare consapevolezza (e con essa una maggiore "virtù"), e questo intento viene comunque raggiunto anche inconsapevolmente. Ma diventarne consapevoli - e quindi sviluppare un atteggiamento meditativo - potenzia l'intero processo. Esistono tuttavia dei limiti dati dalle predisposizioni innate: non si può sviluppare la consapevolezza se abbiamo un carattere fatto in un certo modo, carattere che deriva dal passato, da tutta l'eredità passata, nostra e degli altri che ci hanno influenzato. Il percorso è dunque lento, frastagliato e spesso lunghissimo; e non può bastare una vita per esaurirlo.Chi ne è consapevole, però, è già in una posizione di vantaggio, e può approfittarne. Ma anche lui non può fare passi da gigante e deve scontare le predisposizioni innate, spesso inconsce.


La morte serve a fare un bilancio periodico e vedere se siamo andati avanti o indietro. Chi lo fa? Noi stessi, attraverso tutto ciò che abbiamo accumulato fino a quel momento. In base alle esperienze e alla consapevolezza accumulate ci collochiamo in un certo piano e in un certo livello. La vita, infatti, è un processo continuo che non s'interrompe con la morte. La morte è solo l'interruzioni di una fase e l'inizio di un'altra. Quale?

Proprio perché la nostra vita attuale è il risultato di un lungo processo di apprendimento e di evoluzione, non è pensabile che basti una sola esistenza ad esaurirne le potenzialità. Veniamo da lontano e andiamo lontano; e non ci troviamo ad un livello molto avanzato: siamo scimmie da poco evolute. Dobbiamo quindi percorrere ancora molta strada. Questo depone a favore di una prosecuzione della vita dopo la morte. Ma quale vita?

Tutto dipende dal livello di consapevolezza e di realizzazione raggiunto; si può dunque ipotizzare un rientro in questo mondo, oppure in altri mondi o in altri universi. Qualcosa di noi si conserverà, altre cose verranno superate e cambiate. Ciò che è pericoloso è la non-vita, la repressione, la rinuncia, tutti atteggiamenti nevrotici che ci indicano che, come nel gioco dell'oca, dovremo tornare indietro di qualche casella e rifare l'esperienza fino ad averla superata; solo allora potremo passare alla casella successiva.

La meditazione non esime in nessun modo dal vivere; anzi, ogni esperienza deve essere vissuta fino in fondo per poterla comprendere, assimilare e magari trascendere.

Nelle religioni di massa esiste un barlume di questi principi, per esempio nei concetti di paradiso, inferno e purgatorio, e in quello di karma. Ma non c'è nessun Dio che ci giudichi, e paradiso e inferno sono sempre compresenti ad ogni livello, e non esauriscono affatto il percorso. Nessuno stato è eterno e immutabile; questo sarebbe davvero la morte.

giovedì 9 settembre 2010

Atei per rispetto

Ci sono persone che si dichiarano atee proprio per il rispetto che hanno verso Dio, ovvero verso un'immagine idealizzata di Dio. Accorgendosi infatti di come è fatto male il mondo e delle leggi violente e spietate che lo governano, concludono che non può essere stato creato da un Dio che è perfezione, bontà ed amore; tutt'al più può essere stato creato da un apprendista stregone, da un artefice poco intelligente, confusionario e rozzo.


Nell'antichità, proprio da queste considerazioni, era nata l' "eresia gnostica", che distingueva appunto tra un Dio supremo ma lontano ed un Demiurgo più vicino ma degenerato - il nostro Dio, quello che viene adorato ignorantemente nelle varie religioni.

In realtà, non si tratta tanto di un'eresia, quanto di una constatazione di chi guarda la realtà non in base a fedi o idee preconcette, ma direttamente. Questa constatazione è talmente vera che nelle varie religioni si è dovuto inventare il concetto di un "peccato originale" o di una "caduta". E così si è giunti a dire che l'uomo e l'universo sono degenerati. In altri termini, si è ributtata la colpa sulle spalle dell'uomo: furono Adamo ed Eva - capite? - che con la loro colpa fecero decadere il mondo.

Si noti dunque a quali arzigoli può arrivare la mente umana pur di arrivare a salvare l'idea di un Dio perfetto.

Che cos'è Dio, ossia il mito di Dio, se non la separazione fra bene e male in un unico Essere, che ovviamente conserva solo il primo dei due termini? Il mito di Dio è che il bene possa essere separato dal male. Ma è possibile fare una medaglia con un'unica faccia? E non è meglio eliminare del tutto l'idea di un Creatore?

sabato 28 agosto 2010

Prendere coscienza

Perché tanta resistenza ad evitare la via della consapevolezza e a scegliere invece la via dell'acquiescenza all'opinione comune, ossia al non pensiero? A parte la mancanza d'intelligenza e di coraggio, il problema è che non tutte le rivelazioni prodotte dalla consapevolezza sono piacevoli. Alcune sono decisamente squallide. Per esempio, la scoperta che siamo individui qualunque, che siamo come banderuole al vento, che non sappiamo decidere, che la nostra personalità è un'accozzaglia di luoghi comuni e di tratti presi in prestito da qualcun altro, e che insommache siamo già morti senza accorgercene . Rivelazioni che mettono a dura prova il nostro senso di autostima.


No, non sempre la consapevolezza passa per esperienze piacevoli. Ma è necessario affrontare per prima proprio quest'opera di demitizzazione e di ridimensionamento se si vuole approfondire la conoscenza di noi stessi. Ci credevamo chissà chi e invece scopriamo di essere delle nullità.

Ecco perché evitiamo la via della consapevolezza e preferiamo restare nella via dell'incoscienza. Non vogliamo svegliarci dal nostro sonno di illusioni. Siamo figli di Dio, perbacco, e abbiamo un'anima immortale assicurata! Perché uscire da questo gratificante sogno ad occhi aperti?

Perché ciò che diciamo non conta nulla: avere un'origine divina non significa niente, perché tutto ha un'origine divina, anche il criminale e il gatto; e quanto alla vita immortale, può essere un'immortalità di noia e di batoste.

In realtà c'è molto da fare per uscire dalle nostre confortanti illusioni, c'è un lavoro da compiere per risvegliarci da un sonno millenario. E per prendere coscienza.

giovedì 26 agosto 2010

Saper vedere

Diceva Saramago che la perdita della vista fisica è sì una cosa grave, ma non più grave della perdita della vista generale, ossia della capacità di vedere l'insieme delle cose, la loro interrelazione e la loro reciproca posizione; non più grave del rinchiudersi nel proprio orticello, nel proprio piccolo interesse privato. Non è esattamente quello che succede oggi? Il problema è che nessuno insegna agli uomini a "vedere"; e così essi guardano ma non vedono, hanno occhi per vedere ma non li usano...o li usano soltanto per contare i loro soldi, per ingrassare il loro piccolo o grande patrimonio. Troppo poco. Ogni tanto bisogna sapersi innalzare al di sopra delle piccole cose e dei propri affari personali, e salire come su una montagna per guardare tutto dall'alto. Anche questa è meditazione.

lunedì 23 agosto 2010

Impermanenza

La prima delle "quattro nobili verità" del buddhismo è che "tutte le cose sono impermanenti" e la seconda è che "tutte le cose sono soggette alla sofferenza". Le cose sono impermanenti perché sono soggette allo scorrere del tempo, all'invecchiamento, alle malattie e alla disgregazione; di conseguenza nessuna può sfuggire alla sofferenza. Nessuno potrebbe contestare queste affermazioni: tutti siamo coscienti che le cose sono impermanenti e che nessuna può sfuggire alla sofferenza. La vita è un evolversi e un mutare continuo, e questo non può non produrre dolore.


Tutte le fisolofie, tutte le saggezze sono giunte a questa constatazione.

Ma a questo punto la saggezza si biforca. Dalla consapevolezza che le cose impermanenti derivano due atteggiamenti opposti: nel primo, proprio perché sappiamo che niente dura, cerchiamo di apprezzare e di sfruttare il più possibile le fonti di piacere e di felicità. Questa è una prima forma di saggezza, che ci porta ad attaccarci ancora di più alle cose. Nel secondo atteggiamento, invece, cerchiamo di distaccarci da ogni cosa, anche da quelle che procurano una gioia passeggera. Quale dei due è quello giusto?

In realtà non c'è contraddizione. Perché chi rinunciasse a tutto, anche all'amore, alla famiglia e ai beni, sarebbe comunque soggetto alla sofferenza. Forse soffrirebbe meno acutamente, ma soffrirebbe comunque e la sua vita sarebbe squallida e vuota.

Una saggezza più profonda ci dice dunque un'altra cosa. Dobbiamo saper apprezzare e sfruttare le fonti di felicità, dobbiamo minimizzare le cause di infelicità e dobbiamo essere consapevoli ad ogni momento che tutto può disgregarsi e finire. Questa consapevolezza ci rende ancora più sensibili ai beni che ci vengono elargiti, ma ci fa anche capire niente è veramente in nostro possesso e che tutto è destinato a sfuggirci di mano. Si tratta di un atteggiamento che potremmo definire meditativo. Bellezza e malinconia della vita...Innanzitutto è bene distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è. Un amore è importante; il tifo calcistico è una stupidaggine. Dunque, se è bene conservare l'amore, è una stupidaggine soffrire per il tifo calcistico. Ritroviamo la giusta dimensione delle cose.

In secondo luogo, dobbiamo essere consapevoli che, per quanto quell'amore sia importante, può finire da un momento all'altro: possiamo innamorarci di un'altra persona, possiamo essere traditi o abbandonati, possiamo perdere nel corso del tempo quel sentimento, ecc. Questa consapevolezza non ci deve portare alla rinuncia (dovuta alla paura di soffrire), ma ad una meditazione su quell'amore - una meditazione in cui si affaccia comunque l'idea del distacco. Il distacco in fondo non dipende da noi, ma dipende dal corso delle cose.

Distaccarsi è prendere le distanze, è vedere le cose da punti di vista diversi, è penetrare e prevedere. Che cosa succederà se la persona amata mi tradirà o mi lascerà? Non potrò più vivere? A molti succede proprio questo. Ma, se nel frattempo avrò lavorato a meditare, l'abbandono non mi coglierà impreparato e io avrò scoperto altre ragioni per vivere, al di là anche di quell'amore.

Si applichi ora questo tipo di meditazione al legame affettivo primario: quello con se stessi. In effetti, anche il legame con se stessi è destinato a finire con un distacco. Ma è una fine o una "liberazione da"? Per rispondere a questa domanda bisogna andare molto più a fondo, al di là anche degli insegnamenti standardizzati della varie religioni.

domenica 22 agosto 2010

La religione del futuro

Sarà un bel giorno quello in cui l'umanità si libererà dell'idea del Dio personale, che ha creato l'uomo per giudicarlo. Dico che sarà un bel giorno perché vorrà dire che gli uomini avranno imparato a comportarsi bene senza bisogno di premi e di castighi ultreterreni, senza bisogno di Padroni eterni. Sì, perché, a questa idea primitiva del Dio Padrone corrisponde quella della necessità del padrone terreno. Anzi, si può dire che l'idea del Padre-Padrone divino sia una conseguenza di quella del padre-padrone terreno - una convinzione che nasce dalla necessità dell'uomo animale di avere un capobranco. E questa necessità nasce a sua volta dal fatto che l'uomo non è autonomo, non è in grado di riflettere e di meditare, ed ha quindi sempre bisogno di qualcuno che lo guidi. Si pensi dunque alla rozzezza di questa fede.


A quel punto gli uomini avranno imparato ad autogovernarsi. Diceva a questo proposito Albert Einstein: "La religione del futuro dovrà essere una religione cosmica, che trascenda il Dio personale ed eviti dogmi e teologie. Dovrà abbracciare la sfera naturale e quella spirituale, basandosi su un senso religioso che nasce dal sentire tutte le cose naturali e spirituali come un'unità carica di senso".

Siamo a quel punto? Non mi pare. Le masse hanno ancora bisogno di qualcuno da idolatrare, e, quando non trovano qualche Dio immaginario, ecco che vanno a idolatrare qualche sua presunta incarnazione o qualche papa fasullo o qualche divo dei nostri tempi. Tutto, pur di non usare la propria consapevolezza e la propria autodeterminazione.

giovedì 19 agosto 2010

Meditazione e preghiera contemplativa

Nella preghiera si cerca l’aiuto di un’Entità superiore, nel presupposto che sia potente e voglia aiutarci. Nella meditazione si cerca di fare appello alle proprie energie più profonde, si cerca di mobilitare le proprie forze e il proprio potere, che sono comunque quelle dell’universo e dunque divine. Nelle prime si usano parole e si chiede qualcosa di preciso; nella seconda non si usano parole e si cerca calma, energia e chiarezza.


Esiste comunque un livello della preghiera in cui non si fa ricorso a parole e non si chiede nulla: ci si limita a stare in presenza dell’Entità superiore, sperando di attingere alla sua forza. Questa preghiera contemplativa è il livello più elevato di orazione ed è molto vicina alla meditazione.

Naturalmente, preghiera e meditazione non si escludono a vicenda. Come dice un proverbio, “aiutati che Dio ti aiuta”.

venerdì 13 agosto 2010

Violenza religiosa

Le religioni non smettono mai di stupire per la loro carica di violenza, più o meno sotterranea, più o meno dissimulata. E non mi riferisco solo ai vari terrorismi d’ispirazione religiosa, ma soprattutto a certe violenze sulle coscienze. Per esempio, nella Chiesa cattolica, qualcuno ha pensato bene di spostare l’età della prima comunione a sette anni. Perché mai? Forse perché a sette anni non si può avere nessun senso critico e si accettano meglio le verità rivelate? Certo, in questo sforzo di condizionamento precoce, la palma della violenza psicologica spetta al battesimo, in cui addirittura il neonato viene marchiato con una cerimonia di appartenenza. Nessuno pretende una partecipazione consapevole. Al contrario! Più sono inconsapevoli, meglio possono essere indottrinati.


La volontà di prevaricazione dei religiosi di professione è infinita, e parte sempre dalla convinzione di essere i depositari di qualche verità, addirittura gli unici mediatori e interpreti della volontà divina. Interpreti interessati, perché a loro poi spetta una parte del potere con cui alcuni uomini dominano gli altri uomini. A questa volontà di potere fa da contrappunto la volontà di sottomissione delle grandi masse di fedeli, i quali arrivano a credere che, per esempio, Dio si metta a verificare se i morti siano circoncisi o battezzati o se abbiano osservato un mese di digiuno. Saremmo nel ridicolo, se non fossimo nel tragico dell’ignoranza umana.

venerdì 30 luglio 2010

Gli uomini della provvidenza

Che cosa spingerà un uomo come don Verzé, che ha creato un enorme ospedale, a definire e a ribadire che Berlusconi è "l'uomo della provvidenza"? Gli sembra davvero che l'Italia vada tanto bene? Perché rispolverare queste espressioni che furono già usate dalla Chiesa per Mussolini? Anche Mussolini fu definito "l'uomo della provvidenza"...e finì come finì.


Questo è un lascito della cultura cattolica, la quale crede ancora che basti un uomo a salvare un intero paese o il mondo intero.

La storia ci dice che non è così. Nessun dittatore ha mai salvato nessun popolo.

L’Italia si salverà non quando avrà trovato l’uomo della provvidenza, ma quando avrà trovato sessanta milioni di uomini della provvidenza.

Che cosa voglio dire? Che non bisogna aspettarsi che qualcuno ci salvi. Ma che ognuno di noi deve rimboccarsi le maniche e darsi da fare.

Bisogna insomma sostituire all’idea autoritaria della dipendenza quella dell’autonomia e dell’impegno individuale.

È inutile che ti chiedi quale sarà l’uomo che ti salverà. Quell’uomo sei tu. Anzi, più lo cercherai fuori, meno lo troverai.

Purtroppo, queste categorie mentali continuano a influenzare le persone più inconsapevoli, le quali credono ancora che basti affidare tutto il potere ad un uomo solo per risolvere ogni problema. Una cultura vecchia e superata.

Cultura della dipendenza, cultura delle pecore, che non sanno autodeterminarsi e aspettano solo un "buon pastore" che le guidi. E così restano sempre pecore, e non crescono mai. Un popolo non si salva per un uomo, ma per i milioni di individui che lo compongono.

Dobbiamo capire che solo sviluppando le energie e l'autonomia dei singoli, e non muovendosi come un gregge di pecore, che i popoli progrediscono e si salvano. Cultura dell'autodeterminazione contro cultura della sottomissione.

venerdì 23 luglio 2010

Sati: la presenza mentale

Si fanno campagne contro la distrazione in automobile per evitare gli incidenti stradali: mentre guidate, non telefonate, non parlate, non guardate schermi, non pensate ad altro, ecc. In sostanza, fate una sola cosa alla volta; se guidate, guidate e basta, concentratevi solo sulla guida.


E' il principio della sati, la presenza mentale.

La sati dovrebbe essere applicata ad ogni attività della vita. Altrimenti, si vive distratti. Si fa una cosa, ma si pensa ad un altra...con il risultato che si fa tutto a metà e male.

Come dice il Dhammapada, "i disattenti è come se fossero già morti..L'attenzione è la via che conduce all'immortalità".

Dunque, l'Occidente riscopre antichi principi orientali, convalidandone la giustezza. Provate a respirare con la sati: respirare e basta, respirare con presenza mentale, con totale consapevolezza.

venerdì 16 luglio 2010

Il Medioevo della mente

Fra le recenti note varate dal Papa per combattere la corruzione nella Chiesa, spiccano due elementi: il fatto che l'ordinazione di una donna rientri tra i "delitti gravi", come un reato di pedofilia o un sacrilegio eucaristico, e il fatto che cercare di celebrare l'Eucarestia con gli altri cristiani sia considerato un "delitto gravissimo".


Insomma, nella Chiesa il Medioevo non è mai finito. E se si pensa che è questa la cultura che influenza l'Italia, si capisce perché siamo caduti così in basso.

giovedì 15 luglio 2010

La gestione delle emozioni

In meditazione, prima o poi bisogna arrivare a una gestione delle emozioni; altrimenti non si può andare oltre un livello convenzionale dei comportamenti emotivi – e quindi non si può andare molto in là sulla strada della meditazione stessa. Di solito, a questo punto, si parla di emozioni negative. Ma la distinzione fra emozioni positive ed emozioni negative è sempre relativa. Per esempio, la rabbia è considerata un sentimento negativo. Tuttavia la sua spinta può essere quanto mai utile a superare situazioni difficili. Lo stesso vale per la paura, per l’odio e per il desiderio: non si può buttare via il loro impeto emotivo limitandosi ad una semplice repressione, come se fossimo dei semplici pretini.


Bisogna saper distinguere innanzitutto tra sensazioni e reazioni; bisogna cioè saper individuare, isolare e stare con la sensazione. Il suo impeto può essere particolarmente utile per dare energia alla nostra vita. Ma, a tale scopo, è necessario saper assaporare l’emozione e utilizzarla per altri sbocchi: si potrebbe anche parlare di sublimazione.

Nel momento in cui si riesce a stare con la sensazione, la sua forza può essere deviata verso altre mete, diverse da quelle originarie. In tal senso le emozioni sono tutte positive. L’importante è saperle trasformare e manipolare.

La cosa è particolarmente importante per il desiderio e per il piacere. Un desiderio genuino è un’enorme forza, che può essere convogliata verso sbocchi diversi. Un desiderio è sempre la voglia di ottenere e di godere qualcosa. Perfino il desiderio di illuminazione rientra in questa categoria, e non è diverso per esempio dal desiderio sessuale. Infatti, non abbiamo una cosa e tendiamo ad essa perché sentiamo che può darci gioia ed energia. Ma anche qui il punto è riuscire a stare con la sensazione, facendocene pervadere l’intero organismo.

Mentre però è giusto cercare di limitare gli impulsi della rabbia, dell’odio o della paura, pur utilizzando la loro spinta, nel caso del desiderio bisogna cercare di rilassarsi nella sensazione e riuscire ad espanderla, fino a farla diventare onnipervadente. La sensazione non dev’essere più limitata a una particolare persona o a un particolare oggetto. Ma va lasciata illuminare a poco a poco l’intero essere. Ecco come nasce in meditazione la beatitudine. Naturalmente molto dipende dalla qualità e dall’intensità della forza iniziale. Ma resta il fatto che, nel campo delle emozioni, non bisogna mai buttare via niente.

martedì 13 luglio 2010

La meditazione sui tre tempi

La meditazione su passato, futuro e presente serve a cambiare il nostro modo di considerare il tempo e si svolge così. Si diviene consapevoli dei momenti in cui ci ricordiamo di qualcosa. Dove siamo? Nel passato? In realtà, ci ricordiamo di un evento passato, ma siamo comunque nel presente. Infatti il passato è passato e non può più essere ricuperato.


Poi diventiamo consapevoli dei momenti in cui pensiamo al futuro, per esempio perché speriamo, temiamo o progettiamo qualcosa. Dove siamo in quei momenti? In realtà, anche se pensiamo al futuro, siamo ancora nel presente. Il futuro in sé non c’ mai.

Che cosa concludiamo? Che esiste solo il presente?

Ma che cos’è il presente? Possiamo afferrarlo? Non pare proprio: nel momento in cui lo afferriamo, è già passato.

Domandiamoci allora come definiamo il presente. È evidente che lo definiamo in relazione a un passato e a un futuro. Il presente in sé sembra non esistere. E non è afferrabile.

Questo esercizio ci aiuta a capire come ci troviamo sempre in balia di concetti, di prodotti della mente, di luoghi comuni. Ma la realtà, la verità, sta altrove. Non quando la mente pensa, ma altrove...sempre in un altrove, che è trascendenza.

lunedì 5 luglio 2010

Distacco e indifferenza

Non bisogna confondere il distacco con l’indifferenza. L’indifferenza non distingue tra cose importanti e cose senza valore. Il distacco mira a liberarsi delle cose superflue per concentrarsi sulle cose essenziali.


L’indifferenza porta alla confusione. Il distacco porta alla serenità.

Il distacco comporta compassione. L’indifferenza comporta insensibilità.

L’indifferenza è il terreno su cui crescono le tirannie. Il distacco è il terreno su cui non possono attecchire.

venerdì 2 luglio 2010

Il bisogno di credere

Enzo Bianchi, priore di Bose, sostiene che tutti abbiamo bisogno di credere che alla fine non prevarranno il male e la morte. Ed è vero.


Ma, su questa profonda esigenza, quante speculazioni e quanti mistificazioni da parte delle religioni organizzate! Un vero e proprio sfruttamento spirituale. Perché le religioni ti propongono interpretazioni e utilizzazioni di questa esigenza. E incominciano a chiamarla Dio e poi sostengono che ha determinate caratteristiche e che loro ne sono le uniche interpreti. Insomma, tutte affermazioni prive di fondamento.

Succede un po’ come quando dall’esigenza sessuale nasce la prostituzione.

Damnatio memoriae

La damnatio memoriae era il sistema con cui nell’antichità si cercava di far sparire ogni traccia di un nemico, perfino il ricordo del suo nome.


Ma la damnatio memoriae è una specie di peccato originale. Infatti, ogni giovane non ha il patrimonio di ricordi che gli permetta di giudicare. E deve farselo a poco a poco con la conoscenza e con l’esperienza.

Se fosse possibile trasmettere la memoria, l’umanità potrebbe fare un salto evolutivo gigantesco. E, invece, a ogni morte, si cancella una memoria, e si deve ricominciare daccapo. Insomma, una vera e propria maledizione.

Genetica e karma

Da un punto di vista genetico, noi siamo ciò che sono stati i nostri genitori, i nostri nonni e i nostri progenitori.


Ma anche da un punto di vista karmico. Che cos’è la genetica se non un karma solidificato?

Genetica favorevole o sfavorevole? Karma favorevole o sfavorevole...? Ognuno esamini se stesso...e la propria eredità.

giovedì 1 luglio 2010

Fare e meditare

Non si deve fare meditazione più di quanto non si debba pregare per patteggiare qualcosa. Quando si fa qualcosa, è già una forzatura.


Meditare è invece non imporre, non forzare. Lasciar essere.

sabato 26 giugno 2010

Il karma delle nazioni

La recente disfatta dell’Italia calcistica non è che un piccolo esempio di un karma negativo che il nostro paese sta accumulando ormai da troppo tempo. Non era difficile prevederlo. In un mio precedente blog “Un paese senz’anima” avevo scritto: “In un paese senz’anima, non si vincono più le competizioni sportive internazionali perché manca un sano spirito sportivo...”


Ma quando una nazione accumula un karma negativo? Quando perde la proprio spiritualità affidandosi a una classe politica e a una religione corrotte. Ed è esattamente quanto si è verificato in Italia, dove le cariche politiche servono a sfuggire alla giustizia e le cariche religiose sono dedite all’accumulo di ricchezze e di potere.

L’unica religione al mondo che si costituisce anche uno Stato è la religione cattolica: qualcosa di completamente assurdo e soprattutto nocivo sul piano spirituale.

Ma il karma negativo dell’Italia risale a molti secoli fa, e si è sempre esplicitato nella sua dolorosa storia politica, che non a caso è di nuovo entrata in crisi.

Ci sono altre nazioni con un tale karma negativo. Una è Israele, che ha una colpa gravissima: ha concepito un’immagine totalmente falsa di Dio – un Dio-Persona che avrebbe dovuto favorire addirittura un solo popolo.

Questa idea sbagliata ha portato Israele ad essere distrutto dagli antichi Romani, con una diaspora della sua popolazione. Il prezzo che ha pagato è stato dunque altissimo. Ma ecco che all’improvviso questa nazione si è trasformata da vittima a carnefice di un altro popolo. E questa nuova colpa andrà, da un punto di vista karmico, pagata.

Purtroppo l’idea falsa del Dio-Persona si è incarnata nel cristianesimo. E il cristianesimo si è fatto Stato in Italia. Le conseguenze per l’Italia sono state e saranno dunque pesanti.

In passato l’accoglimento di questa religione ha provocato il dissolvimento dell’impero romano...potenza delle idee sbagliate!

E non è finita. Un’altra nazione che sta accumulando karma negativo sono gli Stati Uniti d’America. Il suo impero ha fatto un numero enorme di vittime. Per esempio, nell’ultima guerra in Irak i morti sono stati un milione. Colpe che andranno pagate. In che modo? Non si pensi solo alle inevitabili reazioni delle popolazioni nemiche (per esempio alla nascita del terrorismo), ma a disastri di tutti i generi. È la natura che si ribella. E guarda caso negli USA si scatenano tifoni sempre più devastanti e recentemente un inquinamento petrolifero mai visto finora.

Esistono nazioni con una karma positivo? Più che altro esistono nazioni con una karma meno negativo, dove le condizioni di vita sono migliori. Ma il problema è che esiste anche un karma del pianeta Terra. Chi capita in questo pianeta ha già su di sé un destino negativo. Questo infatti non è uno dei migliori mondi possibili, ma uno dei peggiori.

Il fatto è che gli uomini continuano a coltivare idee e modi di vita negativi, senza mai giungere ad una vera e propria presa di coscienza dei propri errori. Per l’Italia, la crisi continuerà ad aggravarsi fino a che non si libererà della corruzione politica e di una religione che non solo non ha nessun fondamento, ma ha perso ogni spiritualità. Un paese senz’anima non può andare lontano.

giovedì 24 giugno 2010

L'etica del tornaconto

Dispiace ascoltare il Presidente della Repubblica Italiana che prende le parti dell’obbligatorietà dell’esposizione del simbolo cristiano nei luoghi pubblici. A quali interessi avrà mai ceduto? Non a quelli dello Stato italiano, che è fagocitato e fatto a pezzi dal potere della Chiesa: uno Stato nello Stato, un cancro che corrode lo Stato creando dappertutto metastasi.

C’è un deficit di cultura in Italia, un deficit di riflessione. Non si vede che la crisi del nostro paese è essenzialmente una crisi etica – una crisi di quell’etica che è costituita proprio dalla radice cristiana.

Ed è questa etica che ci rende piccoli e corrotti. E non mi riferisco solo alla corruzione dei membri della Chiesa, in cui campeggiano preti pedofili e vescovi affaristi. No, mi riferisco alla struttura dell’etica cattolica, che è mediocre.

Benché Gesù in un’occasione scacci i mercanti dal Tempio, è in realtà permeato dalla cultura mercantilistica ebraica, al punto che in una parabola esordisce: “Il regno dei cieli è come un mercante...” E la parabola dei talenti è la perfetta espressione della mentalità religiosa levantina, in cui il problema centrale è “mettere a frutto” le buone azioni, farle rendere come se fossero un conto in banca. E Dio è il grande Ragioniere che dice: “Ora facciamo i conti...ora rendi conto della tua amministrazione...”

Una religione del genere non poteva dare origine ad una grande etica. Ma a un’etica commerciale.

In tal senso la religione è basata sull’economia, sulla partita doppia dei profitti e delle perdite. E non ha nessuna dimensione spirituale. È un’operazione di tornaconto.

Ed è il tornaconto, il piccolo tornaconto personale che rende piccola l’etica cristiana – e che rende piccola l’Italia cattolica. Ognuno pensa al proprio tornaconto personale, ed è indifferente all’interesse generale. In questa prospettiva manca la visione dello Stato. Sì, si dice: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Ma chi stabilisce la distinzione?

La Chiesa cattolica non ha mai riconosciuto lo Stato italiano, se non per quel che può ricavarne in termini di privilegi, di esenzioni e di contributi. Lo Stato rinuncia al proprio 8 per mille per darlo alla Chiesa – alla Chiesa che è la più grande proprietaria di immobili. Dovrebbe essere il contrario. È la Chiesa che dovrebbe dare il suo 8 per mille allo Stato e pagare le tasse sulle sue immense proprietà.

Quando perciò si difende il simbolo di questo modo di fare, non si fanno gli interessi dello Stato, ma gli interessi di un Antistato che divora l’Italia e la rende piccola e corrotta.

domenica 20 giugno 2010

Pastori infedeli

Il papa afferma che l’autorevolezza della Chiesa dipende dalla santità della vita dei suoi pastori. Sarà per questo che, tra preti pedofili, cardinali che trafficano in case, banchieri della mafia, evasioni fiscali e cassieri della malavita, l’autorevolezza della Chiesa è crollata.


Ciononostante questo ineffabile papa continua a parla di santità. Non sarebbe ora che abbassasse la mira e proponesse come modello non i santi, ma gli uomini onesti?

sabato 19 giugno 2010

Saramago e l'origine del male

Saramago e l’origine del male


È noto che il furore ideologico – e quello religioso – oscura la mente. E certamente l”Osservatore romano” nel suo articolo odierno contro lo scrittore José Saramago si è fatto cogliere da un simile oscuramento. Prendersela con una grande scrittore, onorato non a caso con il Premio Nobel, solo perché ha attribuito a Dio l’origine di gran parte del male sulla Terra, è indice di una faziosità che ottunde il giudizio.

Si può essere in disaccordo con le sue tesi. Però non si può disconoscere il suo valore.

Ma ormai la mentalità religiosa ci ha abituati a questo tipo di faziosità...e a questa spietatezza. Dai fondamentalisti musulmani a quelli cristiani, chi non la pensa come loro è un nemico da abbattere.

Dov’è finita la pietas cristiana, ammesso che sia mai esistita? Lo abbiamo già notato nei casi dell’Englaro e di Welby. Il furore religioso spinge a prendersela anche con i moribondi e con i morti.

Eppure l’idea di Saramago, per quanto semplicistica, è antica quanto il mondo – quanto la fede in un Dio solo buono. Almeno in Oriente a Dio vengono attribuiti tutti i ruoli, anche quello distruttivo. Solo nelle religioni del Dio-solo-Bene e del Dio-solo-Amore, il male viene attribuito a colpe umane: troppo comodo...e troppo semplicistico. Tant’è vero che queste religioni poi si devono inventare fantomatici “peccati originali” o mitologici anti-dei come Satana.

Se si crede in Dio, anche lui ha le sue colpe: il peccato originale è anche un suo vizio originale. Soltanto se non si crede in Dio, lo si può discolpare.

Bene e male sono costitutivi di questo mondo. E dunque sono costitutivi della presunta Origine di questo mondo. Le colpe degli uomini possono aggravare il male, ma non eliminarlo.

A meno che non si pensi – come in Oriente – che esista una legge del karma, impersonale, che dia a ciascuno secondo quanto ha seminato nelle precedenti vite. Ma resta anche qui il problema di fondo: da dove nasce questo male che fa deviare qualcosa che in origine si presume soltanto buono?

La verità è che bene e male sono come la luce e l’ombra: uniti e complementari. Sono le due facce di una stessa medaglia. Non si può concepire l’uno senza concepire l’altro.

Ma chi ha creato questa medaglia non può dichiararsi innocente o lavarsene le mani. È corresponsabile.

sabato 12 giugno 2010

Un deficit di meditazione

C’è un deficit di riflessione nella tendenza che porta i cittadini comuni a ritenere che i loro problemi possano essere risolti da una deriva autoritaria, affidandosi cioè a un solo uomo. Ammesso che esista un uomo del genere – un uomo interessato al bene comune e non al bene personale –, questo leader sarebbe sempre più solo e lontano dalla realtà dei suoi concittadini.


Il ricco, il potente, è già psicologicamente ed eticamente diverso da coloro che deve governare. I suoi interessi e i suoi bisogni sono diversi dagli interessi e dai bisogni degli uomini comuni.

In realtà, nessun “principe”, nessun dittatore, nessun sultano, ha mai fatto gli interessi dei cittadini. Gli interessi dei cittadini possono essere compresi solo dai cittadini stessi. E costoro possono delegare temporaneamente qualcuno a rappresentarli. Ma niente di più. Se la delega si allunga nel tempo, automaticamente si forma un uomo e una classe di potere, che non si occuperà più dei problemi dei governati.

Ognuno deve cercare di governare se stesso – per più tempo possibile: questa è l’unica via. Quando invece si rinuncia ad un tale autogoverno e lo si delega all’esterno, si crea un scissione all’interno dell’individuo, una forma di alienazione, che porta inevitabilmente a sistemi politici autoritari. In pratica, è la scissione interiore dei singoli che sta alla base dei regimi non democratici.

A queste conseguenze deleterie porta il non conoscere se stessi, il non riuscire a riflettere, l’incapacità di meditare. Sia in campo politico sia in campo religioso, l’autoritarismo nasce da una rinuncia dell’individuo alla conoscenza e alla gestione di sé.

giovedì 10 giugno 2010

I genuflessi

Non contenti degli innumerevoli privilegi e soldi accordati al Vaticano, questo ineffabile governo riserva un privilegio anche in materia di intercettazioni. Se infatti un sacerdote viene indagato, sarà obbligatorio informare il vescovo. E se è un vescovo? Bisognerà informare la Segreteria di Stato vaticana.


Ci domandiamo il motivo di tanto rispetto. Forse i preti sono tutti santi? Non pareva dal numero di pedofili.

È un po’ come se, per indagare su un professore, si dovesse informare il suo preside. Perché? Forse per farlo sfuggire meglio alla rete delle indagini.

Credo che con questo provvedimento il governo abbia raggiunto il massimo del suo bisogno di genuflessione di fronte alla Chiesa. Evidentemente, questi politici sanno di avere molti peccati da farsi perdonare.

I preti, certo, li perdoneranno. Ma gli italiani incominciano ad aprire gli occhi. Tanto che i vescovi sono preoccupati per il calo dell’8 per mille.

Però non si preoccupino troppo. Basterà una leggina per togliere altri soldi ai cittadini e darli alla Chiesa cattolica. Le vie della Provvidenza...e delle provvidenze...sono infinite.

mercoledì 9 giugno 2010

Il potere della pubblicità

La pubblicità oggi ha assunto un tale potere da mettere in pericolo l’equilibrio umano e il libero arbitrio. Infatti una campagna pubblicitaria, condotta ossessivamente, è in grado di far aumentare considerevolmente il numero delle vendite. E già questa è una forma di coercizione occulta. Ma il problema è che, mentre un tempo la pubblicità serviva a far vendere i prodotti commerciali, oggi viene utilizzata per far votare un uomo o un partito politico. Siamo insomma alla pubblicità messa al servizio del potere. Un potere occulto messo al servizio di un altro potere...che a sua volta diventa coercitivo, ossia passa attraverso percorsi inconsci. Oggi, dunque, le dittature non si avvalgono più solo dei rozzi strumenti di una volta, della forza brutale della polizia e dei servizi segreti, ma impiegano sofisticate tecniche di indottrinamento, di imbonimento e di convincimento che hanno un enorme potere sulle menti più deboli.


Anche la ripetizione ossessiva e continua di riti, di cerimonie, di slogan o di affermazioni ha lo stesso potere. Lo sanno bene le religioni, che di questo vivono, e le tecniche di meditazione che ricorrono ai mantra o alle affermazioni positive per penetrare oltre la soglia della coscienza.

Ecco perché è necessario che la legge si occupi della pubblicità. Impedendo in particolare che le campagne pubblicitarie possano durare più di un certo numero di giorni e che siano pervasive. Se infatti ci troviamo su tutti i mezzi di informazione e a tutte le ore lo stesso messaggio che ci invita a compare qualcosa o a votare qualcuno, alla fine gran parte dei cittadini aderirà a quel messaggio e comprerà o voterà ciò che si impone con la pubblicità.

sabato 5 giugno 2010

"Venire alla luce"

In questa bella espressione si indica che nascere è come un’uscire da un cono d’ombra. Ciò implica che in un certo senso si esisteva già, ma che non si era visibili.


Venire alla luce in questo mondo non è un’enorme fortuna, perché il nostro non è il migliore dei mondi possibili, ma uno dei peggiori. In altri termini saremo sempre esposti a una sofferenza che supererà la gioia. Ma è comunque una fortuna, perché non è facile uscire dal mondo delle ombre ed entrare nel mondo della luce.

Ne consegue che la nostra parte di luce sarà sempre ridotta, ma che potremo e dovremo far qualcosa per espanderla. In che modo? Rimanendo in contatto con la parte luminosa di noi. Questo è ciò che chiamiamo meditazione.

giovedì 27 maggio 2010

I nuovi dei

Siamo alle solite. I ricchi chiedono sacrifici ai poveri, ma loro, i ricchi, non faranno nessun sacrificio. Pochi ricchi creano le crisi, ma molti poveri dovranno pagare. Va avanti così da secoli e millenni.


I poveri hanno un vero grande torto: sono poveri di spirito e quindi si fanno governare dai ricchi.

Ma forse si tratta di una specie della “sindrome di Stoccolma”: amore per il carnefice.

Nella parola “sacrificio” è compreso il concetto di sacro. Il rapporto con Dio è sempre stato basato su qualche forma di sacrificio. Se voglio chiedere qualcosa a Dio, devo fare un sacrificio: è qualcosa di cui mi privo per avere qualcos’altro in cambio. Ma, nel caso della politica sociale, i poveri che cosa otterranno in cambio? Già, dimenticavo: lo spettacolo del sacro, lo sfarzo in cui vive il potente. Oggi, è questo il vero sacro. Lo spettacolo. I poveri pagano per poter avere in cambio lo spettacolo dei loro nuovi dei...e sognare di poter un giorno diventare come loro.

giovedì 13 maggio 2010

L'imposizione della religione

Ciò che dà più fastidio in Italia è il tentativo di imporre la religione cattolica ad ogni costo, con le buone o con le cattive, con l’astuzia o con la coartazione. Prendiamo l’ultimo verdetto del Consiglio di Stato, in cui si dice che la frequentazione dell’ora di religione nelle scuole diventa determinante “ai fini dell’attribuzione del credito scolastico”. In sostanza chi frequenta quell’ora ha un vantaggio rispetto a chi non la frequenta. E questo è di un’ingiustizia colossale e lede il principio di uguaglianza.


Ciò che colpisce è l’astuzia “gesuitica” della sentenza. Perché si dice gli stessi criteri si applicano ai “corsi alternativi”, facendo finta di ignorare che questi corsi non esistono nella maggioranza delle scuole. Quindi, o si rendono obbligatori questi corsi in tutte le scuole, o il verdetto nuoce gravemente al principio del pluralismo religioso.

Ma il fatto è che, come ho detto all’inizio, si vuole imporre la religione e non si vuole che si possa fare una scelta personale. Questa è l’Italia del pensiero unico – quello della Chiesa cattolica.

Infatti non si tratta di un caso isolato. Lo stesso metodo è applicato all’8 per mille nella dichiarazione dei redditi. Anche qui si fa di tutto perché i soldi – o di chi non sceglie o di chi sceglie lo Stato – siano comunque convogliati alla Chiesa cattolica. Che naturalmente fa man bassa di tutto.

Sarà per questo che sulla Rete girano vari video che invitano i contribuenti a pensare bene prima di destinare l’8 per mille alla Chiesa.

Gli italiani credono che questi soldi vadano a opere di bene. Ma solo una minima parte è utilizzata in tal senso. Il resto va ad alimentare i proventi di una Chiesa che è già straricca. Tanto per dirne una, un quarto degli edifici in Italia sono di proprietà della Chiesa. A quale ovviamente non paga l’ICI, anche se il suo edificio è un albergo a quattro stelle.

Si pensi inoltre che questi soldi potrebbero andare a rendere ancora più sfarzose le cerimonie vaticane, in cui il papa si traveste da satrapo orientale, ad alimentare le campagne di disinformazione su bioetica, omosessualità e contraccezione, a risarcire le vittime dei preti pedofili o ad aumentare le ingerenze del Vaticano nella politica italiana.

venerdì 7 maggio 2010

Gli ultimi pagani

Il paganesimo, in estrema sintesi, è una commistione tra l’umano e il divino. Gli dei antichi erano esattamente questo: un’interpretazione umana (troppo umana) della trascendenza, che umana non può essere per definizione (altrimenti che trascendenza sarebbe?). Ecco perché gli dei avevano passioni simili a quelle umane e avevano lo stesso tipo di pensieri e lo stesso tipo di ragionamenti. Erano creduti immortali, ma per il resto erano uguali agli uomini.


Il problema è che non appena l’uomo pensa il divino, immediatamente lo raffigura in termini umani. Se prendiamo il cristianesimo, ritroviamo ancora questa commistione: il dio che si fa uomo, ovvero l’uomo-dio. Tutto sommato, questa religione è soltanto l’ultima espressione del paganesimo, è la prova dell’incapacità di tanti uomini di concepire davvero la divinità.

Pensiamo al mito di Gesù. Un pasticcio teologico, dove dio nasce ancora da una vergine umana, come ai tempi delle avventure erotiche di Zeus sulla Terra. E pensiamo ai riti attuali. Dove i credenti vanno ad ammirare estasiati un telo, convinti di vedere un’immagine di Gesù – cioè di Dio – rimasta in questo mondo.

Il lavoro interiore: le affermazioni positive

Se ci aspettiamo di essere calmi, equilibrati e felici solo quando le cose ci vanno bene, non appena avremo dei problemi ecco che ci sentiremo agitati, squilibrati e infelici. Saremo insomma completamente in balia degli eventi esterni.


La meditazione intende opporsi a questo stato di cose e permetterci di operare preventivamente, allo scopo di tornare ad essere padroni dei nostri stati d'animo.

Questo lavoro interiore consiste nell'elaborare stati mentali (sm) positivi in modo da poterli utilizzare sia come una barriera difensiva sia come antidoti agli sm negativi. Bisogna cioè addestarsi a suscitare sm positivi nei momenti di tregua e non appena sia possibile.

Non bastano però semplici pensieri positivi: per esempio, «io sono calmo, io sono rilassato, io sto bene, ecc». Ciò che cerchiamo non sono tanto i pensieri, le emozioni o le sensazioni positive, quanto sm positivi. Dobbiamo cioè evocare lo stato d'animo della calma, del rilassamento e del benessere, non un semplice pensiero.

Il lavoro interiore consiste proprio in questo tipo di rievocazione nei momenti in cui dovremo affrontare disagi e difficoltà. Si tratta tutto sommato di un addestramento della memoria. Nei momenti in cui saremo agitati, squilibrati e infelici, dobbiamo ricordarci degli sm opposti della calma, dell'equilibrio e della felicità. E rievocarli, ossia riviverli, riprovarli.

Ma il lavoro va fatto preventivamente, nei momenti in cui non siamo assaliti dagli sm negativi. Allora saremo come una roccia che, quando la tempesta si abbatte di sé, resta pur sempre un'isola di pace.

Se per esempio, in un momento di tregua, mi dico: «Devi essere felice, equilibrato, sano, ecc.», non basta che lo pensi, ma devo evocare lo stato d'animo corrispondente, in modo da poterlo rievocare successivamente, durante la tempesta.

giovedì 29 aprile 2010

La pratica della consapevolezza

Crediamo di poter decidere liberamente della nostra vita, crediamo di avere il libero arbitrio. E in realtà lo abbiamo. Ma per la maggior parte del tempo siamo in preda a impulsi, pensieri e sentimenti che sono i frutti di abitudini e di condizionamenti.


Crediamo di essere padroni della nostra vita, di avere almeno in questo campo la sovranità su noi stessi. Tuttavia non è così. Ciò che proviamo, pensiamo e facciamo non è qualcosa che abbiamo liberamente deciso, ma una reazione a qualcosa che ci viene dall’esterno, dagli altri e da zone nascoste del nostro essere.

Di questo dobbiamo essere consapevoli. Questo è il primo passo per esercitare davvero il libero arbitrio. Facciamoci caso: quella reazione di odio, di rabbia o di paura è qualcosa che abbiamo voluto o qualcosa che ci viene imposto dalle circostanze? Se sappiamo osservarci, scopriremmo di essere per lo più in balia di circostanze indipendenti dalla nostra volontà.

Con la pratica della consapevolezza, ci rendiamo conto che non siamo affatto padroni di noi stessi, ma che siamo come palline che si muovono in base agli urti che ricevono.

Eppure c’è un modo per cambiare la situazione. Sviluppare una pratica della consapevolezza che ci permetta 1) di vederci, 2) di staccarci dalla situazione e 3) di introdurre volontariamente stati d’animo di equilibrio, di saggezza, di calma e di comprensione. È con questo cambiamento del clima del nostro essere che possiamo diventare padroni di noi stessi. È in questo modo che possiamo passare da uno stato di dipendenza e di condizionamento a una condizione di libertà e di padronanza.

domenica 25 aprile 2010

Tempo di pellegrinaggi

Vanno a Lourdes, vanno a san Giovanni Rotondo, vanno alla Mecca, vanno in mille altri santuari. Ma mancano sempre l’obiettivo: non giungono mai al centro di se stessi, dove si trova l’unico vero santuario.


Questa è la differenza tra le religioni dell’esteriorità e la religione dell’interiorità.

L’uomo ha raggiunto ogni angolo della Terra, ed è andato anche sulla Luna, ma non ha ancora conquistato il proprio spazio interiore. Ecco perché la nostra civiltà è basata sui beni esteriori e sull’apparenza. Ed ecco perché il Dio di queste religioni sta sempre al di fuori degli uomini – al di sopra o al di là. Mai nel suo posto giusto: al centro dell’anima.

venerdì 23 aprile 2010

Papi oscurantisti

Ecco alcune della critiche che il teologo Hans Küng rivolge all’attuale papa:


– Ha lasciato perdere il riavvicinamento alle chiese evangeliche

– Non ha più dialogato con gli ebrei. Anzi ha riammesso vescovi antisemiti e sostiene la beatificazione di Pio XII.

– Ha lasciato perdere ogni dialogo con i musulmani.

– Ha lasciato perdere la riconciliazione con i nativi del Sud America, arrivando a sostenere che quei popoli desiderassero accogliere la religione dei loro conquistatori.

– In Africa non ha fatto nulla contro la sovrappopolazione e l’AIDS, negando l’uso del preservativo e della contraccezione.

– È entrato in conflitto con la scienza moderna.

– Ha rifiutato lo spirito del concilio Vaticano II.

– Ha accolto nella Chiesa vescovi tradizionalisti.

– Ha caldeggiato la messa medievale tridentina.

– È entrato in conflitto con la chiesa anglicana cercando si sottrarle sacerdoti sposati.

– Appoggia tutte le forze anticonciliari.

– Cerca di soffocare ogni critica nell’episcopato.

– Ha ripreso cerimonie di sfarzo barocco.

– Ha occultato gli abusi sessuali dei preti quando era prefetto delle Congregazione romana per la Dottrina della fede (dal 1981 al 2005), eccetera, eccetera.

Insomma, si può ben concludere che questo è uno dei papi più oscurantisti della storia della Chiesa. Evidentemente non c’è solo l’economia che andando indietro, ma anche la religione.

martedì 20 aprile 2010

La campana della consapevolezza

Nei monasteri zen, ogni tanto si suona una campana per richiamare tutti alla consapevolezza. Nella nostra vita quotidiana, la mente lavora in continuazione per risolvere problemi pratici e per mille altri motivi. Ma non per essere consapevoli. Ed ecco allora l’utilità di qualche strumento per ricordarci non di pensare a questo o quel problema, ma di essere presenti – di essere semplicemente presenti qui e ora.


Per chi vuol meditare, è necessario un richiamo del genere più volte in una giornata. Per ricordarcene, si può stabilire qualche regola: per esempio ogni ora, ogni due ore o in determinati orari. Oppure dopo ogni telefonata, o prima di ogni pasto, ecc. Insomma, praticare la presenza mentale non durante una meditazione formale, magari anche lunga, ma più volte.

Ecco che suona la campana. E io smetto per un po’ di fare e di pensare qualunque cosa, e mi metto a essere consapevole di essere...Sono qui, sono vivo, sono presente e sono consapevole. E questa consapevolezza fa di me ciò che sono.

È anche una forma di decantazione, di purificazione, di chiarificazione, di sviluppo della coscienza.

domenica 18 aprile 2010

Padroni della vita

Senza una legge sul testamento biologico ci viene tolta la libertà di scegliere come morire. Ma è proprio a questo che tende l’oscurantismo religioso: impedirci di essere padroni della nostra vita e della nostra morte. Come nei peggiori regimi totalitari.


Ma se l’uomo non è padrone della propria vita, qualcun altro lo è. Questo è terribile. Perché vuol dire che siamo soltanto degli schiavi. Si dice: Dio è padre. Ma neppure un padre è padrone della vita dei figli. Il padre dà la vita ai figli, e poi i figli ne fanno quel che vogliono. Se non è così, Dio non è padre. È un dittatore.

Forse i fondamentalisti vogliono proprio questo: un dittatore.

Il peggior peccato

Il papa parla dei peccati dei cristiani. Ma il peggiore di tutti è quello di credere di parlare in nome di Dio, è quello di credersi gli unici depositari della verità e della salvezza. Quale superbia e arroganza può essere superiore a questa?


Qui l’unica penitenza possibile è riconoscere il proprio peccato d’orgoglio.

venerdì 16 aprile 2010

Penitenze

Il papa invita i cristiani a fare penitenza. Ma che cos’è la penitenza? Fare un fioretto, dire cento “ave maria”, spostare un pedofilo da un luogo all’altro? Oppure diventare consapevoli dei propri errori?


Questo è proprio il punto: la Chiesa risponde con arroganza, utilizzando il linguaggio della “lesa maestà”, alle accuse che le vengono rivolte. Ma le manca la volontà o la capacità di diventare consapevole dei propri errori. È infatti abbarbicata ai propri dogmi, alle proprie certezze.

E quando non c’è l'umiltà di rimettere tutto in discussione, anche le penitenze restano superficiali.
Questa è la differenza tra una religione, con le sue strutture rigide e le sue "verità rivelate", e la meditazione.

mercoledì 14 aprile 2010

Reati e peccati

La Chiesa ha sempre avuto la tendenza a considerare peccati quelli che sono anche reati, e quindi a risolverli nel proprio ambito. Un errore madornale. Basato sul non riconoscimento del potere statale, sulla presunzione di poter costituire uno Stato nello Stato, dotato di proprie leggi e propri tribunali. “Date a Cesare quel che è di Cesare...” dove è finito?

venerdì 9 aprile 2010

Voler credere

Quando sento di tutto questo fervore intorno a un lenzuolo (la “sacra sindone”) che avrebbe avvolto il corpo di Gesù o che, molto probabilmente, è un falso medievale, mi vengono in mente le parole di Nietzsche: “Il cristianesimo ha, nel fondo, alcune finezze che appartengono all'Oriente. Innanzitutto sa che è in sé del tutto irrilevante che una cosa sia vera, e sa invece che è della massima importanza in che misura essa sia creduta vera. La verità e la fede nella verità di qualche cosa: due sfere d'interesse del tutto estranee l'una all'altra, sfere quasi antitetiche”.

I benefici della meditazione

Finalmente anche negli ospedali italiani incomincia a essere introdotta la meditazione come ausilio ai processi di guarigione (anche di malattie gravi). È infatti accertato che con questa pratica diminuiscono i livelli di cortisolo e di adrenalina, prodotti dallo stress, e aumentano le endorfine e gli ormoni che favoriscono il sonno e l’autostima. Dunque, i benefici della meditazione non sono solo spirituali, ma anche fisiologici.

domenica 4 aprile 2010

Gli ultimi pagani

Quando leggo la mitologia greca, mi colpiscono le avventure di Zeus che si accoppia con donne mortali per dar vita a esseri metà uomini e metà dei. Con il cristianesimo, la mitologia non è cambiata: siamo ancora al Dio che si accoppia con una vergine terrestre per dar vita a un essere metà uomo e metà Dio. Insomma,il cristianesimo è soltanto l’ultimo atto del paganesimo. Abbiamo ridotto il numero degli dei, ma siamo ancora su quel piano. Il che è inevitabile, perché le religioni non nascono dal nulla, ma da altre religioni preesistenti. E qui siamo ancora al paganesimo, alla religione degli dei che scendono sulla Terra.


Questo ci dà un’idea del livello infantile cui si trova lo sviluppo dell’umanità.

Per uno Stato laico

Il papa ripete che l’obiezione di coscienza all’aborto è un diritto e un dovere dei cattolici. E nessuno glielo toglie. Ma Perché i cattolici vogliono togliere il diritto all’aborto a quelli che non la pensano come loro?


Certi ministri cattolici dicono che devono rispondere alla loro etica (che è in realtà l’etica della Chiesa, discutibile come tutte le altre). Ma perché vogliono impedire che anche gli altri abbiano una loro etica? E se un domani venisse eletto un ministro musulmano, chi gli impedirebbe, seguendo questa logica, di imporre agli altri la propria visione e decidere che tutte le donne debbano andare in giro velate?

In realtà, in campo etico, non può esserci qualcuno che impone la propria convinzione. Questa è la posizione d’ogni fascismo e anche d’ogni fondamentalismo religioso. Manteniamo lo Stato laico.

Tutti santi

Ormai tutti gli ultimi papi, per il fatto stesso di essere stati papi, vengono fatti santi. E sempre per motivazioni politiche.


Ma, in tal modo, la Chiesa svaluta il titolo di santità. Se tutti sono santi, nessuno è santo davvero.

Il culto delle reliquie

Fra un po’ ci sarà l’ostensione della Sindone a Torino, e qualcuno si chiede perché i cristiani abbiano tanto bisogno di questo culto delle reliquie, molte delle quali sono chiaramente false.


La risposta è che il cristianesimo è orfano di realtà, nel senso che è una religione che non ha nessun fondamento certo, a partire dall’esistenza del suo stesso fondatore.

Ecco perché il cristiano si attacca a tutto ciò che una qualche fisicità...chiodi, sangue pezzi di legno, costole, spine e lenzuoli vari.

Ma è una situazione disperata. Alla ricerca dell’arca perduta, o forse mai avuta.

giovedì 1 aprile 2010

Nuovo oscurantismo

Appena eletti governatori, i leghisti Cota e Zaia ci danno un anticipo dell’oscurantismo delle loro idee, e dichiarano che faranno di tutto per impedire la distribuzione della pillola antiabortiva RU486 nelle loro regioni...che così diventeranno le più arretrate d’Italia e d’Europa. Chissà se i loro elettori sono d’accordo, o se si sono già pentiti.


Nessuna novità, insomma. La destra assume di peso la posizione della Chiesa. Il cui scopo è: impedire alle donne un esercizio autonomo delle nascite e ridurle, se possibile, allo stato delle donne musulmane. Insomma, è il nuovo che avanza...certo, radicato nel territorio, magari in quello delle valli dove regna il cretinismo. Sì, perché impedire la distribuzione della pillola non significa ridurre gli aborti, ma portare le donne, che proprio vogliono abortire, a farsi squartare sui tavoli operatori.

Questa sarebbe la cosiddetta “difesa della vita.” E le donne li votano (a proposito, è diminuito il numero delle donne elette)! Quello che non entra in testa ai leghisti è il concetto di democrazia. Non vogliono che la gente decida con la propria testa: vogliono decidere loro per tutti. Ma questo piace tanto. Perché, in fondo, l’italiota che vota questa gente non vuole sforzarsi di pensare, ma vuole che qualcuno pensi e decida per lui.

Aborto e crimini sociali

Che l’aborto sia il peggior delitto è naturalmente un’invenzione della Chiesa, tant’è vero che in tutti gli Stati moderni è permesso entro certi limiti. Quale scala di valori si adotta infatti per stabilire la gravità di un peccato? Tutto dipende da come si risponde a questa domanda. Se, per esempio, adottiamo il criterio della sofferenza, dobbiamo concludere che la sofferenza sociale provocata da un aborto, eseguito in privato, è infinitamente minore di quella provocata dalla pedofilia, dal razzismo o dallo sfruttamento sociale.


Se pensiamo all’attuale crisi mondiale e alle sofferenze provocate a milioni di persone da pochi speculatori finanziari, dobbiamo dire che questa sofferenze sono enormemente superiori a quelle provocate da qualunque donna che abortisca.

Perché allora la Chiesa se la prende con l’aborto? Perché, dice, è un peccato contro la vita. Ma si tratta di un’astrazione. Se per esempio il feto è affetto da gravi patologie, è molto meglio abortire che mettere al mondo un essere che dovrà soffrire moltissimo. Come, si vede, non è vero che la vita sia un diritto. Semmai, dovrebbe essere un diritto una “vita serena”. Ma a questo si oppongono appunto i ben più gravi peccati sociali dei razzisti, dei pedofili e degli sfruttatori che rendono un inferno l’esistenza di milioni di persone.

Forse la Chiesa se la prende tanto con l’aborto per cercare di rimettere in riga le donne, la cui emancipazione è considerata (come in tutte le religioni paternalistiche e maschiliste) la minaccia maggiore ai valori della sottomissione e dell’ubbidienza (al potere dei preti). O forse lo fa anche per distogliere da sé l’attenzione del mondo che vede nei preti pedofili uno dei più gravi pericoli per la società. Si sa come vanno queste cose: per nascondere la trave nel proprio occhio, si grida alla pagliuzza negli occhi degli altri. D’altronde, se non si crea un senso di colpa nelle anime, come si fa dominarle?

martedì 30 marzo 2010

Voto di scambio

Alemanno e altri ringraziano pubblicamente la Chiesa per l’appoggio dato alla destra. E la Chiesa si dichiara pronta a collaborare con la nuova maggioranza.


Ma non esisteva il Concordato in base al quale la Chiesa si impegnava a non prendere parte alla lotta politica?

Allora, a che cosa serve il Concordato?

Ah, già, a dare alla Chiesa un mucchio di soldi senza alcuna contropartita.

Preti corrotti

Cercavano l’Anticristo all’esterno. E invece era dentro di loro.

lunedì 29 marzo 2010

I veggenti

Pedofili, cadaveri sepolti nelle chiese, collusioni con la Mafia, continua ricerca del potere e del denaro...


Ogni tanto qualche veggente, qualche pseudoprofeta, preannuncia una crisi della Chiesa, dovuta a persecuzioni e all’Anticristo.

Poveretti, non hanno mai capito che l’Anticristo è nella Chiesa – è la Chiesa...in quanto tradimento del Cristo. Se chi parla in nome del Cristo è colui che ha tradito il suo messaggio, quale altro Anticristo si cerca?

Qui sta tutto il problema. Si cerca sempre fuori ciò che sta dentro.

venerdì 26 marzo 2010

Morti e vivi

L’idea che la verità possa essere espressa da qualche dogma è una delle più stupide del mondo. È per questo che le religioni sono residui del passato, tracce di una spiritualità perduta. La spiritualità è sempre qualcosa di vivo, la religione è come una lingua morta.


La religione è la presunzione di avere la risposta, la spiritualità è l’umiltà della domanda. “Dio non è il Dio dei morti” diceva qualcuno. “Ma il Dio dei vivi.”

giovedì 25 marzo 2010

Gli oscurantisti

Nel 18° secolo gli oscurantisti erano coloro che si opponevano all’Illuminismo. L’oscurantismo non è mai morto, e ancora oggi è presente nelle nostre società, e c’è qualcuno tra i politici che se la prende tuttora con gli illuministi del settecento e con la rivoluzione francese, colpevole a suo dire di aver abbattuto gli sfruttatori del popolo: i nobili e il clero. Nel contrasto tra buio e luce, gli oscurantisti sono coloro che vogliono tenere gli uomini all’oscuro, che vogliono impedire che gli individui pensino con la loro testa.


Che cosa fanno gli oscurantisti? Oscurano. Fa parte del loro istinto primario. Per esempio, oggi, in Italia, in piena campagna elettorale, hanno oscurato i talk-show televisivi che parlavano di politica.

In campo religioso, gli oscurantisti sono coloro che propagandano le religioni del Dio-Padrone e Signore. Per essi, non c’è da discutere, ma solo ubbidire e sottomettersi...prima al Padrone Superiore, poi alla religione e infine ai padroni di questa terra. In sostanza sono i conservatori, che spesso sono clericali.

L’alleanza tra conservatori e clericali è il fondamento della cultura oscurantista.

In pratica, tutte le religioni sono oscurantiste, perché presentano i loro principi in maniera dogmatica. Tranne il buddhismo, che non per nulla è ateo.

Un recente studio dello psicologo Satoshi Kanazawa ha messo in luce come il contrasto tra conservatori e progressisti dipenda dal DNA, cioè sia inscritto nei geni. Il conservatorismo (con un’alta attività dell’amigdala) implica un maggior attaccamento al gruppo sociale di appartenenza, il conseguente razzismo e paure irrazionali che portano ad una religione superstiziosa. I progressisti, invece, avendo una maggior attività nella corteccia cingolata anteriore, hanno una minore impulsività e un maggiore capacità di riflessione.

Come si vede, abbiamo due tipi di individui: l’uno meno evoluto e l’altro più razionale. Semplificando, potremmo dire che il primo è un conservatore oscurantista, mentre il secondo è un progressista.

E di nuovo si conferma che la religione è una forma inferiore di spiritualità, in particolare di quella spiritualità che è capace ancora di porsi domande.