La maggior parte delle persone non ha consapevolezza delle attività della propria mente. Non pensa, ma è abitata dai pensieri. Così non è neppure in grado di riconoscere l'origine dei propri stati d'animo e quindi non sa che cosa migliori o peggiori il proprio umore.
Il riconoscimento, la consapevolezza, è dunque il primo passo da compiere. Bisogna porsi in un atteggiamento di osservazione ed esaminare "dall'esterno" ciò che avviene nella propria mente, così come faremmo per un estraneo. Non c'è bisogno di soffermarsi a lungo, basta un attimo di consapevolezza. Che cosa penso? che cosa provo? che cosa provoca questo stato d'animo, a che cosa porta questo stato d'animo?
Ma al di là dell'aspetto spirituale del "conosci te stesso", un simile atteggiamento è una prima forma di psicoterapia, ciò che permette un maggior benessere interiore. Si tenga infatti presente che, senza questa opera di riconoscimento, saremo abitati soprattutto dalla sofferenza, dalla malattia, dalla ripetitività compulsiva e dalla confusione; saremo abitati dai condizionamenti, dagli istinti e dai meccanismi automatici mentali. Perché una mente non coltivata, una mente lasciata a se stessa, si pone inevitabilmente al suo livello più basso e più negativo.
Per essere felici o sereni, occorre lavorare su di sé. Ma il premio è sicuro.
Alle persone che non sappiano compiere questo lavoro su di sé, seppure a un livello minimo, non dovrebbe essere affidato nessun incarico importante e men che meno un incarico pubblico, perché, essendo in balia dei propri stati umorali e dei propri meccanismi automatici, mancherebbero di comprensione, di autocontrollo e sarebbero un pericolo per tutti.
Ogni avanzamento, ogni progresso, ogni scoperta, ogni salto evolutivo - e lo stesso metodo scientifico - sono basati sul metodo dell'osservazione, che è il giudice ultimo di come stanno le cose. In questo campo non ci sono miracoli che tengano, ma solo un lavoro continuo.
Conoscere i propri pensieri, i propri sentimenti e i propri stati d'animo (conoscere senza giudicare) non significa conoscere se stessi, ossia avere un'idea complessiva di come si è. Si tratta solo dei primi mattoni per conoscersi. La conoscenza sintetica arriverà più tardi, quando si sarà in grado di mettere i mattoni insieme; e può darsi che qualcosa sfugga sempre, anche perché alcuni aspetti restano inconsci.
Comunque, anche avere un'idea solo parziale di ciò che avviene in noi in un dato momento è molto importante, perché a lungo andare potremo scoprire che cosa si ripete regolarmente e perciò rilevare impulsi, complessi e meccanismi profondi che vengono da lontano. E a poco a poco correggerli.
E' inutile pregare Dio se non si conosce se stessi.
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