C’è un deficit di riflessione nella tendenza che porta i cittadini comuni a ritenere che i loro problemi possano essere risolti da una deriva autoritaria, affidandosi cioè a un solo uomo. Ammesso che esista un uomo del genere – un uomo interessato al bene comune e non al bene personale –, questo leader sarebbe sempre più solo e lontano dalla realtà dei suoi concittadini.
Il ricco, il potente, è già psicologicamente ed eticamente diverso da coloro che deve governare. I suoi interessi e i suoi bisogni sono diversi dagli interessi e dai bisogni degli uomini comuni.
In realtà, nessun “principe”, nessun dittatore, nessun sultano, ha mai fatto gli interessi dei cittadini. Gli interessi dei cittadini possono essere compresi solo dai cittadini stessi. E costoro possono delegare temporaneamente qualcuno a rappresentarli. Ma niente di più. Se la delega si allunga nel tempo, automaticamente si forma un uomo e una classe di potere, che non si occuperà più dei problemi dei governati.
Ognuno deve cercare di governare se stesso – per più tempo possibile: questa è l’unica via. Quando invece si rinuncia ad un tale autogoverno e lo si delega all’esterno, si crea un scissione all’interno dell’individuo, una forma di alienazione, che porta inevitabilmente a sistemi politici autoritari. In pratica, è la scissione interiore dei singoli che sta alla base dei regimi non democratici.
A queste conseguenze deleterie porta il non conoscere se stessi, il non riuscire a riflettere, l’incapacità di meditare. Sia in campo politico sia in campo religioso, l’autoritarismo nasce da una rinuncia dell’individuo alla conoscenza e alla gestione di sé.
Nessun commento:
Posta un commento