Le
religioni non smettono mai di stupire per la loro carica di violenza, più o
meno sotterranea, più o meno dissimulata. E non mi riferisco solo ai vari
terrorismi d’ispirazione religiosa, ma soprattutto a certe violenze sulle
coscienze. Per esempio, nella Chiesa cattolica, qualcuno ha pensato bene di
spostare l’età della prima comunione a sette anni. Perché mai? Forse perché a
sette anni non si può avere nessun senso critico e si accettano meglio le
verità rivelate? Certo, in questo sforzo di condizionamento precoce, la palma
della violenza psicologica spetta al battesimo, in cui addirittura il neonato
viene marchiato con una cerimonia di appartenenza. Nessuno pretende una
partecipazione consapevole. Al contrario! Più sono inconsapevoli, meglio
possono essere indottrinati.
La volontà di prevaricazione dei
religiosi di professione è infinita, e parte sempre dalla convinzione di essere
i depositari di qualche verità, addirittura gli unici mediatori e interpreti
della volontà divina. Interpreti interessati, perché a loro poi spetta una
parte del potere con cui alcuni uomini dominano gli altri uomini. A questa
volontà di potere fa da contrappunto la volontà di sottomissione delle grandi
masse di fedeli, i quali arrivano a credere che, per esempio, Dio si metta a
verificare se i morti siano circoncisi o battezzati o se abbiano osservato un
mese di digiuno. Saremmo nel ridicolo, se non fossimo nel tragico
dell’ignoranza umana.
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