Nel
buddhismo tibetano esistono varie classificazioni su molti aspetti del
funzionamento mentale che ci possono essere utili ancora oggi per distinguere e
capire i nostri comportamenti. Per esempio, si classificano le virtù, ma anche
le non virtù. E fra le non virtù ci sono quelle che riguardano
la parola.
La prima è
la menzogna, la seconda è la parola che crea disarmonia, la terza è la parola aspra
e la quarta è la chiacchiera inutile. Se applichiamo questa classificazioni
agli uomini di oggi e a noi stessi, chi si salva? Quante volte, con le parole,
diciamo bugie, creiamo conflitti, trattiamo male, offendiamo o insultiamo?
Molte volte certamente.
Ma le
chiacchiere inutili o oziose? Qui non si salva nessuno. Perché noi non abbiamo
più un’idea del valore, della funzione e della preziosità delle parole. Noi
parliamo tanto per parlare e sprechiamo questa fondamentale risorsa, che è in
grado di cambiare il mondo, in bene o in male.
Se avessimo
le parole contate, diventeremmo improvvisamente consapevoli della funzione
sacra della parola e non la sprecheremmo a casaccio.
Impariamo
per lo meno a stare a lungo in silenzio. Allora ci appariranno chiare la vanità,
l’inutilità e la dannosità di tante parole. E parleremmo pesandole, una ad una.
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