Poiché non è facile farsi un’idea personale della nostra posizione e della
nostra funzione nel mondo, ecco che si presentano le religioni. Che dicono:
“Noi lo sappiamo, fidati di noi, seguici - basta questo”.
In tal senso le religioni si presentano
come vie predefinite alla trascendenza, ai misteri della vita. Ma un tale
atteggiamento ricorda quello del Serpente nel Paradiso terrestre: fidati di me,
mangia questo e avrai risolto i tuoi problemi con la vita!
Nessuna ricerca personale, nessuno
sforzo. Basta che ti conformi, basta che osservi le prescrizioni che noi ti
diamo, i riti e le cerimonie… e sarai salvo.
Troppo semplice, troppo facile.
In realtà, nessuna esperienza è
significativa se non viene fatta in prima persona. Così la fede è qualcosa di
immorale, perché è immorale credere senza averne le prove. O, forse, più che
immorale, è un forma di alienazione. Tu non sai chi sei e che cosa fai in
questa vita, ma, se ti fidi di noi, della via predefinita che noi ti offriamo,
potrai saperlo.
Ma le cose non funzionano così. Se non
ti impegni personalmente, dedicando tempo ed energie, resterai quel mezzo uomo
che sei – un uomo che non sa chi è finché non si impegna a saperlo, finché non
si autodetermina.
Mentre la religione ti invita a fidarti,
la meditazione ti invita a cercare personalmente per autodeterminarti. Il
metodo sperimentale (fare esperienza in prima persona) è l’unico che possa fondare
la tua identità.
Se segui le religioni avrai un’identità
di massa (cioè è sicuro che non sarai te stesso ma ciò che qualcuno vuole che
tu sia). Solo se cerchi e sperimenti personalmente potrai avere una tua
identità. Perché l’identità non può che essere qualcosa di individuale.
Come diceva l’Apollo delfico: “Conosci
te stesso e conoscerai te stesso e Dio”. Ma devi partire da te stesso, l’unico
ente che puoi conoscere dato che lo sei. Se parti da Dio (ossia da ciò che la
religione ti dice di Dio), non conoscerai né te stesso né Dio.
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