Nelle
religioni teiste, quando si prega, si è convinti che esista un qualche potere esterno da rabbonire o da
ingraziarsi. Se esistesse una figura del genere, un Signore onnipotente, responsabile di tutto, è chiaro che sarebbe
conveniente stabilire con esso una relazione privilegiata, in modo da ottenere
qualche protezione o qualche beneficio. Nasce così la preghiera, che è un
tentativo, un po’ untuoso e vergognoso, con cui il povero cerca appoggio e
sostegno presso il potente. Naturalmente deve prostrarsi e rinunciare alla
propria dignità. E, se ha delle buone conoscenze, è bene cercare
raccomandazioni.
Il sistema
sarebbe abbastanza ignobile, umiliante e soprattutto inutile se non fosse che l’orante,
mentre cerca protezione dall’Alto, svela e mobilita le proprie aspirazioni e
forze più profonde. Dunque, pur sbagliando il bersaglio, può ottenere lo stesso
dei benefici.
In fondo,
tutto ciò che è esteriore è stato prima interiore, è una proiezione di
un’interiorità universale. Ogni cosa si sviluppa dall’interno, proprio come un
seme che ha già in sé tutte le potenzialità per crescere.
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