sabato 7 dicembre 2019

Paura di morire


Alla fin fine, la paura della morte nasconde una forma di attaccamento - alla vita, all’io, a ciò che siamo temporaneamente.
Noi consideriamo la vita la prima delle nostre proprietà, qualcosa di cui non vorremmo mai privarci, insieme agli amanti, ai soldi, alle case, ai terreni, ecc. Come se l’avessimo comprata, con tanto di contratto di proprietà.
Ma chi sarebbe l’altro contraente? Avete mai firmato un contratto del genere?
Quando perciò si avvicina il momento della morte o si affaccia il suo pensiero, veniamo assaliti da un senso di terrore. Verremo privati degli amanti, dei soldi, delle case, dei terreni e… della vita stessa. Per i beni terreni, sappiamo che andranno a finire in mani altrui e, per l’io, sappiamo che potrà venir cancellato.
Ecco perché pensiamo subito che sarebbe bello poter rinascere o poter continuare a vivere in qualche paradiso. Qualche volta accetteremmo anche l’inferno, pur di non perdere la nostra identità, il senso di essere un io.
Questo ci dice che l’io è per lo più un “tenersi stretti”, un lottare contro tutti e tutto per conservare qualcosa. Ma se la nostra identità corrisponde a un pugno stretto, non lamentiamoci poi se ci fa male e ci fa soffrire, trasformandoci in paranoici pieni di paure. Tutto e tutti possono portarcelo via.
Il fatto è che, nell'intera vita, ci hanno abituato a lottare, a resistere, a conquistare, ad accaparrare e a sopravvivere ad ogni costo. E nessuno ci insegna a lasciar andare, a diminuire, a perdere.
Solo l’antico saggio taoista ci ripeteva che, “sulla via del Tao, chi acquisisce perde e chi perde acquisisce”.
Ogni tanto, dunque, addestriamoci a lasciar andare, a lasciar perdere… anche noi stessi e questa piccola, ringhiosa e sofferente identità. È il nostro destino.
Forse acquisiremo davvero qualcosa di meno limitato.

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