Per dichiararsi atei, bisogna prima chiedersi a quale immagine di
Dio non si crede. Perché si può non credere ad una certa immagine di Dio e
credere ad un'altra. Se qualcuno ti domanda: "Credi in Dio?", è bene
rispondere: "Spiegami prima che cos'è Dio per te". E se ti viene
detto: "Dio è il creatore", possiamo rispondere: "Se il mondo è qualcosa
di creato, allora il suo Creatore è responsabile anche di tutto ciò che non va
e non è più tanto buono”.
"Credi allora all'unità di tutte le cose?"
A questo possiamo
credere, dato che corrisponde ad una nostra esperienza e alla logica delle
cose. E possiamo anche chiamarlo Dio. Ma non è più il Dio di prima: è un'altra
immagine - Dio come unità, come Uno.
Comunque, credere che
questo Uno abbia mandato un profeta o un Messia a rappresentarlo e che abbia
voluto istituire una certa religione, be' questo è infantilismo teologico - e
nessuno potrà mai dimostrare che è vero.
Nel campo della fede,
si può credere a qualunque cosa e si è creduto a qualunque cosa. Perché a
questo serve la fede: a credere in ciò che non si può dimostrare. E qui siamo
su un piano scivoloso, dove chiunque può fare affermazioni senza provare nulla
o sparare qualunque idiozia. L’indù può anche dire che lui crede ad un Dio a
forma di elefante. Allora, diffidare è un dovere.
Ecco dunque
un'importante distinzione: un conto è spingere a credere in qualcosa di
indimostrabile e un altro conto è spingere a pensare con la propria testa e a
fare le proprie esperienze. Tutto va verificato di persona, e, se non può
essere verificato, non può che restare dubbio. Nessuno può costringerci a
credere.
Ma si può verificare
di persona che Dio esista? Ecco il punto. Se ci immaginiamo che Dio sia
qualcosa di esterno a noi, come uno degli Dei o una Persona divina, non è
possibile verificarlo – dovremmo incontrarlo. Ma se pensiamo che Dio sia
qualcosa di interiore, allora dobbiamo e possiamo.
In fondo tutte le cose
nascono e si sviluppano dall’interno, e solo in un secondo momento hanno
bisogno dell’esterno.
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