In meditazione
ci dobbiamo concentrare sulle nostre esperienze concrete, non sulle idee. Anzi
dobbiamo proprio distinguere i fatti dalle opinioni.
Per esempio
si parla di infinito, ma tutte le nostre esperienze sono finite. Si parla di
eternità, ma noi viviamo sempre in un tempo limitato. Si parla di anima e di
Dio, ma noi non sappiamo minimamente che cosa siano. Si parla di morte, ma noi
la vediamo solo negli altri; in noi troviamo vuoti e mancanze che però non sono
definitivi. E, in effetti, la morte dovrebbe essere proprio la fine di ogni esperienza:
come fare ad esperirla in vita?
In tutti
questi casi utilizziamo concetti astratti e supposizioni. Ma la realtà
quotidiana è un’altra cosa.
Però queste
idee non nascono a caso. Per esempio, i concetti di paradiso e inferno nascono
da esperienze concrete rispettivamente da momenti di estasi e da momenti di
dolore. Solo che la nostra mente li interpreta come luoghi concreti.
In
meditazione dobbiamo imparare a stare nella realtà e distinguere ciò che pensiamo
da ciò che percepiamo. I pensieri sono spesso pure astrazioni o proiezioni.
Domandiamoci dunque: che cos’è questo? È un’esperienza che sto facendo qui e
ora, o è una mia elucubrazione.
Anche per
il concetto di illuminazione dobbiamo stare attenti. Noi non sappiamo che cosa
sia la grande illuminazione spirituale. Ma talvolta abbiamo esperienze di comprensione
o di intuizione che ci risolvono un problema. Anche qui dobbiamo distinguere la
realtà dalle fantasie. Stiamo sul concreto.
In tal
senso la meditazione è un esercizio che ci aiuta a uscire dalla confusione
mentale, in cui i fatti sono inquinati dalle opinioni e dalle fantasie, per
ritrovare il contatto con la realtà.
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