Nel buddhismo tibetano esiste un via
immediata di auto-liberazione che consiste non nel fare o praticare
qualcosa, ma nel non fare assolutamente nulla, in modo da riportare la mente al
suo stato naturale, connotato da limpidezza, trasparenza, lucidità, apertura.
Il metodo comporta non utilizzare
nessun genere di artificio, di distrazione, di tecnica e di sforzo.
Il presupposto è che lo stato naturale
della mente è già sostanziato di chiarezza e che sono proprio le nostre
attività mentali che lo intorbidano – un’idea che sotto varie forme è sempre
alla base della meditazione. La meditazione è più un liberarsi da, uno spogliarsi
di che non un aggiungere qualcosa o un forzare in qualche modo. Non c’è tecnica
che tenga – la tecnica è una non-tecnica.
La mente è originariamente vuota e aperta,
chiara e lucida, ed è naturalmente intelligente e libera. Siamo noi che la ostruiamo,
la inquiniamo e la confondiamo con tutti i nostri condizionamenti, i nostri
desideri, le nostre passioni, le nostre pretese e le nostre speranze.
Il “metodo” consisterà dunque nel liberarci
dei pensieri e delle emozioni.
La prima cosa da fare è rilassare il
corpo, che, in conseguenza dei nostri pensieri, è sempre teso. Molto importante
è percepire le tensioni del viso: quasi tutti stringiamo la bocca, i denti, la
mascella o questo o quel muscolo della faccia. Anche intorno agli occhi esistono
spesso tensioni e contrazioni, che bisogna sentire e lasciar andare. Poi si
passerà al torace, alla pancia, alle braccia e alle gambe.
Prima lasciamo andare i muscoli del
corpo e quindi le tensioni della mente.
Se compare un pensiero, riconosciamolo
come tale e lasciamolo andare – come viene, così se ne va… se non ci
attacchiamo. Lo stesso facciamo con le sensazioni, i concetti, i sentimenti e
le emozioni. Le onde passano sulla roccia, ma, una volta arrivate, rifluiscono
indietro e la roccia ritorna libera.
Dobbiamo non sforzarci, ma vedere e non
interferire. Le stesse passioni sono sì perturbanti, ma, se le lasciamo andare
senza attaccarci ad esse, possiamo utilizzare la loro energia. Così per il
desiderio, la collera, l’orgoglio, l’invidia, ecc. Non dobbiamo né esprimerle né
reprimerle, ma sperimentare la loro essenza, che è sempre un impulso
energetico, un’onda, una vibrazione.
Se non diamo seguito a questi impulsi,
riportiamo la mente al suo stato naturale, che è presenza lucida e felice.
“Non
pensare, non concettualizzare.
Rimani
nella distensione naturale, senza sforzi.
Nell’assenza
di ogni interferenza,
si
realizza la natura innata.
Questa
è la via seguita
dai
Vittoriosi dei tre tempi”
Nagarjuna
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