mercoledì 27 novembre 2019

L'irrealtà


Quando qualcuno sogna, per lui la realtà è quella. Se sogna qualcosa di spaventoso, prova una paura reale, tanto che il suo cuore batte all’impazzata, ecc.
       Ma, quando si sveglia, si accorge che la paura provata era irreale. E non solo era irreale, ma era anche prodotta da lui stesso.
       Ecco qui spiegato il meccanismo illusorio della “realtà”. È la mente che crea o connota le esperienze. Se, nel buio, mi imbatto in qualcosa che mi sembra un serpente, mentre è una corda, io provo paura come se ci fosse veramente il serpente.
       Così le nostre esperienze ci sembrano fondate, oggettive, anche quando sono soltanto nostre proiezioni.
       Qual è allora il piano ultimo della realtà? Quello dello stato di veglia? Ma chi ci assicura che non sia anche questo un’illusione, come le esperienze immaginarie del serpente o del sogno?
       Il problema è riconoscere la natura delle nostre esperienze. Niente ci assicura che anche queste non siano uno stato di sogno e che un giorno ci sveglieremo e ci troveremo su un altro piano.
       Noi siamo sempre convinti che le cose siano reali e oggettive, salvo poi accorgerci che sono semplici apparenze o illusioni.
       Naturalmente, tutto è reale – anche un sogno. Ma esistono diversi livelli di realtà. Non possiamo escludere che anche la morte sia un altro tipo di salto o di passaggio e che la vita che credevamo reale si riveli anch’essa una specie di sogno.
       Come fare ad avere qualche certezza?
Resta il fatto che noi, ignari di tutto, ci fidiamo di questo stato di realtà e ci attacchiamo alle cose, anche se potrebbero essere inconsistenti. Del resto, tutto è inconsistente, essendo formato da danze di pacchetti d’energia di cui sappiamo ben poco e che non sono mai stabili.
La nostra stessa mente vi gioca un ruolo fondamentale. Quante delle esperienze che viviamo sono oggettive e quante sono prodotte o deformate dalla mente?
Nessuna sa rispondere a questa domanda. Ma ogni tanto tutti proviamo un senso d’irrealtà, di vivere qualcosa di insoddisfacente, di incompleto. In fondo quasi tutto ci delude.
Qui incomincia la ricerca meditativa, il desiderio di verità e di realtà, la nostalgia di un mondo completo e chiaro. Questa vita sembra proprio uno stato intermedio, quello che i tibetani chiamano bardo. I bardo sono tutti gli stati intermedi, i momenti di passaggio, come quelli tra un pensiero e l’altro o fra due stati di coscienza. E non c’è dubbio che anche l’esistenza appaia come un luogo di passaggio, in gran parte elaborata dalla nostra mente.
Ma, quando la mente si fermerà, quale altra realtà ci apparirà?



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