Mentre festeggiamo i trent’anni della
caduta del muro di Berlino, dobbiamo registrare la costruzione di decine di
altri muri in tutto il mondo: in Europa, in America, in Israele e in tanti
altri paesi.
Così sono fatti gli uomini: sono per i
muri, per le divisioni, per le barriere, per i confini, per le distinzioni. E
costruiscono muri non solo sulla Terra, non solo tra un popolo e l’altro, ma
anche tra un individuo e l’altro. Ci sono infatti le divisioni di classe, di
ceto e di reddito. E queste ultime sono ancora più rigide di quelle dei muri
fisici. Se i muri fisici possono essere abbattuti, quelli sociali esistono da
sempre e non sono mai stati distrutti.
Come se non bastasse, esistono anche
muri interiori che dividono l’individuo da se stesso. E questo è ancora più
grave, perché pochi se ne accorgono. Siamo tutti in preda a divisioni e a
conflitti. La coscienza stessa è una divisione tra conoscente e conosciuto, i
quali in teoria dovrebbero essere la stessa persona, ma in pratica non riescono
mai a conciliarsi. Così l’individuo è frammentato in se stesso e abitato da
pulsioni provenienti da regioni sconosciute della propria interiorità. È una
specie di mosaico o di puzzle di tanti centri che lo dilaniano e lo abitano tra
mille conflitti.
Le persone credono di essere individui
unitari e non si rendono conto che sono abitate da una moltitudine di altri
individui più o meno estranei e che sono ben poco padrone di se stesse. Quale
sarà l’io vero?
Chiaramente bisogna puntare verso una
sintesi. Noi abbiamo ereditato pezzi di personalità e tendenze da tutti coloro
che ci hanno preceduti e spesso queste cozzano fra di loro. È come se nel
nostro io abitassero tante altre persone e tutte vogliono dire la loro.
Bisogna dunque operare una sintesi,
accettare i conflitti che ci abitano e cercare in fondo in fondo qualcosa di
stabile e di immutabile, che sia in grado di resistere alle tempeste della vita.
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