A noi sembra una gran fortuna essere
usciti dal caos del vuoto originale ed esserci formati come individui pensanti.
Ma bisogna moderare gli entusiasmi. Niente in questo mondo è un dono gratuito –
tutto ha un prezzo.
Il prezzo dell’individuazione sotto
forma umana si chiama sofferenza. Esistono vari tipi di sofferenza, che possono
essere suddivisi in quattro gruppi:
1.
Le
sofferenze inerenti all’individualità, che è sempre limitata e imperfetta. Noi
non possiamo ottenere sempre quel che vogliamo e possiamo essere separati da
chi amiamo o essere costretti a vivere con chi non ci piace. Inoltre sappiamo
di essere individui effimeri che durano un po’, ma sono destinati a sparire.
2.
Le
sofferenze dovute al cambiamento e al divenire, che non ci permettono di essere
o di avere niente di stabile.
3.
E
le sofferenze legate alla nascita, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte, con
cui alla fine perdiamo di nuovo tutto quel che abbiamo ottenuto.
Nessuno può sfuggire a questi stati di
sofferenza. E tutti siamo tormentati da preoccupazioni e da paure.
Ma c’è chi soffre di più e chi soffre di
meno. Certamente, nascere sotto forma di esseri umani pensanti è una fortuna,
soprattutto perché possiamo avere e sviluppare la consapevolezza delle cose e
di noi stessi. Però non tutti hanno adeguate capacità fisiche e intellettuali,
e molti non sviluppano un sufficiente grado di consapevolezza.
Chi si attacca troppo alle cose e alle
persone è destinato a soffrire ancora di più. Ed è dunque molto meglio guardare
il mondo e noi stessi come qualcosa di illusorio e incompleto.
Se lo stato umano è superiore rispetto,
per esempio, alla condizione degli altri animali, non è affatto uno stato
soddisfacente. Bisogna quindi utilizzarlo per sviluppare il più possibile la
nostra consapevolezza e per mirare più in alto. Di questo non dobbiamo mai dimenticarci.
L’insoddisfazione è essa stessa una
sofferenza, ma è anche il segno di una tendenza a più nobili aspirazioni.
Essere umani è sì una fortuna, però va considerata solo una base di lancio. E,
se siete insoddisfatti di questa esistenza, vuol dire che lo sentite anche voi
e che tendete più in alto.
Dopo aver ottenuto questo ego prezioso, infatti,
dobbiamo incominciare a lavorare sui suoi limiti e rivedere in particolare i
suoi attaccamenti, le sue avversioni e le sue indifferenze. In tal senso,
dobbiamo incominciare a farlo uscire dal suo egocentrismo e allargarlo ad altre
visioni, più universalistiche.
Contemporaneamente è bene lavorare sulla
insostanzialità delle cose, in modo da distaccarsi dall’illusione che il mondo
sia qualcosa di solido. Si tratta in realtà, in gran parte, di una proiezione
della mente stessa, una proiezione che può essere cambiata o annullata, fino a
giungere a quella realtà ultima che al momento è indefinibile.
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