venerdì 8 novembre 2019

Alla ricerca dell'Origine


Un bambino rapito dalla madre e portato nell’Isis, adesso, dopo anni, ritorna in Italia. Ha quasi dimenticato l’italiano e la vita precedente – ma qualcosa si ricorda, gli rimane qualche vago barlume della sua originaria identità.
Anche noi siamo alla ricerca di un’identità che abbiamo perduto. E come si ricorda qualcosa? Ovviamente concentrandoci su quelle minime tracce, su quel qualcosa di cui sentiamo la mancanza. Succede anche quando vediamo una persona ma non ci ricordiamo più dove l’abbiamo conosciuta; oppure quando vediamo una persona di cui non ci ricordiamo più il nome.
Che cosa facciamo? Teniamo in mente quel poco che ci ricordiamo e vi torniamo e ritorniamo sopra.
Qualche volta, nonostante i nostri sforzi, non ce la facciamo subito. Ma, insistendo e tenendo a mente gli indizi, un giorno –ah!- ci ricorderemo di tutto.
Tuttavia, per noi che cerchiamo l’identità originale (quella prima dell’io attuale), l’impresa è più difficile. Perché ciò che dobbiamo ricordarci non è qualcosa che avevamo in mente e che ci siamo dimenticati, ma qualcosa che viene nascosta proprio dalla mente. Capito il problema?
La mente cerca un’identità che essa stessa, con la sua presenza ingombrante, nasconde. È il mezzo con cui cerchiamo di ricordare che ci oscura , e ci deforma, l’antica realtà.
Per fortuna ciò che cerchiamo già in parte ci appartiene; altrimenti nemmeno lo cercheremmo. Dunque qualcosa di quella primigenia identità è già impresso in noi – se non altro come mancanza. Se qualcosa ci manca, vuol dire che qualcosa c’era… e c’è. Come direbbe Heidegger, ciò che cerchiamo ci appartiene essenzialmente.
Il problema è mettere da parte lo strumento ingombrante con cui cerchiamo - la mente stessa. Questa è la vera barriera. È come se usassimo un grande telescopio per osservare un piccolo insetto davanti a noi. È chiaro che la prima cosa da fare sarebbe eliminare l’attrezzo ingombrante e del tutto inadatto.
Due punti allora: acuire e ripetere il più possibile la vaga reminiscenza e mettere da parte la mente con le sue categorie che ci condizionerebbero i risultati della ricerca.
Il ricordo è sempre improvviso. Ma la ricerca può durare una vita… o più.

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