mercoledì 20 novembre 2019

Le religioni della guerra


Nel saggio di Paolo Naso, Le religioni sono vie di pace: falso!, edito da Laterza, si mette bene in evidenza quanto le religioni siano invece responsabili di tante guerre. Per esempio la Guerra dei trent’anni che tra il 1618 e il 1648 fece ben 12 milioni di morti. Ma, più in generale, l’idea di violenza contro chi la pensa diversamente e crede in altri Iddii o non crede affatto è proprio connaturata a chi ha un fede.
       La fede è quasi sempre intollerante. E i missionari della varie religioni vanno in giro per “conquistare anime”, spesso con metodi violenti o fraudolenti.
Noi oggi abbiamo l’esempio del fanatismo islamico, che ha scatenato varie guerre e continua a usare il terrorismo, ma nei secoli passati il cristianesimo ha conquistato mezzo mondo armato anche del crocifisso, con la scusa di voler convertire i “selvaggi”. Lo stesso antisemitismo che rispunta fuori continuamente non è una semplice “cattiva interpretazione” dei Vangeli, ma è una loro diretta applicazione.
Proprio nei Vangeli, Gesù, in un momento di sincerità, proclama che non è venuto a portare la pace, ma la spada e la divisione. “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12, 49)
Anche nelle religioni orientali esiste un metodo sopraffattorio, del tutto intollerante e irrispettoso della libertà altrui. E là dove lo stato non è laico, ma confessionale, per esempio in Israele, in India o in Turchia, assistiamo alle persecuzioni delle altre religioni.
Il problema è proprio quello dello stato confessionale, dove non si distingue tra religione e politica. Oggi il fenomeno è ben visibile anche in Europa, dove il cristianesimo appoggia la politica più autoritaria. Pensiamo all’Italia dove non c’è una netta separazione tra Stato e Chiesa e dove tanti preti e cardinali indicano quali politici votare e non votare e appoggiano o osteggiano voti ai referendum, e spesso si scontrano fra di loro. E pensiamo a certi leader politici che usano simboli religiosi per farsi appoggiare dai credenti e dalla Chiesa.
La religione si presenta dunque come un altro modo di far politica, ossia di condizionare la vita dei cittadini. È da questa confusione che nascono tanti problemi di governabilità. Le religioni hanno uno specifico, ma è illusorio pensare che debbano o possano occuparsi solo di quello. Alla fin fine, gli uomini non sono nemmeno capaci di capire che cosa sia la religiosità e parlano di Dio, di anima, di bontà, di peccato, di paradiso e di inferno proprio per definire i rapporti di potere all’interno delle loro società terrene. Il resto è del tutto opinabile.



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