Se Dio è l’energia del mondo, ha poca importanza che sia esterno o
interno – evidentemente è dappertutto, dentro e fuori. Anche se preghi Dio
sentendolo esterno, in realtà lo fai partendo dalla tua interiorità. Il
problema è che noi, in certi momenti, abbiamo bisogno di un’energia che non
sappiamo dove trovare, ma che non ci importa niente sapere da dove provenga.
Il problema è che abbiamo
bisogno di qualcosa che deve mobilitare le nostre energie, salvare noi stessi.
Poco importa se le immaginiamo provenire da fuori o da dentro, sa hanno una
forma o l’altra. Noi siamo frammenti di questo mondo, siamo immersi nel mondo,
siamo già sistemi energetici.
Quando i mistici di
tutte le religioni intuiscono che il centro dell’anima è Dio o che l’atman (l’anima, il nostro fondo) coincide
con il Brahman, dicono che le nostre distinzioni fra interno ed esterno sono
semplici giochi di parole. Quello che conta è il nostro stesso impulso, la
nostra stessa forza.
In meditazione non si
tratta di pensare o immaginare qualcosa. Meditare su
qualcosa è in realtà essere quella cosa.
Ora, le “cose” possono essere semplici stati d’animo. Io non devo
meditare sulla forza, ma essere forte. Non devo meditare sulla calma, ma essere
calmo. Meditare è già ottenere in
gran parte ciò su cui meditiamo.
Se medito sulla pace ma non ho la pace, a che mi serve? Io come soggetto non ottengo niente.
In fondo a noi interessano poco le questioni teoretiche,
filosofiche o religiose; a noi interessa il fare, il decidere, il potere – il
potere di fare le cose che ci stanno a cuore, la nostra trasformazione
effettiva sulla via del mondo, il rinnovamento del nostro rapporto con gli
eventi, con le persone e con l’esistenza. Come fare a influire sul nostro
destino. Tutto il resto è speculazione astratta.
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