Ognuno ha caro se stesso, argomenta il
Buddha; quindi, se ama gli altri come ama se stesso, non potrà fare del male
agli altri. E Confucio e Gesù precisano che esiste una legge fondamentale: non
fare agli altri quel che non vorresti fare a se stesso.
I tre credono in tal modo di risolvere
il problema di avere un criterio di riferimento sicuro per comportarsi bene. Ma
sono troppo ingenui e ottimisti. Infatti, da una parte non tutti amano se
stessi (magari perché qualcuno ha distrutto la loro autostima) e dall’altra
parte molti amano talmente se stessi da non curarsi degli altri.
C’è un passaggio che non tutti
compiono: capire che siamo tutti interconnessi e con esigenze basilari uguali.
Se non si compie questo passaggio (che non è automatico), se non si esamina
meditativamente il proprio rapporto con se stessi e con gli altri, si può
rimanere chiusi nella propria auto-disistima o nel proprio narcisismo.
Non è così semplice. C’è da fare sempre
un lavoro su se stessi.
Anche certo altruismo autodistruttivo è
sospetto. Quando ci si dedica ad aiutare gli altri fino a sacrificare se
stessi, c’è un problema anche lì di autostima.
Insomma, se c’è poca autostima o se ce
n’è troppa, il criterio dei tre saggi non regge.
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