Certe esperienze di pre-morte sono perfettamente
comprensibili dal punto di vista della meditazione. La morte, corrispondente
all’immobilità del corpo e del respiro, porta ad una liberazione dello spirito.
E lo spirito non vive più nello spazio-tempo, ragion per cui si vede tutto
simultaneamente.
Questo vedere tutto simultaneamente e
la visione di un Essere di luce sono ciò che in Oriente si chiama “la chiara
luce” – non una luce che proviene dall’esterno, ma la propria luminosità
intrinseca. Se ne può fare un’esperienza chiudendo gli occhi e guardando la
macula luminosa centrale, il bindu.
Il pensiero comune, con le sue idee e
gli stati d’animo ripetitivi, crea uno schermo o una gabbia che impediscono una
chiara visione delle cose. Ecco perché, in meditazione, si cura molto il vuoto
mentale – non per restare vuoti, ma per ripulirsi della proliferazione mentale.
C’è una grande felicità nello
sbarazzarsi del corpo, dello spazio-tempo e dei pensieri più comuni, che sono
limiti enormi e dolorosi. Tutti coloro che hanno fatto queste esperienze,
infatti, riferiscono dell’angoscia e della sofferenza nel rientrare nel proprio
corpo.
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