Non
solo i testi religiosi di ogni tempo ma anche i film odierni sono pieni di
fantasie apocalittiche. Evidentemente, nonostante i vari Salvatori, l’umanità sa
di essere precaria e che niente le garantisce la sopravvivenza.
Nessuno crede veramente a questo aldilà. Semmai lo spera.
Oltretutto, che differenza c’è tra morire
tutti insieme e morire uno alla volta? Ognuno ha la sua apocalisse assicurata. Dalla
morte non scamperà nessuno.
Ma, in fondo, tutti vorremmo morire
insieme, perché ci dispiace assai che noi moriamo mentre gli altri
sopravvivono. È un po’ come succede a certi suicidi che ammazzano anche moglie e
figli. Vorrebbero portarseli con sé.
Ecco il punto paradossale cui arriva la fede nell’immortalità.
In fondo, se esiste un’altra vita e un mondo migliore,
perché continuare a vivere quaggiù?
Ma il problema è che potrebbe non esserci nulla, oppure un
mondo peggiore. Perché, se c’è un paradiso, c’è pure un inferno.
Insomma è difficile liberarsi del senso di incertezza e di
precarietà. Meglio dunque non lavorare per un futuro incerto. Lavoriamo a star
bene qui e ora. Il resto verrà… se ci sarà.
Anche la meditazione dev'essere un lavoro per star meglio ora, non per assicurarsi un buon posto nell'aldilà. Noi non dobbiamo sacrificarci ora per star meglio in futuro, ma dobbiamo impegnarci ora per star meglio ora.
Anche la meditazione dev'essere un lavoro per star meglio ora, non per assicurarsi un buon posto nell'aldilà. Noi non dobbiamo sacrificarci ora per star meglio in futuro, ma dobbiamo impegnarci ora per star meglio ora.
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