giovedì 2 agosto 2018

La fine del mondo


Non solo i testi religiosi di ogni tempo ma anche i film odierni sono pieni di fantasie apocalittiche. Evidentemente, nonostante i vari Salvatori, l’umanità sa di essere precaria e che niente le garantisce la sopravvivenza.
Nessuno crede veramente a questo aldilà. Semmai lo spera.
       Oltretutto, che differenza c’è tra morire tutti insieme e morire uno alla volta? Ognuno ha la sua apocalisse assicurata. Dalla morte non scamperà nessuno.
       Ma, in fondo, tutti vorremmo morire insieme, perché ci dispiace assai che noi moriamo mentre gli altri sopravvivono. È un po’ come succede a certi suicidi che ammazzano anche moglie e figli. Vorrebbero portarseli con sé.
Ecco il punto paradossale cui arriva la fede nell’immortalità.
In fondo, se esiste un’altra vita e un mondo migliore, perché continuare a vivere quaggiù?
Ma il problema è che potrebbe non esserci nulla, oppure un mondo peggiore. Perché, se c’è un paradiso, c’è pure un inferno.
Insomma è difficile liberarsi del senso di incertezza e di precarietà. Meglio dunque non lavorare per un futuro incerto. Lavoriamo a star bene qui e ora. Il resto verrà… se ci sarà.
Anche la meditazione dev'essere un lavoro per star meglio ora, non per assicurarsi un buon posto nell'aldilà. Noi non dobbiamo sacrificarci ora per star meglio in futuro, ma dobbiamo impegnarci ora per star meglio ora.


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