Il fatto che
nell’antichità e in tutto il mondo il primo culto reso alla Divinità fosse
quello dei sacrifici (animali e/o umani) la dice lunga su che cosa si pensasse
fosse Dio: una potenza selvaggia e violenta, padrone della vita della morte, che poteva essere placata solo con
sacrifici di sangue. (Anche il cristianesimo rientra in questa logica del
sacrificio: qui Dio è così simpatico che sacrifica una parte di sé, il “Figlio”.)
Del resto le
parole “sacro” e “sacerdote” sono collegate a “sacrificio”.
In seguito è
arrivato il restyling , il
“religiosamente corretto” e si è cominciato a pensare che Dio fosse solo Amore
e Bontà.
Belle parole
che non nascondono la realtà. Quando arriva una sciagura incomprensibile, individuale
o sociale, ecco che si riaffaccia l’idea di un Dio che richiede sacrifici
umani. Non si riesce infatti a conciliare questa idea di un Dio solo buono con ciò che di terribile
succede nel mondo.
In Oriente si è
eliminata questa difficoltà introducendo l’idea di karma: ognuno riceve in vita
ciò che ha seminato nelle vite precedenti. Ma anche qui s’incontra una
difficoltà. Quando è incominciato questo karma e perché noi non ricordiamo le
vite precedenti?
In realtà
sembra più giusto pensare che Dio sia al di là del bene e del male e di tutti i
nostri concetti dualistici su cui si basa la nostra mente che giudica gli
avvenimenti. Ma come capire tutto ciò se non possiamo usare le nostre categorie
mentali?
Non con la
mente, ma con la non-mente. Non con
la logica, ma con la non-logica. Non
con la razionalità, ma con la non-razionalità.
Questo è compito della meditazione.
In sostanza,
quando ci poniamo questo genere di domande, non dobbiamo rispondere con la solita
logica che si trova sempre di fronte a paradossi insolubile. Ma con
il silenzio.
Mettiamoci di
fronte alla domanda di senso e lasciamo che si creino silenzio, vuoto e
spaziosità. Contempliamo l’intero quadro resistendo alle tentazione di dare
risposte razionali o rassicuranti. Allarghiamo sempre di più la nostra
consapevolezza. Vediamo non se arriva
una risposta, ma se si crea in noi uno spazio di comprensione.
È in questo
spazio che si esce dal dualismo e dalla sua sofferenza. C’è una via d’uscita oltre
la logica.
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