venerdì 9 febbraio 2018

L'anima del Testimone


Diceva Eraclito: “Quando viviamo, l’anima è sepolta in noi ed è morta; quando moriamo l’anima torna a vivere”.
In effetti, quando conosciamo certe persone, ci domandiamo: “Ce l’avranno davvero un’anima? E, se ce l’hanno, perché non si vede? Dove si è nascosta?”
Il problema è che gli uomini, tutti intenti a vivere, non sospettano neppure di avere un’anima su cui possono lavorare. E quindi non se ne prendono cura, non la coltivano, non la sviluppano. La loro anima è come un corpo rachitico.
L’anima è il Testimone di tutto. Ma noi siamo convinti di essere soltanto un io, un io che opera in prima persona. L’anima invece è il Testimone silenzioso, che osserva tutto –che osserva i contorcimenti dell’io. È sempre in noi, è sempre il vero “sé”, è la “persona prima”.
Tutto ciò che facciamo attraverso l’io è superficiale e destinato a svanire come neve al sole. Rimarrà solo quel Testimone, che sarà quel che ha testimoniato, nel bene e nel male, nella coscienza e nell’incoscienza.
Per coltivare un simile testimone, bisogna permettergli di affiorare in superficie, togliendogli tutti quei pesi e e quelle maschere che lo nascondono e lo soffocano. Non ci vuole molto, più un non fare che un fare, più un togliere che un mettere. Un po’ di silenzio, un po’ di calma, un po’ di pace, molta osservazione e attenzione…
Dobbiamo osservare o contemplare fino al punto di ritrovate l’Osservatore, l’anima prima o ultima. Dobbiamo chiederci in ogni momento: “Chi è che osserva? Chi è l’osservatore di prima o ultima istanza?”
Arriverà un giorno in cui capiremo, in un istante, che noi lo siamo.

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