Quasi tutti
hanno occasionalmente esperienze di infinito, di immensità, di mistero, di
spaziosità, di sublime, di universalità, di interconnessione, di distensione,
di liberazione, di espansione, ecc.
Ma limitiamoci
all’esperienza e non le diamo un nome, un’etichetta. Soprattutto non diamole un
nome desunto da qualche religione storica. Non usiamo neppure la parola “Dio.”
Sarebbe un’insopportabile limitazione. Sarebbe la sua distruzione.
Dall’esperienza
ineffabile alla parola e alla storia c’è tutta un’opera di interpretazione e di declassamento.
Teniamo l’esperienza
lì, sospesa, senza attaccarle etichette. Teniamo indietro le parole, il più
possibile.
È come guardare
una farfalla meravigliosa che ci passa un attimo davanti. Non cerchiamo di
afferrarla e chiuderla in una gabbia.
Rimanere aperti
e disponibili.
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