mercoledì 28 febbraio 2018

I due Stati che si contendono l'Italia


C’è un prete ad Alassio che è stato condannato dai tribunali dello Stato italiano a sette anni e mezzo di reclusione (già scontati) per atti di pedofilia, ma che i tribunali della Chiesa hanno giudicato innocente. Risultato? Per lo Sato, quest’uomo non potrà più rivestire cariche pubbliche, non potrà avere incarichi politici, non potrà insegnare, non potrà essere nominato tutore, ma per la Chiesa potrà continuare a fare il prete.
Volete un caso più evidente del fatto che in Italia esistono due Stati che si contendono gli stessi cittadini, due Stati che sono in conflitto?
Volete una prova più chiara che la Chiesa ha ambizioni di potere temporale? La Chiesa ha sempre voluto governare al posto dello Stato e non ha smesso di desiderarlo.
Non so chi abbia ragione. Ma che ragione ha di esistere lo Stato di una religione? Era questo l’obiettivo di Gesù?

Il dramma dell'attore


Quando un attore recita un personaggio, sa benissimo che sta recitando un ruolo e che lui è qualcun altro. Se non facesse questa distinzione sarebbe un pazzo.
Noi tutti nella vita recitiamo un ruolo, anzi più ruoli: siamo figli, padri, fratelli, mariti, professionisti, studenti, insegnanti, giovani, vecchi…
Se fossimo intelligenti, come gli attori, non dovremmo mai identificarci con i vari ruoli che andiamo contemporaneamente e successivamente recitando. Questo è l’errore. Dovremmo dire: questo è l’attore e questo sono io.
Dovremmo dirci: questa è la parte che recito. Ma io sono un altro. Io sono me stesso.
Questo me stesso non è il personaggio che recito. Ma allora chi è?
Siamo talmente immedesimati nei ruoli che non sappiamo nemmeno più rispondere a questa domanda.
Il me stesso non è il ruolo che interpreto. Certo, nel ruolo c’è un parte di me. Ma non tutto. Io sono altro.
Il mio vero me, il mio vero io, non si identifica con nessuno di questi ruoli, neppure con quello dell’individuo che nasce, vive e muore. Questa è la parte che recito.
Anzi, quando morirò, smetterò di recitare, dismetterò ogni abito di scena e finalmente potrò tornare a casa mia ed essere me stesso. Può darsi. Ma può anche darsi che vorrò continuare a recitare qualche nuova parte, magari quello di un personaggio in paradiso o all’inferno.
Il fatto è che devo convincermi prima di questa fondamentale distinzione.
Devo smettere di identificarmi in personaggi più o meno finti, devo trovare chi sono.
Questo è il dramma dell’attore. Questo è il compito dell’uomo.

Tutto brucia...


La vita è come una fornace in cui bisogna gettare continuamente nuova legna perché il fuoco rimanga acceso.
E la legna siamo noi.
Tutto brucia, tutto è in fiamme – diceva il Buddha. Ecco perché trovare un po’ di pace è così difficile.
Tutto brucia, dentro e fuori di noi. Se ci fosse un Dio, sarebbe un piromane. Non è consolante. Non è rassicurante. L’Italia, il mondo e l’universo sono pieni di vulcani che possono esplodere ad ogni momento. E le stelle, tra cui il sole, sono immensi falò.
Un cosmo forgiato da fuoco e fiamme non ci parla affatto di quiete e di bontà. È una situazione esplosiva, in tutti i sensi.

martedì 27 febbraio 2018

Il Duce divino


Per capire gli uomini, non basta sapere se credono o non credono in Dio – bisogna vedere a quale immagine di Dio  credono o non credono (o fanno finta di credere). Per esempio, in questa campagna elettorale, Matteo Salvini giura su rosari e Vangeli e oggi ha detto che il sole che splende sul suo comizio è un segno del favore divino. Dio è con lui!
Ma anche i nazisti ripetevano: “Gott mit uns!” (Dio con noi).
In fondo, per i fascisti Dio non è nient’altro che il supremo Duce, il Grande Dittatore. E furono loro a fare il primo Concordato con la Chiesa.
E la Chiesa? Se ne sta zitta, aspettando di capire con quale “Duce” avrà a che fare. La Chiesa non ha mai criticato una dittatura. Anche l’attuale Papa ha convissuto a lungo con la dittatura argentina e stringe accordi con tutti i dittatori di questo mondo.
La Chiesa non sa nulla di democrazia e di libertà. Ma sa bene come si esercita il potere.

Autoterapia


Quando desideriamo qualcosa, quando speriamo in qualcosa, vuol dire che non siamo felici nel presente. Chi è felice è soddisfatto del e nel presente, non vorrebbe cambiare. Se sono innamorato, lo sono qui e ora, e non desidero altro. Se dunque desidero o spero, c’è qualcosa che non mi soddisfa e voglio cambiare; non voglio rimanere nel presente.
Il problema è che non possiamo fare a meno di cambiare, perché siamo immersi nel divenire.
Ma anche se ho paura e soffro, scappo da qualcosa e (stavolta) sono io che non voglio rimanere nel presente. Qui il divenire mi viene in aiuto.
In entrambi i casi, perdo il presente, volente o nolente.
Il rimedio sarebbe logico: quando sto bene, devo cercare di rimanere nel presente, per esempio seguendo il respiro o ripetendo un mantra o ascoltando un suono o camminando consapevolmente. Questo atto mi ancora al presente e mi permette di  apprezzare di più ciò che godo. Sarebbe una forma di autoterapia.
Ma il problema è sempre quello: non posso fermare il tempo, non posso evitare di rotolare con il tempo, non posso impedire che a questo momento si sostituisca il successivo.
Il tempo ci imprigiona, il tempo ci libera.

Il merito dell'impermanenza


Quando ci rendiamo conto che ogni cosa è impermanente e che tutti siamo destinati alla distruzione, veniamo colti dallo sconforto: tutto deve finire, niente può perdurare.
È vero, ma guardiamo il rovescio della medaglia: anche la sofferenza è destinata a finire.
Che la vita finisca, non è poi così un male. Evidentemente è un bene. La vita è una malattia da cui non si guarisce che con la morte.

Il Dio cattivo


Tutti a ripetere che Dio è buono, bello e bravo, che è Bontà e Amore. Sarà.
Ma se ipotizzassimo che Dio è cattivo o indifferente, che cosa cambierebbe in questo mondo?
Nulla. Tutto rimarrebbe così com’è.
La differenza in questo mondo non la fa Dio. La differenza la fa la nostra consapevolezza.

Il regno di Dio è dentro di noi? Purtroppo dentro di noi c’è anche il male e l’inferno.

E dunque bisogna imparare a guardarsi dentro e non affidarsi né a Dio né al primo impulso. Bisogna addestrarsi ad essere consapevoli, senza farsi travolgere da ciò che scopriamo.

lunedì 26 febbraio 2018

Visione profonda


Niente nasce, niente muore, tutto si trasforma. Prendiamo un albero. L’albero è fatto di pioggia, di terra, di sali minerali, di ossigeno, di sole, ecc., tutte cose che esistevano prima di lui. A sua volta offre legno, frutti, ombra, bellezza, rifugio per gli uccelli, ossigeno, ecc. Quando muore o viene tagliato, non sparisce nel nulla. Ma offre legna, case, mobili, violini, minerali, calore, fumo, acqua…
Quindi possiamo ritrovarlo in una nuvola, in una goccia di pioggia o nel calore che ci riscalda quando viene bruciato. In un certo senso esisteva prima e in un certo senso esisterà dopo.
E così per ognuno di noi: in certo senso esisteva prima, nei suoi progenitori e negli elementi che lo compongono. Ed esisterà dopo, nei suoi discendenti, nelle sue opere, negli elementi che lo compongono, fra cui l’acqua.
Dunque questa goccia di pioggia che mi cade sulla fronte, può essere una lacrima di mia madre, il sudore di mio padre o l’acqua di una cometa…
Questo significa guardare in profondità le cose. Siamo tutti interconnessi. In un certo senso siamo sempre esistiti, in un certo senso esisteremo sempre. Come qualsiasi altra parte dell’universo.
Forse non esisteremo più come individui, ma anche il nostro io non nasce nascere e non muore, ma si trasforma continuamente. È composto di una sostanza vitale che è sempre esistita e che esisterà sempre in tante altre cose e forme.

La saggezza antica


Che brutto giorno quello in cui abbiamo sostituito la saggezza con la santità: abbiamo scambiato l’equilibrio e il buon senso con lo squilibrio e l’eccesso. Ancora oggi possiamo leggere con profitto Seneca o Marco Aurelio. Ma non possiamo leggere san Paolo o Tertulliano senza entrare in un vortice di follia fideistica, nato nel Vicino Oriente migliaia di anni fa.

Non ne siete convinti? Guardate Gerusalemme: la città dove s’incrociano le tre religioni che hanno sconciato il mondo. Lì, i fondamentalisti di ogni religione vorrebbero distruggere quegli delle altre – e tutti si odiano e sono pronti a scannarsi. Non c’è più un grammo di saggezza.

domenica 25 febbraio 2018

La tecnologia della coscienza


La maggior parte degli uomini non ha la minima idea che si possa addestrare la mente (ossia il nostro strumento per relazionarci con il mondo) e vive senza nessun autocontrollo. Usa questo strumento senza sapere che è appunto uno strumento. Di conseguenza, più che usare lo strumento, ne viene usata. Non ne è padrona, ma la schiava.
Dall’oriente ci viene però un diverso messaggio, che ben si sposa con la tecnologia moderna: è possibile prendere in mano i processi mentali e influire potentemente su di essi. È possibile mettere a punto una vera e propria “tecnologia della coscienza.”
Il mondo non è come ci appare. È la nostra mente che ce lo fa apparire in un certo modo. È come un paio di occhiali o un microscopio, che ci fanno vedere in modo differente la realtà. Tutto dipende da come sono fatti e da come vengono usati.
Se metto una paio di occhiali colorati, vedrò le cose di quel colore. Se guardo con un microscopio o con un telescopio vedrò cose che erano presenti ma che non vedevo perché non avevo gli strumenti giusti.
La mente è esattamente questo: uno strumento con cui ci identifichiamo e che ci fa vedere ciò con cui è stata modellata. Ma può essere modellata o impostata in maniera diversa. Non esiste un’oggettività del vedere. Si vede in base allo strumento che si usa.
Basta concepire questa idea per adottare un punto di vista innovativo, per incominciare a guardare la mente come uno strumento che può essere affinato, cambiato e utilizzato in maniera diversa.
Da oggi in poi dobbiamo domandarci: sono io che vedo così o è lo strumento che usa che mi fa vedere così? Dopodiché prendiamo le distanze da questo strumento e incominciamo a studiarlo e a fare esperimenti. Per quanto riguarda il modo in cui vediamo noi stessi, possiamo prender atto della psicologia o della psicoanalisi del profondo; e per quanto riguarda noi stessi e il mondo, possiamo approfondire le tecniche orientali di meditazione, che hanno migliaia di anni di esperienza.

sabato 24 febbraio 2018

Noi siamo... Quello!


Una studiosa italiana, molto credente, giurava di aver visto in alcuni segni sulla sindone di Torino il marchio del necroforo che attestava ovviamente che lì è sepolto proprio Gesù di Nazareth. È proprio vero: si vede quel che si vuol vedere – e non si vede quel che non si vuol vedere.
Tutto è una proiezione della mente – anche questo immenso universo, che è soltanto un fondale di cartapesta. Al fondo di tutte le cose non c’è che la nostra stessa consapevolezza, che vede quel che vuol vedere… per il semplice fatto che lo proietta.
Se vogliamo capire ciò che c’è “là fuori” guardiamo il nostro stesso proiezionista, il Sé senza tempo, lo sfondo di consapevolezza, che s’inventa ogni cosa.
Meditare è guardare questo sfondo, questa fonte, che è sempre presente, ma che non può essere fatta oggetto di conoscenza. Ogni tanto, tornate indietro, cercando di coglierlo – anzi di esserlo. Noi siamo quello.

venerdì 23 febbraio 2018

La doppia morale


Non bastavano i preti pedofili che infestano la Chiesa in ogni continente. Adesso si scoprono gruppi di preti gay, che fanno festini in canoniche, conventi e camere private. Naturalmente ognuno è libero di fare quel che vuole, se non danneggia gli altri.
Ma ciò che è insopportabile è l’ipocrisia. Che fiducia si può avere in gente che predica una cosa, che si lega a voti impossibili e contronatura, ma che ne fa un’altra, anzi il suo esatto contrario?
È questa mancanze di integrità che mina alle fondamenta la Chiesa cattolica - non più santa, ma marcia.

La forza sia con voi! In voi!


Ma noi che meditiamo cerchiamo forse l’aiuto di qualche Dio?
Bisogna vedere che cosa si intende con questa parola, “Dio”. Se ci riferiamo a qualcosa di esteriore, questo non può esserci di nessun aiuto, perché il lavoro che dobbiamo fare è interiore e personale. I saggi ci indicano la strada, ma sta a noi percorrerla, personalmente.
Non cerchiamo dunque un Dio storico, come quelli ingenui del giudaismo, del cristianesimo e dell’islam – un Dio che un bel giorno si rivela, che invia profeti e salvatori e che interviene direttamente su questa Terra (non ce n’è traccia).
Ma esiste un altro Dio: il Tutto, la Totalità, l’Infinito, che non è tanto fuori, ma dentro. E che noi stessi siamo… anche se lo ignoriamo.
È una specie di Proiettore interno che getta al di fuori di noi l’Universo intero, che rimane una specie di sfondo di cartapesta. Tutto ciò che vediamo, tutto ciò che pensiamo, tutto ciò che conosciamo è un gigantesco sogno della nostra stessa mente.
Non troveremo dunque nessuna verità, ma ciò che noi stessi abbiamo proiettato.
Più che cercare con telescopi nelle profondità del cosmo, dobbiamo cercare nelle nostre profondità la fonte di questa gigantesca proiezione. Il fondo di tutto è il nostro stesso fondo.
Guardiamoci dentro e lì troveremo l’origine di tutto ciò che ci sembra esterno. Cerchiamo la consapevolezza che non si fa mai oggettivare, che è sempre soggetto e che proietta ogni cosa. Il mondo è reale così come lo sono i film e i sogni: cerchiamo dunque dentro di noi il proiettore, il sognatore. Chi è?

giovedì 22 febbraio 2018

Il nuovo mondo


Il grande problema della meditazione è che, mentre noi lavoriamo a livello conscio e razionale, esiste un vasto mondo interiore, il mondo degli impulsi, dei desideri, degli istinti e delle tendenze interiori che opera a livello inconscio.
La lotta è dunque impari. E non ci resta che operare giorno per giorno con la meditazione in attesa che le nuove tendenze si sovrappongano alle vecchie, le quali ci trascinano da tempo immemorabile, attraverso una lunga linea di esistenze.
Non siamo noi che costruiamo il nostro patrimonio genetico, psicologico e spirituale. Ereditiamo tutto dal passato. E solo ora possiamo aggiungere o togliere qualcosa, ossia introdurre delle modifiche con la nostra meditazione personale. Questo sarà il contributo della nostra esistenza.
Ma ci vorranno chissà quante altre vite per portare a compimento il nostro compito, per cambiare le cose, per fare spazio alla consapevolezza. Se non lo faremo consapevolmente, dovremo farlo inconsciamente e ci vorrà molto più tempo.
Finché non prenderemo coscienza del profondo mare che giace in noi (e in cui noi giaciamo) e non interverremo volontariamente nella costruzione di noi stessi, potremo cambiare molto poco, saremo come fuscelli trasportati dal vento cosmico.
Non c’è bisogno comunque di conoscere e cambiare tutto, tassello dopo tassello. Già da ora possiamo fare brevi voli fuori dal vecchio io e innalzarci in una nuova dimensione, come quei pesci che ogni tanto fanno un salto fuori dall’acqua e vedono in un istante che c’è un altro mondo.


"Così fuori come dentro"


Che cosa significa questa frase di Ermete Trismegisto se non che noi siamo un microcosmo, che tutto ciò che è fuori trova una corrispondenza anche dentro e che tutto ciò che noi facciamo influenza il cosmo? L’universo è dentro di noi e noi siamo dentro l’universo.
Gli antichi veggenti delle Upanisad lo dicevano migliaia di anni fa: “Il dio che è celato in tutte le creature, che è onnipervadente… è il sé intimo del nostro essere.” Il Grande Spirito abita nel cuore degli uomini.
Dunque, non facciamoci abbagliare dalle cose esterne. Guardiamoci dentro per scoprire ogni cosa. Anche la luce esterna è solo un riflesso di quella che è nascosta nel profondo di ognuno di noi.
Tutti siamo capaci di guardare fuori. Ma dentro? E' lì che opera la trasformazione più importante. 

mercoledì 21 febbraio 2018

La luce interiore


Le nostre città sono così piene di luci, di rumori, di traffico e di inquinamento fisico, elettromagnetico e mentale che l’uomo moderno non è più in grado di vedere le luci naturali. Frase altamente metaforica.
La luce artificiale ci impedisce di vedere la vera luce.
Ma, per fortuna, se meditate un po’, chiudete gli occhi, trattenete il respiro e premete la lingua contro il palato, potete vedere ancora una luce interiore che non è un riflesso delle luci artificiali.

Il sogno autoconsapevole


Esistono metodi di meditazione che utilizzano anche l’inconscio. Per esempio quello del sogno lucido. È un atto di riconoscimento: “Io sto sognando.” A quel punto si è padroni di agire direttamente sul sogno
L’atto di riconoscimento del sogno è analogo all’atto di riconoscimento della vita come stato di sogno. Possiamo finalmente entrare a cambiare la vita, anziché esserne degli oggetti.
Di solito, noi siamo vissuti anziché vivere. Non siamo capaci di vivere direttamente, in prima persona. Viviamo d’accatto, da imitatori, da conformisti. In parole povere, la vera vita ci sfugge.
Viviamo sempre in un sogno. Per uscirne, dobbiamo diventarne consapevoli.

I teologi


Li chiamano “teologi”, ma non sanno pensare niente di nuovo su Dio. Si occupano di altre questioni: i gay, le donne prete, i divorziati, l’aborto, la guerra, gli scismi e soprattutto il mercato delle anime. Sono uomini di potere, politici, non teologi.
Un vero teologo deve ripensare il concetto e il ruolo di Dio, non solo se esiste o non esiste, ma come esiste o non esiste. E deve essere in grado di uscire dalla propria religione. Quando Meister Eckhart diceva: “Preghiamo Dio perché ci liberi da ogni idea di Dio,” indicava chiaramente quale dovrebbe essere il primo passo di un vero teologo.

Ciò che ci viene insegnato dalle religioni può essere del tutto sbagliato e, comunque, è condizionato.

martedì 20 febbraio 2018

Paura e desiderio


Per non aver paura delle morte, dovremmo considerarci come una nuvola che compare in cielo, permane un po’ e poi cambia e si dissolve. Questo è un dato di fatto.
Ma se continuiamo a desiderare l’immortalità individuale, vuol dire che l’operazione non è riuscita e che noi siamo dominati dalla paura.
Che cosa vorremmo? Vorremmo che non ci fosse la morte. Ma la morte c’è. E dunque non possiamo liberarci dalla paura e da tutti i suoi addentellati, ansia, angoscia, preoccupazione, panico, depressione… e naturalmente desiderio.
L’uomo è l’animale che sa di dover morire – ma che non lo vuole. Come volete che stia tranquillo? La paura onnipresente è solo la controparte del desiderio.
Finché non avremo imparato a non aver paura delle dissoluzione dell’ego, saremo pieni di paura. E di desiderio.
Come abbandonare la coppia paura/desiderio? Ovviamente abbandonando l’idea di essere un io, separato dal resto.
Dove si dissolve la nuvola? Nel cielo, nello spazio, nella natura, nell’ambiente, nel tutto.
Ci vuole una comprensione profonda di ciò che veramente siamo. Non ego solidi e divisi, ma processi e parti del tutto.

lunedì 19 febbraio 2018

IL tutto e l'individuo


Se non ci fosse il tempo, tutte le cose accadrebbero nello stesso istante: lo riconosceva anche Einstein, che di tempo se ne intendeva.
Ma, allora, quando per noi finisce il tempo – con la morte – ritroviamo quello che hanno sempre detto i mistici: che tutto è Uno, che tutto è contemporaneo, che ogni individuo è il tutto.
L’anomalia non sta nel tutto, ma nell’individuo… in colui che si è diviso dal tutto.
Il problema è che noi abbiamo fatto tanto per essere individui, per distinguerci, e non ci piace essere ributtati e confusi nel tutto. Sembra un gioco scemo.

Le inutili parole


Ormai viviamo nelle civiltà della parola. Anche stando chiusi nella nostra stanza, siamo invasi da un mare di chiacchiere provenienti dalla televisione, dalle radio, dai computer e dai cellulari.
Ma io consiglio di misurare le parole. Come diceva Voltaire, “è meglio restare in silenzio ed essere creduto un idiota che aprire bocca e rimuovere ogni dubbio.”

Il divino nel sesso


Qualcuno diceva che un’ora di insegnamento della sessualità nelle scuole sarebbe meglio di un’ora di religione. Concordo.
C’è più Dio in un rapporto sessuale fatto bene che in tutta la Bibbia.
“Fatto bene” significa non uno sfogo sessuale, ma un sesso appagante fatto con passione e sensibilità. Si risveglia non solo il sistema ormonale, ma anche il senso della vita.
Diceva Oscar Wilde: “La pura e semplice verità è raramente pura e mai semplice”.

La mutevolezza dei sentimenti


Il Dalai Lama sostiene che la natura umana è fondamentalmente compassionevole e mite. D’accordo, ma è anche fondamentalmente egoista e violenta.
Gli estremi non si escludono affatto a vicenda, ma sono complementari. L’aggressività è necessaria alla sopravvivenza esattamente come l’amore. Non c’è contraddizione. Senza aggressività non ci sarebbe amore.
Molti amori partono dall’odio. Ma quanto odio è generato dall’amore?
La verità è che i sentimenti e gli impulsi, negli uomini come negli altri animali, sono ambivalenti e in continuo cambiamento. Ecco perché fondare qualcosa di durevole sui sentimenti (per esempio il matrimonio) è una follia.

domenica 18 febbraio 2018

La meditazione senza forma


Se pregate, siete convinti di rivolgervi alla Divinità – una Divinità più o meno personalizzata che dovrebbe in qualche modo ascoltare e rispondere; insomma dovrebbe esserci una specie di dialogo. Ma ci sono due punti deboli: primo, non è detto che questo Dio esista davvero; secondo, è molto difficile capire le sue risposte, ammesso che ci siano.
Dio non dovrebbe parlare con voce umana, ma con ispirazioni difficili da interpretare. E se non risponde affatto? In breve, l’incertezza è massima. Anche perché la sua “risposta” potrebbe essere solo la proiezione di una voce interna all’io stesso.
Nella meditazione non ci si rivolge a nessun Dio e non si devono usare parole. Il compito principale è contattare la realtà al di fuori delle interpretazioni mentali, cogliere una trascendenza non più antropomorfa la trascendenza della mente umana, O, comunque, uno stato di quiete e di liberazione dalle tensioni del mondo; il raccoglimento in un sé che non è più individuale.
E tuttavia anche la meditazione è una specie di domanda o meglio di ricerca. Manca l’interlocutore, ma non la meta. La meta è la liberazione dai limiti della mente, con tutte le sue raffigurazioni, fra cui quella di Dio. È chiaro che arriviamo ad un altro tipo di trascendenza, cui si arriva non con parole ma eliminando ogni mezzo strumentale.
Nello stesso tempo, se vi rendete conto che Dio non può che essere una vostra idea, dato che deve passare per la vostra mente, potete passare facilmente da un’adorazione o da una supplica-domanda ad una meditazione senza forma, dove la "meta" diventa uno stato dell'essere, anzi lo stato dell'essere.

Molte persone sentono che “c’è uno spirito, un potere più grande, una forza che ci guida”, ma non dobbiamo applicare a questa esperienza l’etichetta “Dio”. In ogni caso, non corrisponde agli Iddii delle religioni storiche, che compiono determinate azioni e scelgono profeti, messia, messaggeri, libri sacri, tavole della legge, ecc. È una vostra esperienza, al di là di ogni dato storico - un’esperienza “senza forma.”

sabato 17 febbraio 2018

La materia oscura


Gli scienziati dicono che l’universo è composto per il 4 per cento di materia ordinaria, per il 20 percento di materia oscura e per il 76 per cento di energia oscura – oscura perché non si sa cosa sia.
Non si può dire che nell’universo non ci sia bisogno di illuminazione.

La religiosità interiore


La religione come qualcosa di pubblico? Ohibò, in pubblico possiamo compiere solo rituali esteriori.
La religiosità, anzi la spiritualità, sta solo nell’interiorità.
Fra l’altro, anche ammesso che ci sia un unico Dio, ognuno lo vive a modo suo. Perfino in una famiglia, dove tutti abbiamo gli stessi genitori, ognuno ha i “propri” genitori, ognuno ha un proprio rapporto individuale con quei genitori. Non esistono due esperienze uguali.


Le esperienze meditative


In meditazione le esperienze sono sempre vere. Le interpretazioni, invece, sono sempre sbagliate.
Se per esempio ho provato un senso di immensità, di quiete o di armonia universale, questa è un’esperienza. Ma se dico: “Questa è l’Assoluto, questa è Dio, ecc.”, dico una sciocchezza.
Un’esperienza meditativa non è né vera né falsa. È un’esperienza e basta.
Un’interpretazione è sempre arbitraria. Questo perché vogliamo introdurre parole e concetti, mentre la meditazione è rivolta a uscire da questi stretti e convenzionali limiti.
Noi trascendiamo il linguaggio.
Se ascolto una musica o mi siedo in riva al fiume, non riuscirò mai ad esprimere con parole la stessa esperienza. Nessuna parola, nessun concetto riuscirà mai a “spiegarla”.
Quello che cerchiamo non va chiuso in gabbia. Va lasciato fluire liberamente e vitalmente.

venerdì 16 febbraio 2018

La meditazione fondamentale


Nella sua forma più elementare, la meditazione è sedersi tranquillamente una o più volte al giorno. Il punto fondamentale sta in quell’avverbio: “tranquillamente.”
È il modo, la qualità che conta, non l’obiettivo, lo scopo, il fine.
“Stare seduti tranquillamente” significa farlo senza ansie, senza secondi fini, senza sforzi, senza volontà di fare, raggiungere o ottenere qualcosa, e anche senza ricordi o progetti per il futuro. Stare esattamente lì, a nostro agio.
Quando cerchiamo qualcosa o un certa esperienza, siamo persone banali, dirette da desideri, ansie, paure, rimpianti, motivazioni e speranze. Dunque, non siamo tranquilli.
Certo, non vediamo comparire né angeli né dei. Non accadono miracoli. Ma, quando meditiamo senza cercare niente, assaporando il momento, siamo superiori anche agli dei, poveretti, sempre in tensione per tenere in piedi questo enorme baraccone.
È vero, sono esperienze che durano poco. Perché, subito dopo, siamo ripresi dall’ansia di fare o non fare, di conquistare, di ottenere o di perdere, di guadagnare, di amare o di essere amati, di difenderci o di colpire….
Una cosa così semplice che è difficile capirla. Siamo troppo intellettuali.

Il "re del creato"


Noi non potremmo vivere senza le piante. Ma le piante potrebbero vivere senza di noi. Se un virus uccidesse tutti gli esseri umani, le piante a poco a poco riconquisterebbero le nostre città e i territori che abbiamo loro sottratto. E alla vita non mancherebbe niente. Sarebbe perfetta.
C’è da chiedersi allora se l’uomo sia davvero il coronamento della vita o… un’aberrazione, uno sbaglio evolutivo.
Siamo che noi che ci diamo tutta questa importanza e pensiamo di avere un rapporto speciale con Dio, al punto che Dio avrebbe desiderato di “farsi uomo.”
E perché non un albero, magari una quercia o un ulivo millenario? Guardiamoci bene intorno.

Cercare la trascendenza


Quasi tutti hanno occasionalmente esperienze di infinito, di immensità, di mistero, di spaziosità, di sublime, di universalità, di interconnessione, di distensione, di liberazione, di espansione, ecc.
Ma limitiamoci all’esperienza e non le diamo un nome, un’etichetta. Soprattutto non diamole un nome desunto da qualche religione storica. Non usiamo neppure la parola “Dio.” Sarebbe un’insopportabile limitazione. Sarebbe la sua distruzione.
Dall’esperienza ineffabile alla parola e alla storia c’è tutta un’opera di interpretazione e di declassamento.
Teniamo l’esperienza lì, sospesa, senza attaccarle etichette. Teniamo indietro le parole, il più possibile.
È come guardare una farfalla meravigliosa che ci passa un attimo davanti. Non cerchiamo di afferrarla e chiuderla in una gabbia.
Rimanere aperti e disponibili.


La ricerca spirituale


Cercare una cosa o una soluzione può essere più o meno difficile. Ma cercare una cosa che non si sa cosa sia è ancora più difficile. E allora perché si cerca?
È un po’ come in un giallo, in cui si sa che c’è un morto, ma non si sa chi è il colpevole.
Oppure è come il bisogno di amore nella prima adolescenza. Sappiamo che abbiamo bisogno di qualcosa, ma non sappiamo quale forma assumerà.

giovedì 15 febbraio 2018

La retorica


Quando si sentono affermazioni come “l’amore vincerà sull’odio” o “la vita vincerà sulla morte”, capiamo che i luoghi comuni sono difficili da morire, soprattutto in chi non riflette. L’amore non può prevalere sull’odio, la vita non può prevalere sulla morte, per il semplice motivo che, dove c’è l’uno c’è anche il suo contrario. E se uno dei due prevalesse, entrambi sparirebbero.                                                                         


Autostima


Quando si è convinti che il futuro non dipenda da noi, ma da una superiore Volontà imperscrutabile, è inevitabile che manchi l’autostima. Siamo pagliuzze in balia del primo colpo di vento.
Ma ci si dimentica che questa convinzione è di origine religiosa. I popoli che non hanno una cultura cattolica credono di più in loro stessi e, di conseguenza, sono in grado di fare di più senza aspettare fatalisticamente l’intervento del Santo o della Provvidenza.
“Dio è una risposta grossolana, un’indelicatezza verso noi pensatori – in fondo è solo un grossolano divieto che ci viene fatto: non dovete pensare!” (F. Nietzsche, Ecce Homo)

mercoledì 14 febbraio 2018

"Fare meditazione"


Quando decidi di fare meditazione, quando senti il richiamo o il bisogno di fare meditazione, in realtà stai già facendo meditazione, qualunque cosa tu faccia o non faccia. Anzi, è meglio in quel momento non fare nulla. Non facendo nulla, puoi fare meditazione.
Devi fare qualcosa di speciale? Devi seguire qualche tecnica particolare? Puoi e non puoi. Dipende da te, da come ti abitui, dal metodo che ti piace di più. Ma anche da nessun metodo.
Sai che cosa rispose un maestro zen a chi gli aveva chiesto che cosa fosse la meditazione?
“Niente di speciale.”
Perciò, quando senti quel bisogno, mettiti tranquillo.
Questa tranquillità è sia un primo risultato sia la via.
“Iniziamo a cambiare noi, il futuro ci seguirà.” Iniziamo a fare meditazione stando calmi e lucidi, la meditazione seguirà.

L'ideale della purezza


L’ideale del Movimento Cinquestelle di essere l’unico partito che non sia inquinato dalla corruzione non tiene mai conto della realtà.
E cioè che l’humus dei suoi parlamentari è lo stesso dei parlamentari e dei politici degli altri partiti. In parole povere, in Italia è meglio non metterla mai sul piano della purezza, dell’integrità e della onestà.
Nel popolo italiano non sono contemplati questi valori, tranne poche eccezioni. Dalla politica agli affari, dall’amministrazione alle religione, è tutta una questione di favori reciproci, di scambi sotterranei, di metodi per aggirare le legge e per ottenere privilegi, di piccole o grandi mafie e massonerie, di trucchi per far soldi senza merito, attraverso accordi segreti.
È la corruzione italiana – una corruzione profonda, una corruzione dell’anima.
Ma gli italiani credono ancora, poveri ingenui, all’ideale della purezza. Non conoscono se stessi. La delusione sarà atroce.

martedì 13 febbraio 2018

L'accettazione di sé


Il rapporto con noi stessi è sempre problematico, perché o ci sia ama troppo (narcisisti) o non ci si ama affatto. Quando però non ci si ama, è difficile amare qualcun altro. Noi siamo il primo “altro” per noi stessi. Ricordiamo allora che per amare qualcuno in modo equilibrato dobbiamo amare noi stessi.
Diceva il Buddha: “Forse cercherai nel mondo qualcuno che sia più meritevole di te di essere amato. Ma non lo troverai. Come chiunque nell’universo, tu stesso sei meritevole di amore”.
Quante volte, di fronte a un nostro sbaglio, ci diciamo che siamo degli imbecilli! Ma, se non siamo capaci di amare, perdonare e accettare noi stessi, non potremo farlo neppure con gli altri.
Quando sbagliamo, dobbiamo ricordarci come ci comporteremmo con una persona amata che cerchiamo di aiutare senza offenderla, senza sottolineare i suoi difetti, ma facendo leva sui suoi pregi.

Destra sinistra


È venuto di moda dire che non c’è differenza tra destra e sinistra. Ma non è vero. La destra ha appena detto che, se arriverà al potere, cambierà la legge sulle unioni civili – una delle cose buone che aveva fatto la sinistra. E darà più soldi alle scuole cattoliche.
La verità è che la cultura di destra resta sempre autoritaria e dirigista. E non vuole che l’individuo possa scegliere da sé.
Lo stesso avviene in campo religioso. Ci sono religioni di destra – le religioni del Padrone supremo e della suprema Autorità, cui si deve sottomissione senza discutere – e religioni di sinistra (come il buddhismo), dove ognuno è l’autorità di se stesso.
Essere di destra o di sinistra è una questione psicologica e antropologica, e non è detto che coincida con  i partiti politici.
Perciò piantiamola di dire sciocchezze e rendiamoci piuttosto conto che talvolta in ogni uomo possono esserci lati di “destra” e lati di “sinistra”. Ma la distinzione è fondamentale.

lunedì 12 febbraio 2018

La ruota del divenire


Siamo talmente schiavi del desiderio, siamo talmente trascinati dalla ruota del divenire che non riusciamo ad assaporare nemmeno il momento presente, perché subito ci protendiamo verso il momento successivo.
Se tentate di assaporare questo momento senza desiderare il successivo e senza ripensare a quello passato, state in realtà meditando.
In tal senso, meditare è un grande atto di ribellione. Ci si rifiuta di essere mossi dagli altri e dal tempo stesso, per essere autonomi e anticonformisti. Questo non piace ai religiosi che fanno della conservazione e del conformismo di massa il loro business.
Proviamo a fermare questo meccanismo infernale che ci tiene tutti avvinti.

domenica 11 febbraio 2018

La meta di ognuno


“È inutile che corri - la meta sei tu stesso” dice un proverbio spagnolo. Ma la verità è che noi rincorriamo noi stessi, così come rincorriamo ogni cosa, con il desiderio di ottenere e con la paura di perdere. Anche questi sono due limiti. Abbiamo con noi stessi i rapporti che abbiamo con le cose.
Paura e desiderio: due facce della stessa medaglia – una medaglia che non ci fa mai essere là dove realmente siamo.

Ai limiti del pensabile


Ma come si fa a pensare a ciò che il nostro cervello non è fatto per pensare?
Intanto ci portiamo al limite del pensabile (contrassegnato dalle solite aporie logiche – sempre le stesse) e incominciamo a pensare che ci possa essere qualcosa al di là. La mente che è consapevole che si trova al limite è già un tantino al di là.
Se siamo consapevoli dei limiti, incominciamo a pensare all’impensabile. È come il pesce che si avvicina alla superficie dell’acqua, ma non riesce ancora a fare un salto per guardare che cosa c’è oltre, sopra. Però vede che c’è qualcosa.
Questa operazione non è inutile. A forza di avvicinarci al confine e guardare la situazione confusa che ci si presenta, incominciamo a compiere nuovi balzi, dando furtivi e meravigliati sguardi all’al di là.

Il problema della meditazione è che noi operiamo a un livello che ha due limiti: l’uno superiore e l’altro inferiore, ossia il supercoscio e l’inconscio.
Paradossalmente è nei momenti di crisi che ci si rivela più chiaramente la realtà – la vera realtà, non quella costruita dalla ragione, basata sul principio di non-contraddizione.
È negli stati di transizione o subliminali che possiamo operare con più efficacia.
Lo stato meditativo ha poco a che fare con il livello razionale e conscio, che è sempre un’interpretazione , una riduzione e un aggiustamento, ma è tutto ciò che sta sopra e sotto.
È piuttosto uno stato di transizione, di bardo, di coscienza affievolita. È lì che possiamo operare più efficacemente, come il chirurgo che deve fermare per un po’ il cuore per poter operare su di esso.

sabato 10 febbraio 2018

"Non nominare il nome di Dio invano!"


Mai comandamento è stato più violato di questo. Ovunque regni un regime teocratico, religioso, confessionale, i suoi avversari vengono bollati come atei, miscredenti o “nemici di Dio”.
Ma da quale parte potrebbe stare Dio? Già la domanda rivela un’ignoranza di fondo.
Dio non sta da nessuna parte, perché è il Tutto.
Quindi, non appena si nomina Dio, lo si nomina invano, cioè a sproposito, perché gli si assegna sempre una parte o un senso.

I saggi al potere


Forse, per risolvere i problemi della politica e della giustizia, dovremmo fare come in certi paesi delle favole, dove, una volta morto il re, il popolo si riunisce e si domanda: “Qual è l’uomo più saggio del paese?” E lo elegge.
Forse i nostri problemi di democrazia nascono dal fatto che non abbiamo più un’idea di che cosa sia un uomo saggio. C’è mai un’idea di saggezza nelle nostre elezioni?

La Causa prima


Se tutto ha una causa – ragionano i teologi – deve esserci una Causa prima. A me sembra che non sia logico. Se tutto ha una causa, anche la presunta Causa prima avrà una causa; altrimenti neghiamo ciò che affermiamo.
Ma come può essere che non ci sia una Causa prima? Può essere se il processo di causazione è per così dire circolare, infinito.
E proprio questo rimando all’infinito è la “Causa prima”. Che non è un essere, ma un processo. Senza inizio e senza fine – concetti che d’altronde sono puramente mentali.

IL paradosso della condizione umana


Il paradosso della condizione umana! Cerchiamo noi stessi perché ad un certo punto non sappiamo più chi siamo. Ma ciò che cerchiamo è esattamente ciò che già siamo. Come la mettiamo?
Chi ci ha messo un cuneo nel cervello separando il conoscente dal conosciuto?
Forse proprio il linguaggio dualistico?
Ma ci sono due cose da notare. Prima, forse ci conosciamo, ma non ci piacciamo, e allora facciamo finta di non conoscerci. E, seconda, non siamo sempre gli stessi nelle varie stagioni della vita. Cambiamo di continuo. E dunque dovremmo avere un programma di aggiornamento, così come succede nei computer.
Rimaniamo con idee vecchie, con immagini superate di noi stessi… e quindi non ci riconosciamo più.

venerdì 9 febbraio 2018

L'anima del Testimone


Diceva Eraclito: “Quando viviamo, l’anima è sepolta in noi ed è morta; quando moriamo l’anima torna a vivere”.
In effetti, quando conosciamo certe persone, ci domandiamo: “Ce l’avranno davvero un’anima? E, se ce l’hanno, perché non si vede? Dove si è nascosta?”
Il problema è che gli uomini, tutti intenti a vivere, non sospettano neppure di avere un’anima su cui possono lavorare. E quindi non se ne prendono cura, non la coltivano, non la sviluppano. La loro anima è come un corpo rachitico.
L’anima è il Testimone di tutto. Ma noi siamo convinti di essere soltanto un io, un io che opera in prima persona. L’anima invece è il Testimone silenzioso, che osserva tutto –che osserva i contorcimenti dell’io. È sempre in noi, è sempre il vero “sé”, è la “persona prima”.
Tutto ciò che facciamo attraverso l’io è superficiale e destinato a svanire come neve al sole. Rimarrà solo quel Testimone, che sarà quel che ha testimoniato, nel bene e nel male, nella coscienza e nell’incoscienza.
Per coltivare un simile testimone, bisogna permettergli di affiorare in superficie, togliendogli tutti quei pesi e e quelle maschere che lo nascondono e lo soffocano. Non ci vuole molto, più un non fare che un fare, più un togliere che un mettere. Un po’ di silenzio, un po’ di calma, un po’ di pace, molta osservazione e attenzione…
Dobbiamo osservare o contemplare fino al punto di ritrovate l’Osservatore, l’anima prima o ultima. Dobbiamo chiederci in ogni momento: “Chi è che osserva? Chi è l’osservatore di prima o ultima istanza?”
Arriverà un giorno in cui capiremo, in un istante, che noi lo siamo.

giovedì 8 febbraio 2018

La ricerca della verità ultima


La ricerca della Verità ultima non può partire da preconcetti, da dogmi o da fedi. Se la cerchi partendo da una religione, da una spiritualità o da una filosofia hai già forti condizionamenti e troverai una risposta prefabbricata che non ti convincerà mai dal tutto perché non è tua, ma è già stata pensata da altri.
Tu devi farti prima la tua esperienza e poi la tua convinzione, altrimenti non sarai mai sicuro di niente e uscirai alla fine da questa vita in totale ignoranza, così come ci sei entrato.
Già il fatto di parlare di “ Dio”no di vita “ultraterrena” significa ridurre le possibili risposte ad una idea o ad un ventaglio limitato di idee.
Però non è detto che la Verità ultima rientri in tale ventaglio. Magari è al di fuori, è qualcosa che proprio non conosci o non immagini.
È per questo che in meditazione si parla di fare il vuoto mentale. È il vuoto dei preconcetti. Ti devi avvicinare al problema vergine, intonso, senza aspettative, aperto ad ogni possibilità. Come in tutte le nostre esperienze. Se non sai nuotare, non puoi pensare di sapere in anticipo che cosa sia l’esperienza del nuoto. Sarà certamente diversa da tutto ciò che ti avevano detto o che avevi immaginato.
Non devi accontentarti di ciò che la società ti ha preparato. Non potrai capire che cosa sia il nuoto finché non ti butterai in acqua. Non potrai sapere che cosa sia l’amore se ti basi soltanto sulle idee altrui o sui romanzi. Svuotati di credenze, di libri, di tradizioni, di concetti e perfino dall’idea di essere un io.
È vero che fare il vuoto mentale è difficile e forse impossibile. Ma almeno dobbiamo essere consapevoli di essere condizionati o indotti a credere a certe cose “tradizionali”, che non possono essere la Verità ultima, ma solo l’opinione di qualcuno.
Se non sarai aperto alle cose nuove, non scoprirai mai niente di nuovo. Nella ricerca, l’aspetto più importante è proprio questa apertura, questa disponibilità, questa mente da “principiante”.

Sognando la felicità


Tutti questi libri sulla felicità non devono farci dimenticare il fatto che non si può bandire l’infelicità dalle nostre esistenze. Tutti devono crescere passando da una crisi all’altra, tutti devono ammalarsi, tutti devono invecchiare, tutti devono morire, tutti finiranno per non poter ottenere qualcosa o qualcuno che vorrebbero e saranno costretti a fare cose o a vivere con persone che non vorrebbero.
L’esistenza stessa della felicità presuppone quella dell’infelicità. Naturalmente c’è chi sarà più felice e chi meno, ma nessuno potrà evitare del tutto la sofferenza.
Tutta la nostra saggezza non deve servirci solo ad evitare i danni, ma deve anche prepararci ad assorbire i colpi. Proprio come nella boxe, non potrete dare solo colpi; molti li riceverete.
Non illudiamoci di poter scansare sempre i colpi del destino. Prima o poi verremo colpiti anche noi. E quindi ci conviene prepararci ad elaborare il dolore e l’infelicità. Dobbiamo farci una filosofia, che preveda la sconfitta e la perdita, non vivere di illusioni ottimistiche, vitalistiche e irreali.

mercoledì 7 febbraio 2018

Fuggire da se stessi

Chi, dopo aver attraversato una profonda crisi psicologica e/spirituale, decide di dedicarsi al prossimo, non mi convince. In sostanza usa gli altri per liberarsi di se stesso. Ma fino a quando riuscirà ad evitare l’incontro con se stesso?

Prima di dedicarsi agli altri è d’obbligo fare i conti con se stessi. Altrimenti è solo una fuga.

Pensare e non pensare

Imporci di pensare è facile. Imporci di non pensare è difficile.
Eppure, ci sono momenti in cui il nostro più grande nemico è proprio il pensiero, che ha la tendenza non solo a ingigantire le ombre e le paure, ma anche a precostituirci l’interpretazione delle esperienze. Il risultato è che noi non vediamo più la realtà, ma la vediamo secondo schemi e categorie precostituite. Il che è invalidante quando vogliamo capire qualcosa della trascendenza, del divino, degli altri e di noi stessi. Siamo come dischi vecchi in cui la puntina segue sempre gli stessi solchi.
Solo se si capisce questo, siamo padroni di pensare qualcosa di nuovo

Tutti vogliono insegnarci a pensare in un certo modo. Nessuno, tranne la meditazione, vuole addestrarci a fare il vuoto mentale – almeno delle vecchie idee.

martedì 6 febbraio 2018

I rischi della meditazione

Bisogna stare attenti a come si usa la mente. Un uso scorretto può provocare danni. Pensiamo per esempio al contributo negativo della mente nella genesi di un’ulcera, di una depressione, di un attacco cardiaco o di altre malattie.
Poiché l’essere umano è un insieme di corpo e spirito, una depressione o uno shock dello spirito porta inevitabilmente a una depressione o a una malattia del corpo.
Se dunque la mente è indirizzata male, ciò può avere conseguenze negative – per il corpo e per la mente stessa. Può avvenire anche il contrario, che un corpo maltrattato provochi stati d’animo nocivi.
Questo vale anche in campo meditativo. Siccome i nostri primi tentativi sono tutti sforzi mentali diretti ad ottenere forza, potere egoico e felicità personali, dobbiamo riesaminare i nostri veri obiettivi. Non stiamo lavorando solo per noi stessi, ma per il bene dell’umanità.
Ogni nostro passo avanti, è un passo per tutti gli uomini. Siamo pionieri che lavorano disinteressatamente per il bene generale. Non per far soldi, per diventare famosi o per diventare potenti.
Questa è l’unica impostazione valida – ed efficace. Le altre potrebbero anche essere nocive o comunque non portare a niente. Dobbiamo sempre tener sotto controllo i nostri limiti e il nostro istintivo egocentrismo.
Il fatto è che la meditazione non dovrebbe neppure essere un atto della mente, ma uno sviluppo della consapevolezza al di là della piccola mente condizionata.

Si può dire che s’incomincia a meditare solo quando ci capisce questa impostazione.

lunedì 5 febbraio 2018

Oltre la logica

Il fatto che nell’antichità e in tutto il mondo il primo culto reso alla Divinità fosse quello dei sacrifici (animali e/o umani) la dice lunga su che cosa si pensasse fosse Dio: una potenza selvaggia e violenta, padrone della vita  della morte, che poteva essere placata solo con sacrifici di sangue. (Anche il cristianesimo rientra in questa logica del sacrificio: qui Dio è così simpatico che sacrifica una parte di sé, il “Figlio”.)
Del resto le parole “sacro” e “sacerdote” sono collegate a “sacrificio”.
In seguito è arrivato il restyling , il “religiosamente corretto” e si è cominciato a pensare che Dio fosse solo Amore e Bontà.
Belle parole che non nascondono la realtà. Quando arriva una sciagura incomprensibile, individuale o sociale, ecco che si riaffaccia l’idea di un Dio che richiede sacrifici umani. Non si riesce infatti a conciliare questa idea di un Dio solo buono con ciò che di terribile succede nel mondo.
In Oriente si è eliminata questa difficoltà introducendo l’idea di karma: ognuno riceve in vita ciò che ha seminato nelle vite precedenti. Ma anche qui s’incontra una difficoltà. Quando è incominciato questo karma e perché noi non ricordiamo le vite precedenti?
In realtà sembra più giusto pensare che Dio sia al di là del bene e del male e di tutti i nostri concetti dualistici su cui si basa la nostra mente che giudica gli avvenimenti. Ma come capire tutto ciò se non possiamo usare le nostre categorie mentali?
Non con la mente, ma con la non-mente. Non con la logica, ma con la non-logica. Non con la razionalità, ma con la non-razionalità. Questo è compito della meditazione.
In sostanza, quando ci poniamo questo genere di domande, non dobbiamo rispondere con la solita logica che si trova sempre di fronte a paradossi insolubile. Ma con il silenzio.
Mettiamoci di fronte alla domanda di senso e lasciamo che si creino silenzio, vuoto e spaziosità. Contempliamo l’intero quadro resistendo alle tentazione di dare risposte razionali o rassicuranti. Allarghiamo sempre di più la nostra consapevolezza. Vediamo non se arriva una risposta, ma se si crea in noi uno spazio di comprensione.

È in questo spazio che si esce dal dualismo e dalla sua sofferenza. C’è una via d’uscita oltre la logica.

domenica 4 febbraio 2018

Alla fine del pensiero

Tutte le nostre idee di giustizia ultraterrena – paradiso/inferno, reincarnazione o annullamento totale – hanno un grosso difetto: sono mediocri, sono proiezioni umane (troppo umane), sono cioè ciò che farebbe un uomo se fosse Dio.
Ma Dio non è un uomo, non pensa  e non progetta come un uomo. E, dunque, proviamo a ripensare il problema non come uomini - dando per scontato che tutto ciò che ci immaginiamo non è all’altezza.
Prendiamo in considerazione le varie ipotesi e scartiamole ad una ad una dicendo: “Troppo umana, non è questa…” Che cosa rimane alla fine?
La fine del pensiero.
Quando siamo alla fine del pensiero, siamo più vicini alla realtà.
A quel punto, forse, come se vi rammentaste di qualcosa improvvisamente, esclamerete un “Oh!” di meraviglia.
Lì, in quella meraviglia, la verità.

 Il mondo non è indipendente dalla nostra esperienza.
Ogni cosa esiste in un’estesa onda di possibilità, tutte presenti nello stesso tempo. Quando la guardiamo, quando ne siamo coscienti, assume all’istante una delle sue possibilità di essere.

Il mondo è un insieme di potenziali realtà tra cui scegliere. Dunque, in tal senso, lo creiamo noi.

sabato 3 febbraio 2018

Il mestiere di uomini

Ognuno di noi sa di essere qualcosa. Ma essere se stessi è difficile, molto difficile, oggi come ieri. Tutti infatti cercano di farci essere come vorrebbero loro: genitori, scuola, famiglia, religione, Stato, coniugi, parenti, ecc.
Essere se stessi è difficile anche perché fino a una certa età non sappiamo chi siamo. È dunque molto difficile trovarsi e identificarsi. Qualcuno non ci riesce mai.
Questo discorso sembra essere in contrasto con i messaggi spirituali che ci invitano a superare il nostro io. Ma non bisogna farsi illusioni: per trascendere se stessi bisogna prima essere se stessi.
Sarebbe troppo facile rinunciare a qualcosa che non siamo o che non ci piace.
Insomma il mestiere di uomini non è semplice. È un percorso lungo che non tutti riescono a compiere.

Oltretutto ad ogni età della vita siamo un po’ diversi e continuiamo a cambiare