domenica 10 maggio 2015

Lo sguardo

Secondo alcune tradizioni meditative, lo Dzogchen e la Mahamudra, lo sguardo deve essere aperto e deve essere rivolto direttamente davanti a noi. Secondo il Mahayana e l’Hinayana, deve essere rivolto verso il basso, intravedendo magari la punta del naso. Secondo il Vajrayana, deve essere rivolto in su, verso lo spazio o verso la corona della testa.
Ma è meglio non guardare proprio niente, nessun punto. L’importante non è guardare qualcosa, così come si fa nella contemplazione di un oggetto o di un panorama, ma non fissare gli occhi su nulla. Lo scopo infatti è trascendere ogni percezione e lo stesso pensiero concettuale.
Chiudiamo dunque gli occhi e concentriamo lo sguardo non dove si trova qualcosa, ma nel punto in cui la mente smette di ragionare e rimane soltanto una consapevolezza.
È difficile indicarlo a parole, dato che non si tratta di trovare un’immagine o una direzione. Provate a trovare la posizione (di non-mente) quando ad occhi chiusi vi lavate la faccia o quando vi chinate sulle mani e sulle ginocchia, abbassandovi e rialzandovi più volte. Lo sguardo smette di guardare oggetti fisici e trova una posizione dove “guarda” la parte interna del sé, l’interno della mente – e la mente pensante si blocca.

Lì è la prova che può esserci presenza o attenzione o consapevolezza – senza pensieri.

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