martedì 26 maggio 2015

Di fronte alla morte

Di solito di fronte ad una persona che sta morendo o che è appena morta, non sappiamo che cosa fare, che cosa dire, che cosa pensare, e siamo invasi da dolore, angoscia e disperazione.
Un aiuto viene dalla tradizione del buddhismo tibetano che ci consiglia, in questi casi, di ripetere mentalmente il mantra OM MANI PADME HUM, il più importante e il più antico.
Al di là del significato letterario, si tratta di parole di incoraggiamento e di augurio, sia per il defunto sia per chi vive il lutto. Non sono parole qualsiasi, come quelle di una preghiera, ma suoni che hanno un valore in se stessi. Il primo e ultimo suono sono le sillabe germinali. Gli altri due indicano il “gioiello del loto”, ossia il loto della coscienza umana, della mente che genera la volontà di illuminazione e il desiderio di liberazione (bodhicitta).
In pratica, la ripetizione del mantra sanscrito svolge dapprima la funzione di fornirci un contenuto mentale e poi quella di produrre una sensazione di pace e di compassione attiva.
In tal modo si augura e si favorisce in se se stessi e nel morto la capacità di superare la fase di paura e di confusione che segue la morte.
Da una parte, insomma, generiamo in noi uno stato d’animo positivo, e dall’altra parte cerchiamo di proporre (anche al defunto) un aiuto in un fondamentale passaggio (bardo).
E, poiché noi attraversiamo continuamente fasi di transizione (da un momento all’altro, da un’età all’altra, da uno stato d’animo all’altro, ecc.) il mantra può esserci sempre utile.
Ne esistono anche molte versioni cantate: basta andare su Youtube.

Nessun commento:

Posta un commento