Sembra impossibile non
essere l’io che ci è familiare e con cui ci identifichiamo abitualmente. Ma la
verità è che quella identità ci è stata instillata a poco a poco, dandoci un
nome e poi facendocelo ricordare. Ancora oggi, quando ci addormentiamo, ci
dimentichiamo chi siamo e, quando ci risvegliamo, dobbiamo ricordarcelo di
nuovo: “Ah, ecco, sono io!”
Ma la nostra identità,
legata a quel nome, è superficiale. Siamo come un cane a cui abbiamo dato un
nome. Lo chiamiamo “Fido” e lui ha imparato a rispondere, associandosi a quella
parola.
C’è però un altro nome,
un’altra identità: quella che ognuno di noi è per se stesso, meno superficiale
della prima. Pensiamo: mi chiamo Tizio o Caio, ma io sono un altro…che solo io
conosco.
È vero. Eppure non è finita.
C’è un’altra identità, ancora più profonda. Non più Tizio o Caio, non più ciò
che sono per me stesso, ma l’essere stesso.
Chiunque io creda di essere,
lo sono solo parzialmente. Perché c’è un sé che precede tutti gli altri. Al
fondo di tutto, “quello” tu sei.
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