martedì 28 ottobre 2014

"Sii ciò che sei" (Ramana Maharsi)

Sembra impossibile non essere l’io che ci è familiare e con cui ci identifichiamo abitualmente. Ma la verità è che quella identità ci è stata instillata a poco a poco, dandoci un nome e poi facendocelo ricordare. Ancora oggi, quando ci addormentiamo, ci dimentichiamo chi siamo e, quando ci risvegliamo, dobbiamo ricordarcelo di nuovo: “Ah, ecco, sono io!”
Ma la nostra identità, legata a quel nome, è superficiale. Siamo come un cane a cui abbiamo dato un nome. Lo chiamiamo “Fido” e lui ha imparato a rispondere, associandosi a quella parola.
C’è però un altro nome, un’altra identità: quella che ognuno di noi è per se stesso, meno superficiale della prima. Pensiamo: mi chiamo Tizio o Caio, ma io sono un altro…che solo io conosco.
È vero. Eppure non è finita. C’è un’altra identità, ancora più profonda. Non più Tizio o Caio, non più ciò che sono per me stesso, ma l’essere stesso.

Chiunque io creda di essere, lo sono solo parzialmente. Perché c’è un sé che precede tutti gli altri. Al fondo di tutto, “quello” tu sei.

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