Nella varie tradizioni
spirituali, la rabbia viene considerata un impulso negativo, un peccato, una
contaminazione, un impedimento, un vizio, un ostacolo. Se però ci troviamo di
fronte ad un’ingiustizia, ad una prepotenza o ad una minaccia violenta, e
proviamo rabbia, ira, collera, indignazione, ecc., scopriamo che questo
sentimento non è improprio. Esprime una “giusta” reazione e contiene un impulso
di energia che può essere indispensabile per affrontare il problema.
Semmai, non dobbiamo farcene
trascinare fino a perdere il lume della ragione e a commettere spropositi. La
persona che smarrisce ogni forma di controllo e si mette a urlare, la persona
che è “fuori di sé”, non combina niente di buono e spesso si pente di quel che
ha fatto.
Ma anche la repressione è
dannosa. Ignorare o negare le emozioni rende sterili, freddi, indifferenti,
quando non provoca malattie psicologiche.
Dunque, bisogna imparare ad
utilizzare l’energia suscitata dalla rabbia, convogliandola verso la soluzione
del problema. Il che significa che dobbiamo essere consapevoli di quello che
stiamo provando e, anzi, percepirlo fino in fondo.
In realtà, non esistono
sentimenti del tutto negativi, nemmeno l’odio, nemmeno l’invidia, nemmeno l’orgoglio.
La realtà è sempre ambivalente: il bianco non è mai del tutto separato dal
nero. Bisogna ogni volta capire la provenienza, la giustificazione e il
fondamento di ciò che proviamo. E utilizzarne la carica.
Ogni impulso è frutto di una
forza che può diventare positiva o negativa a seconda del modo in cui viene
“trattata”, indirizzata e impiegata.
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