Uno degli scopi della
meditazione è creare una barriera all’eccesso di stimoli sensoriali, emotivi e
intellettuali che vengono dall’ambiente circostante. Un attacco, un’irruzione
continua che finisce per creare stress, disorientamento, confusione e
infelicità.
Se mi metto in meditazione e
incomincio a ripetere per esempio il mantra “calma”, magari accordandolo al
ritmo del respiro, automaticamente riduco il numero degli input esterni
(rumori, telefonate, traffico stradale, informazioni radio-televisive, ecc.) ed
interni (pensieri, immagini, ricordi, riflessioni, monologhi interiori, ecc.).
Riduco gli stimoli a quello benefico della calma.
Ma, poiché non posso stare
tutto il giorno in meditazione tenendo in piedi questa barriera, che è comunque
fragile, devo passare ad una seconda strategia: lasciar entrare gli stimoli
restando consapevole dei miei stati d’animo e delle mie reazioni. Insomma devo
sviluppare la qualità e la postura psicologica del testimone.
Mentre la mia mente è
assalita da tanti input, da tanti stati d’animo (e li produce essa stessa), io
li osservo e li accolgo come un testimone distaccato.
Il testimone vede che io
sono, di volta in volta, infastidito, annoiato, ansioso, irritato, ecc., ma, in
quanto osservatore, ne rimane al di fuori.
È come andare al cinema e
osservare lo spettacolo: io registro le reazioni e gli stati d’animo che si producono
in me, restando consapevole che sono solo lo spettatore – non un attore
coinvolto.
Assumere la posizione del
testimone significa passare dal punto di vista dell’ego al punto di vista del
Sé.
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