Il bandolo della matassa è
proprio qui e adesso. Noi lo cerchiamo esternamente, mentre è “dentro” di noi.
È come cercare gli occhiali mentre li abbiamo sul naso.
Noi siamo sempre il sé,
anche se non ce ne rendiamo conto. Quando ci domandiamo: “Chi sono io?”, ci
diamo mille risposte, ma mai quella essenziale, quella che sta al fondo di
tutte le nostre identità. E così identifichiamo solo varie maschere. Dovremmo chiederci:
“Che cos’è questa coscienza attraverso cui sto cercando?”
Da dove viene la domanda?
Il problema è che la nostra
coscienza è continuamente impegnata negli eventi esterni e si è dimenticata
della sua sorgente.
Dobbiamo dunque imparare a
vedere tutti gli eventi come proiezioni della nostra stessa mente e lasciarli
apparire e scomparire, senza attaccarcisi, senza considerarli realtà concrete,
solide. Si tratta di “realtà” non molto diverse da quelle di un sogno o di un
film.
Ma non per questo dobbiamo
consegnarci all’immobilismo, all’apatia o all’inattività. Dobbiamo fare le cose
che siamo chiamati a fare senza permettere loro che lascino troppe tracce nel
nostro animo.
Perché sono loro – le tracce
- che determineranno il nostro destino futuro.
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