La meditazione può essere suddivisa in
tre fasi: nella prima c’è la ricerca del raccoglimento, della calma e del
silenzio fisico e mentale, nella seconda c’è il riconoscimento o la
consapevolezza dei nostri pensieri e dei nostri stati mentali, e nella terza
c’è il tentativo di influire su questi ultimi in modo da cambiare noi stessi in
modo positivo e di ritrovare il sé originario.
Queste
tre fasi possono essere consecutive oppure si alternano senza un ordine: si
tratta comunque di meditazione, di un’attività della coscienza che può
svolgersi continuamente, anche quando facciamo altre cose. Anzi, è proprio
l’attività quotidiana che ci dà la materia di osservazione e la necessità di
migliorare la condizione in cui viviamo abitualmente.
La
necessità del raccoglimento e della calma nascono dallo stato di dispersione e
di confusione in cui ci troviamo usualmente. Poiché questo stato accresce il
nostro stress e il senso di spaesamento, dopo un po’ diventa una forma di
malessere. Per controbilanciare questa sofferenza, la strategia migliore è
dedicarci all’immobilità e al silenzio. Se per esempio, cerchiamo e troviamo il
silenzio, possiamo già uscire dallo stato di maggior sofferenza e trovare lo
stato di default del cervello-mente: una condizione di relax che ci fa star
meglio.
Florence
Nightingale diceva che il rumore è un “crudele mancanza di attenzione”,
qualcosa che noi infliggiamo agli altri e a noi stessi. Ma se il silenzio
fisico è relativamente facile da trovare, il rumore mentale è ben più difficile
da eliminare. Infatti, anche se ci troviamo in una zona priva di rumori o se ci
chiudiamo le orecchie con cuffie o tappi, resta il chiacchiericcio mentale, che
è ancora più fastidioso. E qui entra in campo la seconda fase della
meditazione.
Per
prima cosa dobbiamo diventare consapevoli di questo “rumore” che abbiamo sempre
nella testa e che ci assorda, ci confonde e ci distrae. Si tratta di pensieri,
ricordi, rimuginazioni, immaginazioni, fantasie, desideri, speranze… Non siamo
noi che dirigiamo la nostra mente, ma è la nostra mente che ci sposta
continuamente di qua e di là. Noi siamo in un posto, mentre con la mente siamo
chissà dove. Risultato, non siamo mai presenti a noi stessi, e viviamo in un
mondo immaginario che ci allontana dalla realtà, facendoci assomigliare a gente
addormentata o sognante. Non a caso, per allontanarci da questa condizione
parliamo di “risveglio”.
Per risvegliarci dai sogni della mente,
dobbiamo diventarne il più possibili consapevoli: “Sto sognando, sto
fantasticando, torniamo alla realtà…”. E cerchiamo di concentrare la mente su
qualcosa di vivo e presente, come il respiro, un mantra o il vuoto stesso.
Insomma cambiamo il fuoco dell’attenzione.
Proviamo per esempio a puntare
l’attenzione sull’ultimo pensiero o stato d’animo e notiamo come esso possa
svanire lasciando un momento di vuoto… prima che ne sopraggiunga un altro.
Fissiamoci su quel vuoto che ha molto a che fare con il fondo della mente.
Per svuotare la mente rimanendo
presenti, possiamo anche dedicarci alla contemplazione della vastità (del
cielo, di un paesaggio, ecc.) oppure dei minimi particolari (di una pianta, di
una pietra, ecc.).
Se riusciamo a tirarci fuori dallo stato
di sonnambulismo in cui ci troviamo di solito, la nostra visione si farà sempre
più lucida e la nostra intelligenza aumenterà, con vantaggi materiali e
spirituali.