C'è sempre qualcosa di
paradossale nella meditazione come pratica. Si cerca di raggiungere qualcosa
che, più ci sforziamo, più sembra allontanarsi. Qualcosa di imprendibile, come
la nostra ombra. Al punto che qualcuno sostiene che la meditazione è impossibile.
La mente non può superare se stessa. L'io non può volere l'annullamento di se
stesso. La consapevolezza, in quanto soggetto, non può essere trasformata in un
oggetto di conoscenza.
Tutto questo è vero,
ma, quando ragioniamo così, siamo sempre nell'ambito della consueta razionalità
dualistica, mentre la meditazione si situa ad un livello ultra-razionale. Ciò
che cerchiamo non è infatti una comprensione intellettuale delle cose ultime,
non è un'interpretazione che spieghi tutto, ma un recedere delle pretese
mentali. Ecco perché si parla più di un lasciar andare che di un conquistare,
più di un distensione che di una concentrazione. Inoltre, quando si tenta una
scalata, non è sensato cercare di raggiungere in un colpo solo la cima. Si può
invece procedere passo dopo passo, salendo sempre più in alto e godendosi le
altezze intermedie.
L'illuminazione è in
sostanza un veder chiaro. E ci sono varie gradazioni tra il buio completo e la
luce sfolgorante del sole. Anche nella vita pratica un veder più chiaro è
sempre un risultato apprezzabile e utile.
Nessun commento:
Posta un commento