Parlando
di meditazione, potremmo lasciar perdere le antiche tradizioni e utilizzare l’espressione
“tecnologia della coscienza”. Si tratta in sostanza di un’operazione della
coscienza con cui si influisce in primo luogo sulla mente stessa e in secondo
luogo sull’ambiente esterno. Questo succede, per esempio, quando interveniamo
sui nostri stati d’animo e sulla nostra reattività per disattivare sensazioni e
reazioni che non ci farebbero bene e che non sarebbero utili. Portando ad esse la
luce della consapevolezza, ne eliminiamo la tendenza e l’energia, dirottandola
su altri obiettivi.
In tal
caso la meditazione si presenta come una specie di psicoterapia - una
psicoterapia rivolta a combattere impulsi di odio, di invidia, di possesso e di
identificazione negativa. Questo ci fa bene alla salute psico-fisica e allo
stress. Ma ben presto la meditazione si sposta nel campo del sé, che non viene
più visto come un destino pietrificato cui dobbiamo sottostare, ma come
qualcosa da padroneggiare.
Lo scopo
è di distaccarci dai luoghi comuni psicologici e sociali e di non venire più
dominati in modo assoluto dalla mente abituale. Si affaccia la scoperta che il
nostro sé più profondo non si identifica affatto con l’io che è in qualche modo
un costrutto artificiale.
Noi possiamo
assumere una posizione critica e di osservazione dell’io, con ciò stesso
distaccandoci da esso e approdando al sé più profondo.
Questo
sé profondo è sì un centro inconscio, ma può diventare anche un centro superconscio. Sta a
noi mettere in azione una presa di coscienza che si apra ad una visione più
chiara, più nuova della realtà e di noi stessi e soprattutto ad una liberazione dai limiti egoici.
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