martedì 27 novembre 2018

La meditazione come tecnologia della coscienza


Parlando di meditazione, potremmo lasciar perdere le antiche tradizioni e utilizzare l’espressione “tecnologia della coscienza”. Si tratta in sostanza di un’operazione della coscienza con cui si influisce in primo luogo sulla mente stessa e in secondo luogo sull’ambiente esterno. Questo succede, per esempio, quando interveniamo sui nostri stati d’animo e sulla nostra reattività per disattivare sensazioni e reazioni che non ci farebbero bene e che non sarebbero utili. Portando ad esse la luce della consapevolezza, ne eliminiamo la tendenza e l’energia, dirottandola su altri obiettivi.
In tal caso la meditazione si presenta come una specie di psicoterapia - una psicoterapia rivolta a combattere impulsi di odio, di invidia, di possesso e di identificazione negativa. Questo ci fa bene alla salute psico-fisica e allo stress. Ma ben presto la meditazione si sposta nel campo del sé, che non viene più visto come un destino pietrificato cui dobbiamo sottostare, ma come qualcosa da padroneggiare.
Lo scopo è di distaccarci dai luoghi comuni psicologici e sociali e di non venire più dominati in modo assoluto dalla mente abituale. Si affaccia la scoperta che il nostro sé più profondo non si identifica affatto con l’io che è in qualche modo un costrutto artificiale.
Noi possiamo assumere una posizione critica e di osservazione dell’io, con ciò stesso distaccandoci da esso e approdando al sé più profondo.
Questo sé profondo è sì un centro inconscio, ma può diventare anche un centro superconscio. Sta a noi mettere in azione una presa di coscienza che si apra ad una visione più chiara, più nuova della realtà e di noi stessi e soprattutto ad una liberazione dai limiti egoici.

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