Quando eravamo bambini e i nostri
genitori ci proteggevano e si assumevano ogni responsabilità, eravamo leggeri e
(forse) felici. Ma poi, crescendo, ci siamo assunti noi la responsabilità di
noi stessi e siamo caduti dal paradiso terrestre al pantano terrestre.
Lo stesso avvenne in tempi preistorici
quando nell’ominide si sviluppò la prima coscienza, si distaccò dal regno degli
animali e nacquero la riflessione,i giudizi e la repressione degli istinti.
Allora nacquero le preoccupazioni e le ansie.
Oggi abbiamo perso quell’antica
leggerezza. Oggi ci sentiamo gravati da pesi di ogni genere. Siamo individui
sociali e civili, abbiamo responsabilità, sviluppiamo un pensiero degli
obblighi e dei legami, il passato ci opprime, il futuro ci preoccupa, il domani
è un’incognita e il presente è incerto e insoddisfacente.
E così abbiamo perduto l’età
dell’innocenza. Al senso dell’armonia è subentrato il senso della colpa, dei
doveri e delle preoccupazioni.
Adesso tornare indietro è difficile. Ma
la strada che noi seguiamo è appunto quella della liberazione, quella
dell’uscita dall’oppressione e dal condizionamento.
Se non siamo neppure noi stessi, se il
senso dell’io è un concetto come tutti gli altri e se siamo comunque aggregati di
tante persone, di che cosa ci preoccupiamo? Sta’ a vedere che qualcuno si angoscia
ancora per procurarsi un buon posto in paradiso e per ottenere buoni voti nell’aldilà
o una buona rinascita. L’arrivismo, l’ambizione e la mentalità dell’oppressione
e dell’apprensione non ci abbandona mai.
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