Qualche volta, parlando o scrivendo,
non ci viene la parola giusta. La cerchiamo, ma non ci viene in mente. Allora
ne prendiamo una simile, ma non è del tutto soddisfacente. Se invece la
troviamo, sentiamo che ci siamo espressi bene.
Ma, se ci stiamo attenti, proprio
quando troviamo la parola giusta, in realtà non abbiamo espresso quel che
avevamo pensato o intuito. Ciò che abbiamo espresso è molto più semplice e
banale. Ma noi avevamo pensato qualcosa di più.
Chi parla o chi scrive bene, è
convenzionale. Non è lui che sceglie le parole, ma sono le parole che vengono
fuori automaticamente. È il discorso con la sua logica e le sue associazioni
obbligate che guida l’espressione.
In realtà, le parole sono come un
vestito preconfezionato, che, dovendo andare bene per tutti, non può essere
individuale.
Ci sono i poeti che riescono a dire
qualcosa di più, perché associano le parole in un modo personale. Ma, per lo
più, tutti parliamo e scriviamo convenzionalmente. Le parole e le parti del
discorso si collegano tra di loro in modo predeterminato.
Per essere autentici, dunque, per
esprimerci in modo autentico, per far venir fuori ciò che volevamo veramente
dire, dobbiamo collegarci al nostro fondo, fare una pausa prima di far uscire
le parole, e infine usarne poche.
Chi parla con scioltezza e facilità,
resta alla superficie delle cose. La parola giusta è molto più vicina alla
non-parola, al silenzio.
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