Per gli esseri umani l’identità, l’io, è
l’unico punto di riferimento. Noi ci identifichiamo con questo corpo e con
questa persona. Siamo esattamente questo, non un altro. Siamo colui che odia
questo e ama quello, colui che trova piacere in questo e dolore in quello,
colui che è nato in un certo luogo e in una certa data, da certi genitori, ecc.
Tutto ciò va bene, perché senza un io non
potremmo esistere, ex-sistere, cioè
uscire dall’essere e individuarci.
Ma, se vogliamo progredire, dobbiamo allargare
il più possibile i confini dell’ego, fino a farli scomparire e abbracciare il
tutto.
In sostanza, prima lo sforzo è diventare un
individuo e poi andare oltre, dis-identificarci. L’io è prima la condizione
indispensabile per esistere e poi è l’ostacolo principale da superare.
Proviamo dunque ad essere impersonali, a
guardare noi stessi e il mondo come se ne fossimo al di fuori, come se fossimo
degli dei che guardano tutto dall’alto. Guardiamo così il nostro piccolo ego,
con i suoi legami e le sue avversioni, con le sue pretese e i suoi desideri,
con le sue illusioni, con i suoi tic e i suoi complessi… con la sua inevitabile
dissoluzione.
Non si tratta solo di immaginare, ma di
sperimentare nella vita quotidiana questo sguardo impersonale, spassionato,
imparziale, equanime.
Ecco una forma di meditazione che ci prepara al
prossimo livello evolutivo.
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