martedì 23 settembre 2014

L'io e il tutto

“Non provo nessun speciale desiderio di una vita eterna individuale: non si tratta di due cose che si escludono a vicenda?” scriveva Henri Le Saux, il monaco cristiano che si trasferì in India e abbracciò anche la cultura induista.
In effetti le due condizioni sembrano escludersi a vicenda. E a noi uomini non piace; noi vorremmo sussistere come individui per l’eternità.
È un po’ come domandarsi quale sia il rapporto fra l’onda e il mare. Quando l’onda si abbassa, ritorna nell’immenso mare: non si distingue più come fenomeno individuale; ma, in compenso, acquisisce lo status del tutto. Perché limitarsi al singolo quando ci si può fondere con il tutto?
Però, se è vero che il singolo mattone, quando il muro è costruito, sparisce nella sua individualità, è anche vero che il muro non sarebbe stato possibile senza i singoli mattoni. Quindi, ogni singolo mattone è parte dell’insieme, è qualcosa senza il quale non ci sarebbe stato l’insieme, e dunque partecipa alla costituzione del tutto. In tal senso è anche lui eterno.
Le due cose non sembrano poi in contraddizione.
Semmai, è il singolo che potrebbe chiedersi: mi conviene restare individuo? Mi conviene restare un ego separato quando posso essere il tutto?

In Oriente si risolve il problema sostenendo che la vera conoscenza si ottiene solo quando si annulla l’io individuale. Come dire che la contrapposizione io-tutto è una delle tante proiezioni mentali. La morte può dunque essere l'illuminazione, l'apertura della mente.

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