“Non provo nessun speciale
desiderio di una vita eterna individuale: non si tratta di due cose che si
escludono a vicenda?” scriveva Henri Le Saux, il monaco cristiano che si trasferì
in India e abbracciò anche la cultura induista.
In effetti le due condizioni
sembrano escludersi a vicenda. E a noi uomini non piace; noi vorremmo
sussistere come individui per l’eternità.
È un po’ come domandarsi
quale sia il rapporto fra l’onda e il mare. Quando l’onda si abbassa, ritorna
nell’immenso mare: non si distingue più come fenomeno individuale; ma, in
compenso, acquisisce lo status del tutto. Perché limitarsi al singolo quando ci
si può fondere con il tutto?
Però, se è vero che il
singolo mattone, quando il muro è costruito, sparisce nella sua individualità,
è anche vero che il muro non sarebbe stato possibile senza i singoli mattoni.
Quindi, ogni singolo mattone è parte dell’insieme, è qualcosa senza il quale
non ci sarebbe stato l’insieme, e dunque partecipa alla costituzione del tutto.
In tal senso è anche lui eterno.
Le due cose non sembrano poi
in contraddizione.
Semmai, è il singolo che
potrebbe chiedersi: mi conviene restare individuo? Mi conviene restare un ego
separato quando posso essere il tutto?
In Oriente si risolve il
problema sostenendo che la vera conoscenza si ottiene solo quando si annulla l’io
individuale. Come dire che la contrapposizione io-tutto è una delle tante
proiezioni mentali. La morte può dunque essere l'illuminazione, l'apertura della mente.
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