martedì 2 settembre 2014

L'identità perduta

Il koan fondamentale è “chi sono io?”, “che cos’è la mia mente?”, “qual è la mia natura?”, “qual è la mia identità?”. Ma il problema è che non bisogna darsi una risposta concettuale, una definizione che sarebbe comunque insufficiente, ma sentire se stessi, sentire che cosa si è in quel momento. E chi può saperlo meglio di noi?
Il paradosso è che questa esperienza è difficile, in altri termini noi non sappiamo quasi mai chi siamo. In che situazione bizzarra si trova l’uomo! Ha una coscienza, sa di essere, ma non sa chi è: non riesce a cogliersi mentre è.
È come se se lo fosse dimenticato. Soffre di amnesia, ha perso la propria identità.
Non a caso, cercare di ricordarsi è un esercizio di meditazione.
Siamo simili a quel leoncino che era stato allevato in un gruppo di pecore. Si credeva una pecora e aveva imparato a belare. Ma si sentiva insoddisfatto, incompleto, infelice. Finché un giorno incontrò presso uno stagno un leone, che lo prese per la collottola e gli disse: “Guarda il tuo riflesso nell’acqua. Non sei una pecora, sei un leone!” Il leoncino in un attimo capì… e si mise a ruggire.
Ma la nostra situazione è peggiore. Perché siamo allevati da un gruppo di pecore che fa di tutto per farci credere di essere come loro. Quasi tutti – genitori, insegnanti, politici, preti… - vogliono farci credere di essere pecore.

Dunque, dobbiamo far leva sul nostro senso d’insoddisfazione e di disagio per ribellarci; dobbiamo fare sforzi per ricordarci che la nostra natura è un’altra. Non siamo pecore, non siamo servi, non siamo sudditi di un re – siamo i figli di quel re, siamo gli eredi. Recuperiamo la nostra vera origine, la nostra natura, la nostra identità perduta.

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