giovedì 25 settembre 2014

L'illuminazione del Buddha

La storia del Buddha ci racconta che quando il giovane Siddharta, un principe vissuto tra gli agi, uscì dal palazzo in cui era cresciuto al riparo delle brutture dell’esistenza e incontrò per la prima volta un vecchio, un malato e un morto, capì che la vita non era per niente facile e che la sofferenza attendeva tutti. Malattia, vecchia e morte sono inevitabili e ogni cosa è impermalente - rivelazione che prima o poi hanno tutti.
Essendo un tipo sensibile, si mise alla ricerca di maestri che gli insegnassero un metodo per uscire dal dolore. Così seguì vari metodi, tutti insoddisfacenti, e alla fine si dedicò ad un ascetismo rigoroso. Mangiando pochissimo, si ridusse a pelle e ossa; ma non raggiunse nessun tipo di realizzazione.
Deluso, abbandonò quelle pratiche e si sedette sotto un albero. Qui rimase l’intera notte. Sembrava tutto inutile. Gli pareva di aver fallito.
Poi, alle prime luci dell’alba, gli apparve la stella del mattino, e all’improvviso “si illuminò.” Che cosa aveva capito?
Aveva capito che la stella era bella e perfetta così com’era. E che anche lui era bello e perfetto nella sua natura, così com’era, con tutti i suoi dolori e le sue imperfezioni. Non mancava niente alla stella per essere una stella. Non mancava niente a Siddharta per essere Siddharta.
 Ogni cosa è illuminata nella sua oscurità. Ogni cosa è perfetta nella sua imperfezione. Niente deve diventare diverso da ciò che è. Perfezione e imperfezione non si escludono a vicenda. Cambiamento e stabilità non si escludono a vicenda. Nascita e morte sono un tutt’uno. Gioie e dolori sono un tutt’uno. Schiavitù e liberazione sono un tutt’uno. Nirvana e samsara (il mondo) sono un tutt’uno.


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